Sette anni e mezzo dopo, siamo al redde rationem.
Una città nella città, fatta di almeno 4640 abitazioni - non esiste un censimento, non abbiamo ancora numeri certi - per lo più abusive, che andrebbero abbattute e su cui l'amministrazione comunale dovrà assumere, senza ulteriori indugi, un atteggiamento di responsabilità. Parliamo delle così dette 'casette provvisorie', costruite a seguito del terremoto in base della delibera numero 58, approvata dal Consiglio comunale il 25 maggio del 2009 e revocata, poi, nel dicembre 2010. Un anno e mezzo dopo.
Se ne è discusso in sede di Commissione territorio, riunita dal presidente Enrico Perilli su richiesta del consigliere d'opposizione Roberto Tinari. Auditi il vice sindaco Nicola Trifuoggi e l'assessore alla ricostruzione e pianificazione Pietro Di Stefano.
E' emerso un quadro sconcertante: come detto, non ci sono notizie certe, e già questo, di per sé, avrebbe dell'incredibile, a oltre sette anni dall'approvazione della delibera. A dire che l'amministrazione comunale non ha mai inteso esercitare un controllo reale e dettagliato. Non bastasse, il vice sindaco Trifuoggi ha confermato che soltanto 1140 abitazioni su 4640 avrebbero rispettato i requisiti formali previsti dal deliberato, con la denuncia della costruzione presentata - come dettato - agli uffici tecnici del Comune, accompagnati da uno 'schizzo' di progetto e da alcune attestazioni riguardanti il costruito; le restanti 3500 (circa) sarebbero, invece, completamente abusive, costruite senza alcuna comunicazione formale.
Oltre alla 'mannaia' temporale - le casette potevano rispondere alle esigenze dei cittadini sfollati per un massimo di 3 anni, a meno che fossero l'impossibilità di rientrare nella loro abitazione danneggiata che ha allungato, evidentemente, il limite temporale - andavano rispettati anche alcuni requisiti tecnici: le 'casette' potevano essere realizzate in alcune zone e non in altre, per esempio, e con una superficie massima di 95 metri quadri per un nucleo familiare superiore alle quattro persone, per dire un altro dei limiti imposti dal deliberato. Non solo. Tra i dettati previsti per essere in regola e quindi non abusivi, c'era l’antisismicità degli immobili: ebbene, pare che siano pochissimi i manufatti autorizzati dal Genio Civile. E alcuni non sarebbero neppure dotati di scarichi. Ci sono cittadini che hanno edificato delle verie e proprie ville, a più piani, con garage e, ha sottolineato Trifuoggi, "anche la piscina". C'è chi ha recintato il manufatto, chi l'ha affittato, "ci sono persino cittadini che l'hanno venduto". E' accaduto per le 'casette' costruite e mai denunciate al Comune dell'Aquila e anche per alcuni dei manufatti 'temporanei' la cui costruzione è stata effettivamente comunicata: si trattava, infatti, di una sorta di auto-dichiarazione e, così è emerso, controlli non sono stati svolti, in questi anni.
Come è possibile? E come è possibile che l'amministrazione comunale non si sia resa conto degli oltre 3000 manufatti mai denunciati spuntati sul proprio territorio?
In Commissione, il vice sindaco Trifuoggi - che ha il merito di aver preso in mano l'intricata questione - ha stemperato un poco i toni, rispetto a quanto denunciato con il discusso intervento sulla rivista "Quaderni in mutazione". Tuttavia, ha pronunciato parole piuttosto chiare.
Cosa aveva scritto, sul Quaderno? "La delibera 58 è sicuramente il testo normativo peggiore che io abbia mai letto, non giustificabile col momento particolare in cui fu approvato, perché neanche in quei momenti gli organi pubblici possono perdere la testa. Un esempio? In tre degli articoli vi sono due commi, uno dietro l'altro, per il primo dei quali i manufatti dovranno essere realizzati nel rispetto del vigente regime vincolistico di natura paesaggistica, ambientale, idrogeologica, mentre il secondo prevede che i manufatti potranno essere realizzati in deroga al regime vincolistico di natura paesaggistica, ambientale. Manca, poi, una definizione di provvisorio o temporaneo, anche se in altro articolo è scritto che il Comune li può smontare; quindi si deve presumere che debbano essere delle costruzioni montate che poi possono essere smontate. Dal caos normativo è derivato quello reale, a volte in perfetta malafede.
In Commissione, stessi concetti e un atteggiamento tuttavia più 'conciliante' con chi, all'epoca, istruì la delibera che ebbe il merito - e questo, è giusto riconoscerlo - di dare risposta abitativa a chi, in quel momento, non l'aveva, o almeno ad alcuni cittadini che non l'avevano, consentendo così, a molti nuclei familiari, di non lasciare la città.
Sta di fatto che Trifuoggi ha ribadito il "pugno duro" deciso dall'amministrazione: "Non c'è altro modo di affrontare la questione se non in maniera uguale per tutti: il caso per caso, infatti, porta all'abuso. Dunque, l'intento della Giunta comunale è di far rispettare le normative vigenti, le ordinanze assunte dal Consiglio comunale, quelle emesse dagli uffici". In altre parole, le 3500 'casette' provvisorie costruire senza alcuna comunicazione al Comune dell'Aquila dovranno essere abbattute, e così le abitazioni che, pur denunciate ai competenti uffici tecnici, non abbiano rispettato il dettato della delibera 58. Ci sono, poi, i manufatti regolarmente denunciati, costruiti secondo i dettami del deliberato, "e su questi si può pensare ad una sanatoria", l'apertura di Trifuoggi. Tuttavia, si tratta di pochissimi casi.
C'è, inoltre, la vicenda delle 24 costruzioni in piena zona di esondazione del fiume Aterno, realizzate in zona P4 del 'Piano Stralcio alluvioni' istruito da Regione Abruzzo. "Si tratta di abitazioni già individuate nel 2011 - ha spiegato Trifuoggi - con la notifica della ordinanza di demolizione firmata dal sindaco Massimo Cialente nel 2013. Alcuni, si sono rivolti al Tar che, però, ha sempre respinto i ricorsi presentati dai cittadini. Dunque, in queste settimane i Vigili Urbani stanno controllando che i proprietari abbiano provveduto all'abbattimento", prima di procedere, se necessario, con la demolizione 'coatta' ovviamente.
E poco importa se, nel frattempo, alcune aree - in 'Contrada Buccella' in particolare, zona Globo e Aquilone per intenderci e anche su questi manufatti ci sarebbe assai da dire - siano passate da una classificazione P4 ad una P2, a pericolosità media. "C'è chi è convinto che il mutamento della classificazione comporti automaticamente la caducazione delle ordinanze di demolizione: non è affatto così", ha chiarito il vice sindaco del Comune dell'Aquila. Aggiungendo che "chi avanza la richiesta, sa benissimo che l'amministrazione ha in mano un atto definitivo ma tenta, comunque, di ottenere un pezzo di carta con cui tentare una nuova opposizione innanzi al Tar". Dunque, Trifuoggi sottolinea - ce ne fosse ancora bisogno - "che se il Parlamento non dovesse modificare la normativa, è impensabile che gli uffici del Comune dell'Aquila e di Regione Abruzzo possano arrivare ad un provvedimento di condono edilizio".
Chiarissimo, come detto.
Resta il tentativo, piuttosto goffo a dire il vero, di alcuni consiglieri comunali di centrodestra (Roberto Tinari) e centrosinistra (Ermanno Giorgi, coinvolto in prima persona avendo costruito una 'casetta' nel post-sisma) che hanno proposto una sanatoria in vista dell'approvazione del nuovo Prg che andrà a sostituire - chissà quando, la promessa era arrivare a completamento dell'iter di approvazione entro la fine della legislatura, non sarà possibile - lo strumento urbanistico vigente, vecchio di oltre quarant'anni, e alla luce delle nuove norme in materia di rischio idrogeologico.
Resta la titubanza, oltre le parole, dell'amministrazione comunale, escluso Trifuoggi evidentemente: lo stesso Di Stefano, di solito molto deciso, in Commissione ha detto molto per non dire nulla. "Il Comune non ha potestà di condono - ha ribadito - può ragionare su una futura riorganizzazione territoriale ma non tutto può essere ricondotto a organicità. Andrebbe individuato un punto di equilibrio, insomma, tra ciò che può essere portato a sistema e ciò che non è proprio possibile condonare".
Sono passati sette anni e mezzo, però, e titubanze non possono essere più accettate. Anche perché, la mancata chiarezza rischia di scatenare tensioni sociali che non andrebbero sottovalutate. "Tensioni che sono indotte dall'atteggiamento del sindaco Massimo Cialente e del Partito Democratico", l'affondo del consigliere di centrodestra Luigi D'Eramo. Che ha ricordato come, nella passata campagna elettorale, l'allora candidato sindaco Giorgio De Matteis subì un vero e proprio "linciaggio mediatico" per aver sollevato la questione e per aver detto, in fondo, quanto ribadito in Commissione dal vice sindaco Trifuoggi. Come a dire che il mancato controllo su quanto stava accadendo sia stata una precisa scelta "elettorale". E c'è da scommetterci: l'abbattimento delle 'casette' provvisorie sarà argomento al centro della prossima campagna amministrativa, tra meno di un anno.
"Poco prima delle elezioni del 2012, ricevetti una telefonata dell'allora prefetto Giovanna Iurato: mi avvertiva che, qualora eletto, avrei dovuto rendere conto delle iniziative che avremmo messo in campo per risolvere il problema", ha svelato De Matteis. "Non ho motivo di credere che il Prefetto non abbia fatto la stessa telefonata a Cialente. Dunque, l'amministrazione sa tutto, fin da allora. Anzi, ci sarebbero i rilievi aereofotogrammatici della Forestale che ha censito i manufatti, dove sono, chi li ha costruiti e come. E' il momento che l'amministrazione assuma una decisione di responsabilità: chiederemo un Consiglio comunale straordinario sull'argomento", l'annuncio.
Resta anche altro, in realtà: le parole del consigliere Giorgi, a dar credito a chi, in questi anni, ha sottolineato come dalle stanze di Villa Gioia, allora sede del Comune, tra il 2009 e il 2010 fossero arrivati inviti esplici ai cittadini a costruire abitazioni con la delibera 58 che, tanto, non si sarebbe arrivati mai ad abbattimento. Giorgi lo ha confermato, innanzi alla Commissione Territorio.