Venti lunedì, ha fatto di conto.
Ancora venti settimane e Massimo Cialente non sarà più il sindaco dell'Aquila; non saranno venti, magari, potrebbero essere ventidue o ventitrè, sta di fatto che siamo al semestre bianco, se concedete l'espressione non proprio corretta, dal punto di vista istituzionale almeno. Con qualche nodo ancora da sciogliere, e altri che, invece, saranno argomento di discussione della Giunta che verrà.
Il Piano regolatore generale, innanzitutto, atteso da trent'anni. "Sia chiaro: potremmo adottare il Prg già alla fine di febbraio", spiega Cialente a NewsTown. "E' mancata la fase della partecipazione dei cittadini, come accadde nel 1973, ma fate attenzione: allora, si trattava di predisporre un piano particellare, stavolta andranno a delinearsi le grandi linee di sviluppo della città che abbiamo analizzato approfonditamente con i Consigli territoriali. Sarò franco col Consiglio comunale: se si vuole, il Piano regolatore si può approvare; al contrario, se si considera necessaria una discussione più articolata - sperando non si torni indietro alle particelle, significherebbe far morire la città se è vero che le rendite fondiarie hanno sempre deciso i destini delle elezioni e, così, del mal governo - rimetteremo il documento alla maggioranza. Sta di fatto che, la mia Giunta, il compito l'ha svolto".
Al contrario, non si riesce a trovare la 'quadra' sulla Variante Sud col rischio che il progetto non si realizzi: "Come per la vicenda Gran Sasso, si cercano questioni da cavalcare in campagna elettorale", la stoccata del primo cittadino. Sul tavolo, l'ultima ipotesi avanzata da Anas - e sostenuta dal governatore Luciano D'Alfonso - già bocciata dai comitati: "Con una ipotesi progettuale, insorge un comitato; con un altro tracciato, insorge un altro comitato. Si riuniscono i comitati riuniti per bocciare una proposta e, contestualmente, si presentano nei miei uffici altri comitati. Non si riesce a trovare una mediazione tra i diversi interessi in campo".
Sul piano di sviluppo del Gran Sasso, invece, Cialente tiene la 'barra dritta', "d'accordo con l'Ente Parco", per realizzare gli impianti previsti nel Piano d'Area calato nel Piano del Parco che, assicura, "è in dirittura d'arrivo: ora, dovranno approvarlo i 60 Comuni, noi siamo in condizioni di firmarlo, abbiamo già istruito la delibera di Giunta". Una battaglia "che combatterò anche da semplice cittadino" aggiunge il sindaco dell'Aquila. E' il turismo l'asset - "inesplorato, se non a livello dilettantistico" - su cui investire, per il futuro, "e che potrebbe garantire un 10-15% in più di Pil".
Altro obiettivo da cogliere, in questi ultimi mesi di legislatura, è che "il Provveditorato alle Opere pubbliche svolga il ruolo di centrale unica di committenza del Comune dell'Aquila sui lavori di ricostruzione, così da liberare la CUC comunale per la realizzazione di una miriade di opere pubbliche finanziate da anni e non ancora partite", svela Cialente. "Ringrazio il vice sindaco Trifuoggi per il lavoro svolto, ma sulle nostre gare abbiamo tempi davvero insopportabili: da inizio 2015 va avanti quella per la realizzazione del parco di Piazza D'Armi, un esempio tra gli altri. Il prossimo sindaco passerà il tempo ad inaugurare le opere pubbliche messe in campo da questa amministrazione". E sulla sede unica del Comune, "abbiamo pressoché chiuso": sarà all'Autoparco, "e rappresenterà l'occasione per sistemare il fosso di San Giuliano; vorrei andar via realizzando un'ultima opera per la messa in sicurezza del territorio, così da evitare il rischio di alluvione e frana".
Poi, Cialente allarga lo sguardo alla situazione politica attuale: "Sto assistendo in silenzio - al quale sono stato ripetutamente invitato, in modo più deciso alcuni mesi fa - alla discussione sulle prossime elezioni amministrative: non posso che rilevare come l'agenda politica sia dettata oramai da NewsTown e Abruzzoweb. C'è una sottovalutazione terribile della realtà che stiamo vivendo: i partiti, le coalizioni stanno pensando soltanto alla scelta del candidato sindaco, come se L'Aquila fosse una tranquilla città di provincia che può permettersi persino qualche 'avventura', qualche voto di protesta. E invece, a marzo saranno soltanto 4 anni che ci hanno dato il via libera per la ricostruzione del centro storico, per non parlare delle frazioni, dove scontiamo un ritardo drammatico anche perché non si riescono neppure a costituire i consorzi, e sarà necessaria un'opera complessa di moral suasion, un intervento normativo probabilmente, per risolvere l'impasse. Inoltre, ci sono ancora diverse operazioni da perfezionare: si pensi al 4% dei fondi destinati allo sviluppo economico, al rilancio economico e produttivo, con i recenti terremoti che hanno dato l'idea di un territorio poco sicuro e, dunque, con la vitale necessità di trasmettere il messaggio che L'Aquila e il circondario saranno, invece, tra le aree più sicure dell'Appennino, a ricostruzione conclusa. Questioni che richiedono una grande regia politica, di partiti e schieramenti che dovranno essere forti, e di esponenti politici d'esperienza che possano favorire, d'altra parte, un necessario rinnovamento, anche della Giunta".
Un messaggio piuttosto chiaro, al centrosinistra e, senza dubbio, al Partito Democratico, alle prese con la difficile scelta del candidato. "Dal berlusconismo in poi, le classi dirigenti non hanno più svolto il compito di orientare i cittadini, come accadeva in passato, coi grandi politici e con gli intellettuali; si pensi a Pier Paolo Pasolini, a cosa significò nel '68 italiano: pose questioni che ci interrogano ancora oggi. Questa politica, non esiste più: le campagne elettorali oramai seguono, e assecondano, gli umori della gente. Accade anche a L'Aquila: non si può essere al fianco del Parco e, contemporaneamente, mettere la firma sulla petizione di 'Save Gran Sasso'".
Dunque, "la prima cosa da fare è capire di cosa ha bisogno la città, cosa sia giusto fare e non cosa pensano i cittadini. Serve un progetto per L'Aquila: qualcuno sta mettendo insieme le cose fatte fino ad oggi, sta valutanto la realtà attuale per capire a che punto è, la città, nel processo di ricostruzione e rispetto al 2008? Così, si delinea un progetto: soltanto a quel punto - non prima - si potrà decidere se andare in continuità, o meno, col percorso fatto fino ad oggi. Al contrario, vedo che nessuno sta facendo queste analisi: come siamo messi oggi, tra luci e ombre? Personalmente, vedo più luci che ombre ma il percorso da fare è ancora lungo, pieno di trabochetti, passaggi complessi e difficili. Chiunque può metterci le mani?".
Una domanda che sottende a riflessioni piuttosto articolate, evidentemente. Cialente ribadisce il ragionamento, come a rafforzarlo: "E' necessaria una discontinuità totale con l'azione amministrativa di questi anni? Il lavoro svolto è tutto da buttare? Oppure, si può andare avanti sulla strada intrapresa? E' chiaro che in base a questa scelta molti di noi decideranno cosa fare in futuro". Più chiaro di così.
Si andasse in discontinuità, "interrogherei me stesso e tanti cittadini su quel che è giusto, che poi è possibile anche riescano a convincermi ma, sia chiaro, dovranno portarmi dati certi, di studio: personalmente, non ho mai detto cose campate in aria. Difenderò i miei convincimenti fino alla fine, anche politicamente, a meno non mi si persuada del contrario".