Martedì, 23 Luglio 2013 12:56

Centrale a biomasse, comitati sul piede di guerra. Facciamo chiarezza

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All’Aquila la centrale a biomasse non s’ha da fare. E’ questa la posizione, da cui sono decisi a non fare un passo indietro, dei comitati del no alla centrale che sta per essere costruita dalla Futuris SpA nella zona industriale tra Bazzano e Monticchio. Alcuni abitanti dell'area dove dovrebbe sorgere l'impianto, si sono riuniti ieri pomeriggio a Casa Onna per dare nuovo slancio alla mobilitazione, che si era interrotta circa un anno e mezzo fa, contro quella che definiscono la “truffa della biomassa che non c’è”.

Presenti all’incontro diversi comitati delle frazioni dell’aquilano e non solo, tra cui Assemblea Cittadina, Movimento 5 Stelle, 3e32. C'erano anche rappresentanti di Salviamo Paganica e I figli della terra (comitato di Monticchio) che, nel 2011, presentarono un ricorso al Tar contro la realizzazione della centrale. La sentenza arriverà il prossimo 6 novembre.

In queste settimane è nato il Coordinamento del cratere, che riunisce comitati e associazioni del no, interessato a riprendere la battaglia tecnico-legale contro quello che definiscono “un intervento devastante”. Il coordinamento ha intenzione di avviare una raccolta firme, organizzare un convegno scientifico sull’argomento e realizzare un documento interdisciplinare che chiarisca i motivi dell'opposizione alla realizzazione dell'opera.

Nell’area del nucleo industriale, la Futuris già nel 2010 ha dato il via al progetto per la realizzazione della centrale che avrà una potenza di 4,9 megawatt elettrici e utilizzerà biomassa legnosa (questa la definizione della Comunità Europea) proveniente da manutenzione agricola e forestale, tra cui rientra anche il verde urbano, attualmente smaltito in discarica con notevoli costi per la collettività.

La prima delle motivazioni che i comitati utilizzano per contrapporsi alla realizzazione della centrale è l’assenza di biomasse nell’aquilano e in tutto l'Abruzzo: “E’ un grosso falso in atto pubblico quello di autorizzare la realizzazione di quattordici centrali a biomasse in Abruzzo”, ha spiegato l'architetto Antonio Perrotti del Comitato Terre Pubbliche. La Regione, a parer suo, ha autorizzato la nascita di troppe centrali rispetto alla effettiva disponibilità di biomassa. Per l'architetto, la Regione avrebbe dovuto redarre il Piano di utilizzazione delle Biomasse prima di decidere qualsiasi intervento.

Tuttavia, secondo l’Inventario nazionale delle foreste del Ministero delle politiche agricole, sia l’Abruzzo che L’Aquila hanno notevole disponibilità di biomassa, soprattutto quella forestale. Ad esempio, per la sola provincia dell’Aquila ci sono 209mila ettari di bosco, cioè 71 ettari ogni 100 persone, che ne fanno l’ottava in Italia per disponibilità per abitante. L’indispensabile manutenzione di questi boschi potrebbe garantire ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di legna. Quindi una fonte sicura e costante di biomassa sarebbe assicurata in questo modo. Ma gli animatori dei comitati contrari all'impianto non sembrano esserne convinti.

L’interrogativo più diffuso tra la popolazione è: “E se la centrale a biomasse dovesse trasformarsi in un inceneritore di rifiuti?”. Al punto interrogativo segue spesso quello esclamativo, la convinzione cioè che trovandoci in Italia, la domanda verrà sicuramente risolta in una risposta affermativa e quindi che bisogna evitare di costruire una centrale del genere. In realtà l’impianto, come un’automobile, non può essere alimentato da un combustibile diverso da quello per cui è stato progettato. Se in un’auto a benzina utilizziamo il diesel si fermerà, allo stesso modo se la centrale brucia cippato di legna non può usare altri combustibili, come i rifiuti solidi urbani che di solito finiscono negli inceneritori tradizionali. Altrimenti bisognerebbe modificare notevolmente l’impianto originario e chiedere nuove autorizzazioni.

E' vero anche, però, che secondo alcuni comitati in Italia, negli ultimi anni, sono diversi i casi di riconversione di impianti a biomasse in inceneritori di rifiuti: Massafra (Taranto), Cutro (Catanzaro) e Manfredonia (Foggia) i più noti. Lo ha confermato anche l’ingegnera chimica Giuseppina Ranalli, presente all’incontro organizzato ieri, la quale ha spiegato che poiché “spesso in questi impianti l’energia che si produce è superiore all’energia impiegata per ottenere il combustibile, è alto il rischio che persone spregiudicate possano usare la centrale come inceneritore di rifiuti”.

Altro fattore di rischio è legato alla salute dei cittadini. Bisogna considerare, però, qual è il livello di inquinamento attuale e quale la differenza che tale impianto apporterà. Inoltre, nella zona è presente il più grande nucleo industriale della città e un sistema di cementifici, sul quale in pochi hanno sollevato le stesse obiezioni e gli stessi dubbi riguardo i rischi di salubrità fisico-ambientale.

Oltre alle obiezioni sollevate dal Coordinamento del cratere, è da sottolineare come la centrale sia tecnicamente antieconomica per l’utilizzo che se ne farà. Infatti, l'impianto produrrà energia elettrica con un rendimento di poco superiore al 20%. Semplificando, bruciando 100 di legna si ottiene 20 di energia. Al contrario, se la centrale producesse energia termica, il rendimento salirebbe al 70-80%. Tale differenza è dovuta ad una scelta dell’azienda Futuris SpA che, come tante altre in Italia, ha scelto la via dell’elettrico poiché gli incentivi statali per la produzione sono maggiori rispetto a quelli previsti per la produzione di energia termica, pressoché inesistenti.

Inoltre c’è chi, oltre ad averne paura, non considera la biomassa un’energia rinnovabile, come la stessa Giuseppina Ranalli: “Le rinnovabili sono quelle fonti, come il sole e il vento, che non subiscono alterazioni se utilizzate, la biomassa invece si trasforma”. Una fonte rinnovabile, per la UE, è quella riproducibile dal Sole attraverso la fotosintesi e la catena trofica. Secondo l'Unione Europea, in altre parole, può essere considerata rinnovabile la parte organica dei rifiuti, ovvero gli scarti biodegradabili, e quindi la biomassa. E' necessario infine evidenziare che in Italia (in violazione delle direttive europee in materia) viene considerata rinnovabile tutta l'energia prodotta dagli impianti di incenerimento, e non solo quella derivante dagli scarti biodegradabili.

Di Lisa D'Ignazio e Mattia Fonzi

Ultima modifica il Mercoledì, 24 Luglio 2013 04:18

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