Aria tesa nel contact center aquilano Ecare.
Nella sede di Monticchio, una della aziende più grandi della città (più di 400 dipendenti) è stato aperto lo stato di agitazione da parte delle rappresentanze sindacali (rsu), "in merito alla sensibile riduzione dei cali di volumi sulle commesse, avendo avuto risposte non corrispondenti a ciò che poi realmente accade nel nostro sito da parte dell’ azienda", come questo giornale apprende.
In Ecare L'Aquila, che si occupa delle commesse Poste Italiane, Acea e Ato 2, nelle ultime settimane sono stati demansionati alcuni team account (tornati ad essere operatori) mentre, a quanto si apprende, un business manager sui tre presenti nello stabilimento potrebbe andar via a breve, assieme alla responsabile delle risorse umane. Ufficialmente l'azienda sta potenziando la sede di Torino, ma la preoccupazione tra i dipendenti è che si voglia invece progressivamente indebolire la struttura dell'Aquila, fino a ridurla a un centro meramente produttivo di soli operatori. Intanto, i contratti di decine di "interinali" non vengono rinnovati.
Inoltre nei mesi scorsi, anche in seguito alla chiusura di commesse e ad alcuni licenziamenti [leggi], era già stata spostata nella sede di Roma la cosiddetta "regia", cioè la cabina di comando dalla quale in base si allocano, promuovono e demansionano lavoratrici e lavoratori.
Il potenziamento della sede torinese, invece, sarebbe motivata secondo l'azienda da dati negativi sul lavoro straordinario proveniente dallo stabilimento dell'Aquila. In Piemonte infatti già sarebbero stati spediti, nelle scorse settimane, alcuni dipendenti dall'Abruzzo, con l'obiettivo di formare i lavoratori alle commesse oggi attive all'Aquila. Indiscrezioni che ci obbligano al beneficio del dubbio, in quanto i dirigenti di Ecare L'Aquila rimangono ad ora silenti.
Ecare, nata in Lombardia 17 anni fa, conta le cinque sedi di Milano, Torino, Roma, L'Aquila e Bari, per un totale di circa 2900 dipendenti. Se dovesse essere confermata la crisi della sede aquilana, rappresenterà probabilmente un argomento caldo nella campagna elettorale alle porte in città, considerando che parliamo di una delle rare opportunità di lavoro esistenti oggi nel capoluogo abruzzese.