Un aspetto di cui si è sempre parlato molto poco nel dibattito sulla ricostruzione post-sisma all'Aquila è quello degli espropri dei terreni sui quali sono state costruite le 19 aree di alloggi pubblici, conosciute come Progetto Case.
I proprietari dei terreni espropriati, dopo aver atteso quattro anni per vedere i primi rimborsi, hanno recentemente appreso che il calcolo del pagamento dell'indennizzo avverrà senza considerare la quota di maggiorazione promessa al momento della rattifica dell'accordo di esproprio. A darne notizia, stamane, Il Centro. Il motivo della violazione degli accordi iniziali, secondo la Protezione Civile, andrebbe ricercata in una sentenza della Corte costituzionale, che avrebbe giudicato la maggiorazione incompatibile con questo tipo di indennizzo. L'importo complessivo da rimborsare agli espropriati supera il milione di euro.
I terreni valevano 9 euro al metro quadro, e con la maggiorazione del 50% deputata ai terreni sul quale venivano effettivamente costruite le aree Case, sarebbero arrivati a 13,5 euro per ogni metro quadro. Non riconoscere le maggiorazioni significa che, ad esempio, per un terreno di 7mila mq, per il quale sarebbe stato riconosciuto un indennizzo lordo di circa 94mila euro, sarà pagato non più di 63mila euro che, al netto delle tasse e delle imposte, diventeranno effettivi 30mila euro.
Alla beffa sulla mancata maggiorazione va aggiunta anche un'altra violazione degli accordi che hanno subito alcuni proprietari, che si sono visti restituire i terreni comprensivi degli importanti sbancamenti di terra utilizzati per scavare le fondamenta degli alloggi, mentre l'accordo prevedeva di ripristinare le condizioni dei terreni al momento dell'esproprio.
Il Progetto Case, nato nell'ambito della campagna di comunicazione Dalle tende alle case di berlusconiana memoria, ha rappresentato un affaire da più di un miliardo di euro (comprendendo l'iva) che a medio lungo termine ha portato, come noto, più danni che virtù, considerando le evacuazioni per pericolo crolli, i disagi individuali e sociali deputabili alla localizzazione delle aree, la devastazione ambientale, le inchieste giudiziarie sugli appalti e, non ultima, la difficile sostenibilità nella gestione da parte del Comune dell'Aquila.
Le diciannove cosiddette new town, previste inizialmente per circa 14mila persone, oggi ospitano circa 10mila aquilani. Eccetto che per un paio di zone, i nuovi quartieri sono molto distanti dal centro storico del capoluogo abruzzese e sono del tutto privi di servizi (bar, farmacie, luoghi di aggregazione, etc.).
Finanziati in parte dalle donazioni degli Italiani attraverso sms di solidarietà, sono stati principalmente costruiti con soldi governativi, attraverso una procedura di gare estremamente blanda, facilitata dalla legislazione di emergenza. Il Comune dell'Aquila ha coordinato la locazione delle aree, scegliendone 19 in una lista di 40 zone che aveva individuato la Protezione Civile.
Già nel 2009 ci furono polemiche sui terreni espropriati. Singoli cittadini e organizzazioni protestarono perché, a loro dire, erano stati espropriati principalmente piccoli proprietari terrieri, lasciando intatte le proprietà dei più importanti costruttori della città, che disponevano di terreni in posizioni migliori. (m. fo.)