Nel Castello Sforzesco di Milano, nella prestigiosa Biblioteca Trivulziana, è stato rinvenuto un manoscritto inedito dedicato a Margherita d’Austria, la Madama del Palazzo di Città dell’Aquila, il cui presunto autore è quell’erudito Marino Caprucci, aristocratico aquilano, compositore di pregevoli scritti sull’Aquila del Cinquecento e sul primo ingresso di Margherita nel 1569.
L’opera, dal titolo Oratione in lode dell’invitiss. et gloriosiss. Carlo V imp. alla Ser.ma Madama Margherita d'Austria, sconosciuta e rinvenuta dalla storica Silvia Mantini, docente di Storia moderna presso l’Università dell’Aquila e autrice di molti studi su Margherita d’Austria, vedrà a breve la luce grazie alle sue ricerche, svelando nuove letture su ambienti, clima culturale e tensione politica nella seconda metà del sedicesimo secolo all’Aquila, proprio nel momento in cui “Margarita”, come l’erede imperiale amava chiamarsi, prendeva, con la sua corte proveniente da Bruxelles, il possesso del Palazzo di Città.
Margherita entrava con nomina della Corona spagnola all’Aquila, nel dicembre del 1572 ed era una duchessa Farnese, moglie di Ottavio, ma era soprattutto la figlia dell’imperatore Carlo V, e quindi proiezione di una sovranità simbolica di cui sintetizzava la capacità di mediazione, la chiarezza di azione e la cultura politica che Carlo V aveva imparato dagli umanisti erasmiani.
I suoi ingressi all’Aquila, ricchi di archi trionfali e di emblemi, presenti anche nell’arrivo di suo fratello Giovanni d’Austria al Palazzo nel 1573, furono la rappresentazione allegorica dei fasti imperiali che riproducevano il linguaggio cerimoniale del sovrano d’Asburgo.
Nel manoscritto della Biblioteca Trivulziana di Milano, Marino Caprucci osanna la figura di Carlo V, pure in “fattezze et statura”, come imperatore dotato di una romanitas augustea, di saggezza e capacità di comando e mediazione, e di “umanitas, gentilezza e sobrietà”: l’autore intende donare alla figlia Margherita questa Oratione, in segno di gratitudine perché Madama, durante il suo ingresso all’Aquila nel 1542, aveva perorato la causa di scarcerazione di suo padre, rinchiuso nelle carceri del Capitano del Popolo “con pericolo di perder la testa, per alcune sinistre informationi ingiustissimamente date contra di lui”.
Il manoscritto, secondo le ricerche di Silvia Mantini, si trova nella Biblioteca Trivulziana di Milano dal 1935, quando il Comune lo comprò dalla famiglia Trivulzio e, pur non avendo una precisa datazione, è collocabile tra i primi anni sessanta del XVI secoli e i primi anni settanta.
Un nuovo tassello per la storia dell’Aquila del Cinquecento.