“Per una sanità al servizio del malato. Per una sanità che non piega la testa. Per una sanità gestita da chi fa il proprio dovere senza nulla chiedere in cambio. Per una sanità lontana dalle lobbies e lontana dalla politica. Per una sanità giusta, diciamo no alla chiusura del reparto di Medicina interna ospedaliera del San Salvatore”. Così era scritto su alcuni cartelloni esposti, nel pomeriggio di ieri, nelle sale del Comune dell’Aquila.
Si riuniva la terza commissione “Politiche sociali, culturali e formative”, presieduta dal consigliere Adriano Durante: all’ordine del giorno, la discussione sulla chiusura dello storico reparto del nosocomio aquilano e, più in generale, sull’atto aziendale firmato dal Direttore generale, Giancarlo Silveri. Ed era tempo che non si vedeva tanta gente partecipare ad un collegio consiliare: c’era il personale medico e paramedico del reparto, c’erano alcuni dei cittadini che hanno dato vita ad una raccolta firme che ha ampiamente superato quota 5mila. D’altra parte, la battaglia iniziata dalla dottoressa Laura Natali è presto divenuta questione politica che sta investendo anche l’amministrazione comunale.
“Il Consiglio comunale ha sollevato da tempo il problema sanità”, ha spiegato il vice presidente della commissione, Giuliano Di Nicola. “Ad aprile, come Commissione politiche sociali, abbiamo richiesto al Direttore generale la bozza dell’atto di indirizzo aziendale. Non per interferire nelle scelte, sia chiaro. Ritenevamo, però, che l’opinione del Consiglio fosse importante. In risposta alla sollecitazione, Giancarlo Silveri ha assicurato che avrebbe inoltrato l’atto non appena fosse stato approvato. Non ci è mai arrivato. Inoltre, il Direttore ha lasciato chiaramente intendere che non avrebbe mai risposto ad un invito della Commissione. Non ha tempo, evidentemente: ne ha trovato, però, per partecipare ad un incontro pubblico a Celano, organizzato dal coordinatore abruzzese del Pdl e sindaco della cittadina Filippo Piccone.
“Le risorse si vanno sempre più assottigliando”, ha sottolineato Di Nicola, “e mi sembra che siamo dinanzi ad una privatizzazione strisciante della sanità, a livello nazionale e regionale. Nonostante siano stati imposti tetti di spesa per ogni singola casa di cura privata, la concorrenza al pubblico è ancora molto forte. All’Aquila risentiamo pesantemente di questa difficile situazione: a più di quattro anni dal sisma, alcuni reparti del San Salvatore sono ancora nei container. I 50milioni dell’assicurazione stipulata sulla struttura sono serviti a ripianare i debiti della sanità regionale, le altre Asl hanno ricevuto importanti finanziamenti con l’ex art. 20 sull’edilizia sanitaria: vorremmo sapere quali sono le risorse a disposizione del nosocomio del Capoluogo. Nel 2010, la Giunta Chiodi ha deliberato la riorganizzazione del sistema sanitario, distinguendo tra i quattro ospedali Hab, nei capoluoghi di provincia, caratterizzati da alta specializzazione e attrezzature d’avanguardia e, a supporto, 28 strutture Spoke. Vorremmo capire se queste distinzioni hanno ancora un senso: se così fosse, perché il centro Pet per la cura dei malati oncologici non è stato collocato al San Salvatore?”
Infine, la questione al centro della discussione: la chiusura del reparto di Medicina ospedaliera. “Da 25 anni, l’Ospedale è progredito grazie al delicato equilibrio tra componente ospedaliera e universitaria”, ha incalzato Di Nicola. “Con la chiusura della Medicina, si sta mettendo in discussione l’apporto assistenziale e scientifico assicurato, negli anni, da questo modello. Una decisione così importante andava discussa con il Consiglio comunale. Anche perché, rischia di risentirne pesantemente anche l’offerta universitaria: la città non può permetterselo”.
“La Medicina ospedaliera sta all’Ospedale dell’Aquila come la Medicina universitaria sta all’Università: sono entrambe fondamentali”, l’opinione del consigliere, nonché medico, Antonello Bernardi. “Il vero problema, la scelta che ha determinato questa drammatica situazione è stata la fusione tra la Asl dell’Aquila e quella di Avezzano. Non si dovevano fondere le due realtà nel post-terremoto: erano troppo diverse per condizioni strutturali e lavorative. Il Comune e la Regione non possono, ora, sottrarsi alle loro responsabilità”.
E’ l’accusa che il personale del reparto di Medicina ospedaliera rivolge, da giorni, al sindaco Massimo Cialente: sfuggire alle proprie responsabilità di presidente del Comitato ristretto dei sindaci e di massima autorità sanitaria sul territorio. Il primo cittadino, nonostante l’invito, non ha partecipato ai lavori della Commissione, impegnato a Roma in un incontro con Invitalia per tentare di risolvere la crisi del Centro Turistico Gran Sasso. Al suo posto, l’assessora alle politiche sociali Emanuela Di Giovambattista che, incalzata da Vittorio Festuccia (per anni primario della Medicina, ndr), ha spiegato come Cialente abbia proposto al Comitato di mantenere le due unità operative complesse, quella ospedaliera e quella universitaria. “La proposta è stata fonte di parecchie polemiche”, ha sottolineato, “e non è stata recepita nella riunione con i sindacati Cgil – Cisl – Uil e Anao. Anche l’Ufficio di direzione (nominato dal Direttore Generale, ndr) ha respinto l’invito del Sindaco. Così, Giancarlo Silveri ha deciso di sopprimere il reparto. Solo a quel punto Cialente ha proposto di trasformarlo, almeno, in un presidio specialistico di Immunologia per salvare il personale”.
Parole che non hanno convinto il personale accorso in Commissione e il consigliere Vincenzo Vittorini, anche lui medico come Cialente: “Il sindaco avrebbe dovuto pretendere i numeri qualitativi e quantitativi delle singole unità complesse, avrebbe dovuto pretendere spiegazioni per la chiusura del reparto. Non fermiamoci alla situazione particolare di Medicina: la battaglia per evitare la chiusura è la nostra, senza dubbio. Parliamo, però, di una riorganizzazione più generale della sanità abruzzese. Proprio dall’Aquila, sulla scia di questa importante mobilitazione, potrebbe venire una proposta coraggiosa per cambiare realmente le cose. Si andrà inevitabilmente verso un’unica Asl, come nelle Marche: non ha alcun senso parlare ancora di Hab e Spoke, fare discorsi di campanile. Le unità operative che offrono standard qualitativi e quantitativi importanti vanno tutelate, le altre inevitabilmente rivalutate. Solo così usciremo dalla logica nepotistica e familiare che ha caratterizzato troppo a lungo la nostra sanità. Ad oggi, il Direttore generale è un Re Sole, che ha potere di chiudere dei reparti e aprirne di altri senza spiegazioni. Chi ha Santi in Paradiso, può salvarsi. Altri, scompariranno. Bisogna avere il coraggio di cambiare. Iniziamo dall’Aquila”.
Sulla necessità di dati certi, ha insistito anche il consigliere Ettore Di Cesare: “Nove consiglieri su 32 sono medici”, ha ricordato, “la metà dei candidati sindaco alle passate elezioni era medico. Le competenze, dunque, dovrebbero esserci. Per questo, non entro nel merito di alcune vicende che in molti, e meglio di me, conoscono. Mi permetto qualche riflessione, però. I costi della sanità abruzzese sono pari a circa 2,3 miliardi di euro, a fronte di un bilancio complessivo che si aggira sui 2,6 miliardi. Quando parliamo di bilancio regionale, dunque, parliamo della spesa sanitaria. In Abruzzo, abbiamo due Asl che registrano un segno positivo (Chieti e Teramo), e due aziende in sofferenza (Pescara e L’Aquila). La nostra Asl è in sofferenza per il terremoto e per la scelta di accorpamento con la Asl di Avezzano, che aveva già i suoi problemi. Purtroppo, la politica negli ultimi 20 anni insegna che bisogna fare dei tagli per rispettare i patti di stabilità: di qui, scelte come quella di sopprimere il reparto di Medicina ospedaliera. E’ evidente che queste politiche hanno fallito. Non funzionano”.
“Questa Commissione”, ha concluso Di Cesare, “ha chiesto conto delle decisioni prese al Direttore Generale. Per cortesia istituzionale, avremmo dovuto ricevere delle risposte. Avremmo dovuto avere i dati, qualitativi e quantitativi, che giustificano la soppressione di un reparto tanto importante. Non è stato così. L’atteggiamento di Silveri è assolutamente da censurare. Chiediamo formalmente, dunque, la presenza del Direttore generale nella prossima riunione di questa commissione. Se non dovesse presentarsi, sarebbe un altro atto di scorrettezza verso le Istituzioni della città Capoluogo, dove insiste il più importante Ospedale dell'azienda sanitaria che è stato chiamato a guidare. Inoltre, chiediamo a Silveri di sospendere qualsiasi decisione fino al giorno dell’incontro. Se poi non dovesse presentarsi, saranno i consiglieri ad andare a trovarlo al San Salvatore. La battaglia va combattuta con ogni mezzo necessario”.
La proposta del consigliere di Appello per L’Aquila è stata accolta e formalizzata: ora, resta da capire cosa deciderà di fare Giancarlo Silveri. Che, indubbiamente, non poteva aspettarsi una tale reazione alla sua decisione. Il Direttore generale pare alle strette: dovrà chiarire i motivi che hanno portato alla firma di un atto aziendale che ha scatenato una vera e propria guerra tra i reparti del San Salvatore. Anche il sindaco Cialente è in una posizione molto scomoda: farà valere il suo ruolo di massima autorità sanitaria sul territorio battendosi contro l’intendimento del Direttore generale che, non più tardi di qualche mese fa, gli ha permesso di tornare al lavoro in Asl con tempi e modalità quanto meno chiacchierate?