Di Qurino Crosta - Siamo ancora a Campotosto, secondo borgo e secondo presidio Slow Food che incontriamo, quello della mortadella di Campotosto di cui abbiamo parlato nei primissimi articoli pubblicati in questa rubrica.
Dopo l’affascinante intervista di Luana ad Assunta della scorsa tappa, oggi vi riportiamo un incontro altrettanto interessante: l’intervista a Domenico Capanna, responsabile del Punto Luce – Save the Children di Sassa.
Lo abbiamo incontrato a Campotosto, o meglio, lungo strada, vicino la sua Arischia.
Caro Domenico, riprendiamo con te, e con chi meglio di te, uno dei due temi di questa nostra insolita edizione: la sussidiarietà.
Tra la varie declinazioni di sussidiarietà c’è quella di sussidiarietà circolare, come principio di cooperazione, di relazione, di interazione, di collaborazione tra i cittadini (come singoli, associazioni, imprese) e lo Stato. Se penso a questa definizione mi viene in mente l’immagine del cerchio, su un piano simbolico rappresentazione tra le altre di armonia, movimento e perfezione, su un livello sociale espressione di Comunità.
Come riconosciamo o come esercitiamo questo valore?
Ognuno di noi ha esperienza di essere o essere stato in una dimensione circolare, non è difficile quindi riportare a memoria quelle che sono le dinamiche sociali all’interno del cerchio: ascolto di Sé e dell’altro, sguardo su ogni componente presente, interazione, invito a mettersi in gioco. Da ciò nasce il gruppo e per estensione la collettività, la Comunità.
Cosa vuol dire agire la circolarità?
Agire la circolarità è un’azione educativa, è ciò che giornalmente proponiamo ai bambini e ragazzi che frequentano il Punto Luce dell’Aquila, centro socio educativo ed aggregativo promosso da Save the Children e UISP L’Aquila. Dentro quel gruppo invitiamo a mantenere vivo il sacro fuoco che alimenta i sogni e desideri dei bambini, il loro diritto inviolabile di sognare un futuro migliore supportati da una reale comunità educante.
Perché proprio la circolarità come modello di riferimento?
Perché il cerchio esteso si esprime nell’efficacia della rete territoriale, una fattiva collaborazione tra associazioni, servizi enti scevra da personalismi e personali interessi se non quello di collaborare per il benessere di una città e dei suoi cittadini.
È un auspicio, una speranza o un obiettivo?
È una visione forse utopica forse anch’essa sognante ma penso a ciò che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle in questo decennio, terremoto e pandemia, ma anche gli incendi di questi giorni, sono immani tragedie e crisi ma anche opportunità di rivedere e migliorare il nostro modo di essere comunità, comprendere che il verticalismo della “cura” e gli interessi ad essa connessi devono essere trasformati in un’efficace “prendersi cura” che vuol dire prevenzione, giusta informazione, collaborazione, empatia, amore, per sé stessi, per gli altri per il luogo che chiamiamo casa.
Questo andrebbe insegnato ai bambini e risvegliato negli adulti.