Nell'ambito delle convenzioni matrimoniali rientra anche l'istituto del fondo patrimoniale, caratterizzato dal complesso di beni immobili, mobili registrati e titoli di credito che sono destinati a far fronte ai bisogni della famiglia.
Tale destinazione può essere effettuato o con atto inter vivos o con atto mortis causa ed i beni appartenenti al fondo sono assoggettati ad uno specifico regime, secondo cui non possono essere alienati o essere gravati da qualsivoglia vincolo senza l’autorizzazione di entrambi i coniugi e nel caso in cui vi sia un figlio minore, senza l'autorizzazione del Giudice.
Il fondo patrimoniale è caratterizzato dalla temporaneità e presuppone sempre l'esistenza del vincolo matrimoniale, perciò l'annullamento del matrimonio, scioglimento o cessazione degli effetti civili determinano la cessazione del fondo.
Attraverso questo istituto, viene a costituirsi un patrimonio autonomo, la cui titolarità spetta ad entrambi i coniugi che l'amministrano secondo le norme della comunione legale. Il fondo patrimoniale, quindi, costituisce un regime di gestione comune di beni ed i beni ad esso assoggettato non possono essere oggetto di esecuzione per debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia.
La Cassazione ha ritenuto la possibilità di pignorare il fondo patrimoniale se il credito cui si procede riguarda le spese condominiali, infatti "con la conseguenza che l'esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia" (Cass. Sent. N. 23163/2014)
Ne consegue che i beni del fondo rispondono soltanto per le obbligazioni assunte per soddisfare le esigenze di mantenimento dei coniugi, dei figli minori e per le obbligazione di gestione del fondo stesso.
A questo punto potremmo sempre supporre che il coniuge che ha contratto numerevoli debiti, per occultare i beni di proprietà della comunione legale, può in ogni momento costituire un fondo patrimoniale sottraendoli alla garanzia generica di tutti i creditori.
Al fine di tutelare gli interessi dei creditori, la prevalente giurisprudenza ha ammesso l’esperibilità dell’azione revocatoria avverso l’atto di costituzione del fondo patrimoniale entro il termine di cinque anni dalla data dell’atto, ex art. 2903 c.c. Tale azione consente al creditore di domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio, in quanto pregiudizievoli delle sue ragioni creditorie.
Infatti, secondo la Cassazione "nonostante il valore etico e morale che può aver spinto il debitore a vincolo determinati beni nel fondo patrimoniale, se ricorre la consapevolezza di porre in essere un atto pregiudizievole delle ragioni del creditore, la tutela delle ragioni di quest’ultimo prevale nei limiti di quanto serva per il suo soddisfacimento" (Cass. Sent. N. 16498/14).
L'elemento psicologico va desunto anche attraverso presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice, tanto è che nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto esistente il pregiudizio nell'esistenza di una sentenza di condanna in primo grado a carico del debitore e nell’assenza di ulteriori beni personali dello stesso.
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