Il consiglio comunale ha approvato in via definitiva la delibera sulle aree a vincolo decaduto, le cosiddette aree bianche, già votata un anno fa ma riapprodata in aula a seguito della presentazione di osservazioni e controdeduzioni.
Si tratta di una variante al Piano regolatore generale che disciplina le aree assoggettate a vincoli decaduti. L'indice di edificabilità, uguale per tutti, è stabilito in 0,08 metri cubi per ogni metro quadro di terreno. La superficie minima per ottenere l'edificabilità è pari ad almeno mille e 500 metri quadrati.
La norma riconosce la possibilità, ai fini dell'edificabilità, di sommare più aree. In cambio di tale facoltà, attraverso il meccanismo della perequazione, i proprietari garantiranno la contestuale cessione, a titolo gratuito, delle restanti porzioni di area all'amministrazione, che, a sua volta, le destinerà al soddisfacimento degli standard urbanistici.
Il via libera è arrivato al termine di un pomeriggio surreale, con la maggioranza che, per avere i numeri, è stata costretta a tirare la discussione per le lunghe in attesa che arrivasse Gianni Padovani, il consigliere comunale del Partito socialista la cui assenza già aveva fatto mancare il numero legale giovedì scorso.
A mettere il centrosinistra alle strette sono stati i due consiglieri del gruppo Appello per L'Aquila che vogliamo, Ettore Di Cesare e Vincenzo Vittorini.
Da tempo si sapeva che sia nelle fila del centrosinistra che in quelle del centrodestra ci sarebbero state delle defezioni, dovute ad alcuni consiglieri (Enrico Perilli, Salvatore Placidi, Maurizio Capri, Antonello Bernardi, Alessandro Piccinini, Guido Liris) che avevano dichiarato la propria incompatibilità in quanto proprietari di terreni ricompresi tra le aree a vincolo decaduto.
Parimenti, era noto che a queste assenze si sarebbero aggiunte quelle di altri consiglieri - tutti di opposizione (Giorgio De Matteis, Luigi D'Eramo, Vito Colonna e Raffaele Daniele) - dovute invece a una precisa scelta politica, a una presa di posizione avversa non tanto alla delibera in sé quanto alla lentezza e ai tentennamenti con cui l'amministrazione comunale si era decisa ad affrontare il problema, dopo avelo ignorato o comunque sottovalutato per anni.
Tra le rinunce giustificate e gli Aventini annunciati, dunque, la soglia per garantire il numero legale e far passare la delibera era stata "fissata" a 16 consiglieri.
Era apparso subito chiaro che la maggioranza avrebbe potuto garantirne al massimo 15, il che significava che, affinché la seduta potesse essere dichiarata valida, almeno un consigliere di minoranza avrebbe dovuto partecipare alla votazione, dando così un sostegno, seppur indiretto.
In "soccorso" sarebbero dovuti arrivare Ettore Di Cesare e Vincenzo Vittorini (riunitisi da qualche settimana in un unico gruppo), che già nella prima "lettura", lo scorso anno, si erano astenuti (non prima, peraltro, di aver presentato degli emendamenti) garantendo, però, con la loro permanenza in aula, il numero legale.
Ieri pomeriggio, però, il quadro che tutti si aspettavano di trovare a inizio seduta è apparso subito molto diverso, a causa dell'assenza (non giustificata) di Gianni Padovani nei banchi della maggioranza.
Constatata l'inattesa defezione del consigliere socialista, Di Cesare ha preso la parola spiegando che, con una maggioranza ridotta a soli 14 consiglieri, lui e Vittorini non avrebbero partecipato alla votazione - garantendo il numero legale attraverso l'astensione - ma sarebbero usciti dall'aula come gli altri: "Se c'è un problema politico nella maggioranza, non saremo certo noi a fare da stampella o da ciambella di salvtaggio" ha detto l'esponente di Appello per L'Aquila che vogliamo.
A quel punto, il centrosinistra e la giunta - mentre il capo di gabinetto del sindaco, Mauro Marchetti, e alcuni consiglieri, tra cui Giustino Masciocco, iniziavano a tempestare di telefonate Padovani per trascinarlo in aula a votare - hanno iniziato a fare melina prendendo la parola con interventi fiume, giustificati dalla sola volontà di guadagnare tempo, permettere al deus ex machina Padovani di arrivare in aula e consentire così alla maggioranza di raggiungere la fatidica soglia di 15 consiglieri.
La farsa è andata avanti fino a poco dopo le 18, quando Padovani si è finalmente materializzato dando modo al presidente Carlo Benedetti di aprire la votazione.
Alla fine la delibera è passata con 16 sì (i 15 del centrosinistra più Pierluigi Properzi) e due astensioni (quelle di Di Cesare e Vittorini). Tutti gli altri consiglieri del centrodestra presenti o non hanno votato per la presenza di conflitti di interessi (Piccinini, Liris) o si sono allontanati dai banchi per scelta politica (De Matteis, D'Eramo, Colonna).
Il primo cittadino ha minimizzato l'accaduto, negando l'esistenza di un problema politico all'interno della maggioranza ("Padovani ha tardato perché aveva un problema familiare, se ci fosse stato altro me ne avrebbe parlato") e ributtando la palla nel campo del centrodestra, accusato di avere un comportamento sfascista e mancante di lungimiranza e strategia.
In realtà, dicono i ben informati, qualche frizione interna al centrosinistra, nei giorni scorsi, sembra esserci stata, dopo la decisione del Pd di optare per Maurizio Capri come sostituto di Alfredo Moroni in giunta e soprattutto dopo il passaggio del compagno di partito di Padovani, Antonio Nardantonio, tra i ranghi dei democratici.
Inoltre, dicono sempre i rumors, Padovani era pronto per candidarsi, nella tornata elettorale amministrativa che ci sarà a maggio, come sindaco in uno dei comuni della Subequana ma sempre il Pd avrebbe posto il veto.
Il primo cittadino nega tutto e si dice soddisfatto per come la vicenda si è conclusa: "Sono contento perché i cittadini aspettavano questa delibera da trent'anni".
"Cialente è patetico" ribatte però De Matteis "Scarica le responsabilità sull'opposizione ma sa benissimo che il problema dei vincoli decaduti c'era già nel 2007, all'epoca cioè della sua prima elezione, e sarebbe esploso di lì a breve. Ciononostante lo ha trascurato e ha permesso, a causa dell'inerzia dell'amministrazione, che si arrivasse a 150 commissariamenti e a esborsi di centinaia di migliaia di euro che il Comune dovrà affrontare per pagare i commissari ad acta nominati dal Tar".
Già perché la delibera approvata ieri non avrà effetto retroattivo; non cancellerà, cioè, con un colpo di spugna i commissariamenti e le relative liquidazioni.
E un problema non secondario è che i commissari ad acta hanno stabilito indici di edificabilità sensibilmente più alti di quelli previsti dalla delibera.
Il rischio, dunque, è che ora si inneschi una guerra tra poveri e che il Comune sia inondato da decine di ricorsi, che con ogni probabilità verranno presentati da quei proprietari di aree bianche che, rientrando nel regime stabilito dalla nuova delibera, si sentiranno defraudati della possibilità di costruire agli stessi indici di edificabilità stabiliti dai commissari.