"Ma certo che dobbiamo assolutamente smantellare il Progetto Case". Le parole del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, nel corso del consiglio comunale, suonano roboanti nell'aula di Villa Gioia, illuminata da un tiepido sole mattutino.
L'argomento, come previsto dall'ordine del giorno annunciato dall'assise, è uno di quelli destinati ad essere centrali nella sempre più vicina campagna elettorale, e anche negli anni a venire: cosa farne delle diciannove aree dislocate qua e là sul vastissimo territorio comunale? Quando, come e cosa immaginare per il destino delle new towns costruite dal governo Berlusconi?
La questione è stata sollevata più volte negli ultimi tempi, anche in seguito agli innumerevoli problemi di gestione e manutenzione, al crollo del balcone di un anno e mezzo fa, al volo dei tetti e, non ultimo, di un solaio a Sassa la scorsa notte. A portare però il tema del futuro del Progetto Case è stato il capogruppo del Partito Democratico Stefano Palumbo, consigliere ritenuto tra i meno aficionados al sindaco e, a dirla tutta, uno dei pochi politici aquilani ad accorgersi che esiste una città anche oltre Porta Castello.
Palumbo ha presentato un ordine del giorno che impegnava l'amministrazione a "elaborare un piano di abbattimento graduale del compendio immobiliare dei Progetti Case e map, che tenga conto di valutazioni di carattere urbanistico, economico, sociale e demografico". Il clima in consiglio, come ha ribadito anche lo stesso ex presidente della circoscrizione di Roio, è quello di marcatura a uomo, di strategie politiche, di divisioni e apparenti apparentamenti, di pre-campagna elettorale insomma.
L'abbattimento delle Case e il prg. Il tema del futuro del Progetto Case - centinaia di ettari di terreno diventati in pochi mesi edificabili ed edificati - rappresenta una questione dirimente per il futuro della comunità, più delle stesse elezioni che nel 2017 decreteranno nuovi rappresentanti dei cittadini. Un problema enorme, che non può e non deve ignorarsi reciprocamente con la realizzazione del nuovo piano regolatore generale (prg). E' questo, forse, l'aspetto più delicato di tutta la vicenda: che fine fa il Progetto Case dentro il nuovo prg? L'eventuale abbattimento delle aree case modifica le cubature disponibili? Cosa ne facciamo di un'area prima verde e ormai urbanizzata, a prescindere dalla sopravvivenza degli alloggi? Se lo è chiesto anche lo stesso Palumbo che, nel corso del suo lungo intervento, ha voluto anche implicitamente lanciare una frecciata all'assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano, suo compagno di partito nel Pd. Quasi come se quest'ultimo avesse forse voluto condividere poco del nuovo documento urbanistico, uno degli strumenti più importanti per una città.
A Palumbo ha risposto Cialente, ribadendo la necessità della demolizione delle palazzine, e giustificandola con i diktat delle istituzioni europee: "L'Unione Europea finanziò con il suo fondo di solidarietà parte dei soldi necessari alla costruzione di Case e Map - ha ribadito mano destra in tasca e tono solenne - ci dissero chiaramente che la situazione sarebbe dovuta essere temporeanea, e io chiesi ufficialmente di fornirci una definizione della parola temporaneo. Abbiamo preso tempo, ma le Case non potranno durare altri venti anni, perché in quel caso l'Ue ci costringerà a restituire parte dei soldi. Palazzine di Case e map, man mano che si libereranno, verranno smantellate: dobbiamo decidere solo dove e quando". Certo, come ha giustamente sottolineato il primo cittadino, la non-ricostruzione del patrimonio immobiliare delle "case popolari" Ater non accelera di certo lo "smaltimento" di Case e map, che vengono oggi "utilizzate", attraverso i bandi sulle fragilità economiche e sociali, come una sorta di patrimonio di edilizia popolare.
Secondo le stime, quando tutto sarà ricostruito L'Aquila avrà case disponibili per 155mila abitanti, quasi il triplo rispetto all'esigua presenza demografica nel territorio comunale. Tutto questo era ineludibile, alla luce del terremoto del 2009, o è il frutto di precise scelte politiche, giuste o sbagliate che fossero? Su questo, e sulle responsabilità storiche del Progetto Case e map, il consiglio di oggi si è infuocato, a voler utilizzare un eufemismo. Tutti contro tutti: l'opposizione di centrodestra contro Cialente per la gestione e i civici per le critiche a Bertolaso, i civici contro l'opposizione per l'idolatria a Bertolaso e contro la gestione di Cialente. Quest'ultimo contro entrambi, colpito da un fuoco incrociato che, scaltro com'è, ha dimostrato di saper fronteggiare. Fino al tardo pomeriggio, quando Cialente ha perso la pazienza dopo l'ennesimo scontro con Vincenzo Vittorini, e poi si è azzuffato, venendo quasi alle mani con Giorgio De Matteis, e determinando la seconda sospensione del consiglio.
Le responsabilità storiche del post-sisma. Nel mattino invece contrapposte erano state le ricostruzioni storiche dell'immediato post-sisma, da parte dello stesso Cialente, e di Ettore Di Cesare (Appello per L'Aquila - L'Aquila che Vogliamo), già appartenente ai comitati cittadini: "Il Sindaco scrisse nel momento più difficile di Guido Bertolaso una lettera di stima, con carta intestata del Comune, sottolineando come l'ex capo della Protezione Civile fosse una persona onesta e dedita pienamente al suo difficile lavoro - ha detto Di Cesare - poi, qualche mese più tardi, affermò pubblicamente che la scelta del Progetto Case fu fatta per riqualificare le frazioni [ascolta l'audio della dichiarazione]. Ma sappiamo che la localizzazione ebbe come unico criterio quello di non espropriare chi in questa città non è espropriabile (secondo Di Cesare i grandi costruttori, ndr) e sappiamo tutti che la costruzione delle new towns è un urbicidio, la distruzione del concetto stesso di città".
E' lo scontro, avvenuto spesso negli ultimi anni, tra chi pensa che l'amministrazione abbia salvato il salvabile e chi invece l'accusa di essere stato "connivente" con il potere assoluto di Bertolaso e Berlusconi, e quindi di aver condannato la città. Una dicotomia che trova un curioso punto di incontro in un episodio che Cialente racconta molto spesso, quello di "quella notte" del 5 maggio 2009, quando la struttura commissariale stava per firmare il decreto per il trasferimento degli uffici pubblici a Pescara - sancendo di fatto il trasferimento del capoluogo di regione nella città adriatica - e, secondo Cialente, fu da lui stesso salvata la città dalle grinfie "interessi particolari" e "poteri forti" rappresentati da Bertolaso e Berlusconi. Secondo altri, invece, Cialente firmò un patto di ferro con il governo del Cavaliere e con l'allora capo della Protezione Civile.
Certo è che si sarebbe potuto sfruttare soluzioni alternative - ne erano state proposte diverse - al Progetto Case. Soluzioni meno impattanti, comunque solide, ma "meno definitive". C'erano e, come la storia ha narrato, non ingraziarono la classe dirigente nazionale e di quella aquilana. Il resto è il racconto della città recente: la costruzione delle palazzine fu realizzata da più imprese (di cui molte fallite), fu fatta ad arte, in alcuni casi, e in maniera approssimativa in molti altri. Ci sono oggi condomini che reggono e altri che rischiano di crollare da un momento all'altro.
E ora? La questione è persino più spinosa di prima, ed è bene che sia emersa prima dell'inizio dei fuochi elettorali. Se ne è accorta anche l'opposizione di centrodestra che, per bocca di Guido Liris ha plaudito a una "nuova fase" di analisi del problema, e se ne è accorto anche il segretario del Pd Stefano Albano, che considera l'approvazione dell'ordine del giorno di Palumbo un "grande risultato".
La verità, purtroppo, è che sul futuro dell'immenso patrimonio immobiliare di Case e map - acquisito dal Comune dell'Aquila tra proteste e alzate di spalle - vi sono ancora mille dubbi e pochissime certezze.