Scommette sul turismo il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, per il rilancio del territorio, colpito duramente dal terremoto dell’agosto 2016.
Ospite dell’iniziativa organizzata da Pierluigi Biondi per la presentazione della ‘Carta dell’Aquila’, nell’ambito del Festival della Partecipazione, Fioravanti ha parlato della pratica di marketing territoriale che sta mettendo in campo la sua amministrazione, “un piano da 500mila euro, a valere sul 2020, per promuovere il territorio, dall’enogastronomia all’arte, attraverso degli influencer”.
I fondi vengono dal bando ‘Periferie’: “oltre alla ricostruzione materiale delle abitazioni danneggiate dal sisma e delle scuole, dobbiamo ricostruire anche una destinazione turistica”, ha sottolineato Fioravanti ai microfoni di newstown; “stiamo costruendo un progetto di brand identity, attraverso un percorso partecipativo che vede coinvolto il tessuto commerciale, per restituire al territorio un'identità non più legata soltanto all’enogastronomia, non più legata soltanto all’arte o alle bellezze naturalistiche, ma integrata, capace di esprimere un'esperienza turistica completa; in questo senso, l’intuizione è stata di non promuovere Ascoli come città ma come territorio esteso: per tornare ad essere funzionale, d’altra parte, il capoluogo deve avere un atteggiamento inclusivo e non esclusivo”.
E’ stato già presentato un portale, visitascoli.it, che porta un messaggio chiaro e definito sulla destinazione turistica ascolana: ora, “stiamo selezionando quattro influencer, ciascuno con una sua specificità, per andare a colpire segmenti di mercato differenziati: abbiamo compreso che la comunicazione ordinaria non basta più dal punto di vista turistico, bisogna andare ad intercettare piccoli segmenti incisivi, creando una destinazione. Stiamo cercando di coinvolgere anche i privati per la valorizzazione del patrimonio immobiliare comunale così da realizzare residenze e soluzioni di ricettività di alta qualità”.
E’ la scommessa di Ascoli Piceno e del territorio della provincia; ne abbiamo scritto, percorrendo la Salaria dall’Aquila alla cittadina marchigiana lo scenario meraviglioso degli Appennini è punteggiato di distruzione: Scai, Torrita, Accumoli, Grisciano, Arquata del Tronto con le sue frazioni, Acquasanta Terme, è un susseguirsi di borghi devastati dalla furia del terremoto dell’agosto 2016. Passa anche dal rilancio dei territori interni la sfida di Ascoli come destinazione turistica, così come L’Aquila non può pensarsi isolata dai comuni limitrofi.
Una linea rossa che tiene insieme le due città che, anche per questo, hanno condiviso la ‘Carta dell’Aquila’ puntando ad un intervento del legislatore per riconoscere la specificità delle così dette città medie, quelle che fanno da cerniera tra le grandi aree metropolitane e le aree interne appenniniche in via di spopolamento.
Un progetto di riconnessione dei territori che non può prescindere, però, dalla conclusione dei processi di ricostruzione del cratere 2009 e dall’avvio delle opere nel nuovo cratere, quello del centro Italia, che sconta ancora ritardi. In questo senso, “il Decreto sisma in discussione alla Camera – ha tenuto a chiarire il sindaco di Ascoli Fioravanti - è partito con grandi aspettative e sta morendo con piccoli segnali; dal punto di vista della ricostruzione privata non fa altro che spostare la responsabilità sui professionisti con la prevista autocertificazione che, di fatto, deresponsabilizza lo Stato. Dal punto di vista della ricostruzione pubblica, invece, se per ricostruire una scuola istruivo 16 passaggi amministrativi ora dovrò affrontarne 22: a farla breve, per ricostruire una scuola ci vorranno 8 anni. Chiedevamo una deroga alle procedure ordinarie: in una fase emergenziale, servono procedure più veloci”.
Dal Governo non sono arrivate le risposte attese.
“Altra battaglia che sto portando avanti, e ne ho parlato all’assemblea Anci di Arezzo davanti al premier Giuseppe Conte e al presidente della Camera Roberto Fico, è la deroga alla legge sulla concorrenza europea”, ha aggiunto Fioravanti. “Per ricostruire le abitazioni danneggiate, da oggi, ci metteremo 7 o 8 anni: in questo lasso tempo, i territori - e i comuni delle aree interne, in particolare - rischiano di morire da un punto di vista socio economico. Ebbene, il Trattato di Lisbona prevede la coesione territoriale: non servono aiuti di Stato, i soldi li abbiamo: dobbiamo spenderli; dunque, chiediamo che venga derogata la legge per permettere alle imprese, agli artigiani di poter avere un vantaggio dalla ricostruzione: d’altra parte, se saranno protagonisti dei processi ne avremo un ritorno economico ed uno slancio dal punto di vista commerciale. E’ chiaro che un'impresa di Barcellona e una di Ascoli non partono alla pari. Il trattato declina il tema della coesione territoriale proprio a vantaggio delle aree interne a scarsa densità demografica, danneggiate da calamità naturale: abbiamo i requisiti per poter chiedere una corsia di vantaggio per le nostre imprese, ci vuole soltanto un poco di coraggio. Certo, si tratta di un procedimento europeo che aprirebbe ad una nuova visione del diritto comunitario, ed è un processo complesso: tuttavia, se la politica continua a subire il processo economico non riuscirà ad invertire la rotta. Per questo, stiamo richiamando con forza l’attenzione del Presidente del Parlamento europeo, dei parlamentari e del Governo”.
Non solo.
Oltre ad una attenzione particolare al tessuto economico e produttivo, Fioravanti è convinto si debba intervenire con decisione per contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni appenninici: “va cambiata l’impostazione che predilige il valore numerico a scapito del valore umano; oggi, se non ci sono 500 operazioni chiude l’ufficio postale, se non ci sono 500 parti chiude il punto nascita se non addirittura l’ospedale: ed invece, bisognerebbe mantenere i servizi attivi sui territori per mantenere le comunità. E’ la prima, decisiva, questione. La seconda: attraverso i processi di smart city, sfruttando la nuova economia digitale vanno realizzati degli hub nelle aree interne per far sì che i giovani non vadano via. E poi, va messa in campo una semplificazione normativa: abbiamo tante sagre, eventi che tengono vive le piccole comunità ma che vengono ostacolati dall’eccessiva centralizzazione statale, da una burocrazia soffocante. Così, si cancellano le radici e le identità del nostro paese”.