Bocciato il ballottaggio e modificato il meccanismo delle pluricandidature che prevedeva, per i capilista, la possibilità di presentarsi in più di un collegio per scegliere, poi, dove essere eletti (potranno ancora presentarsi in diversi collegi: se eletti, però, il seggio saerebbe stabilito con un sorteggio); salvo, comunque, il meccanismo dei capilista bloccati che garantirà ai nominati dalle segreterie di partito di essere eletti automaticamente, se alla lista spetterà un seggio in quel determinato collegio ovviamente, e senza preferenze; preferenze che serviranno, invece, a coloro che si candideranno all'elezione nello stesso collegio. Preservato pure il premio di maggioranza che garantirà il 55% dei seggi (340) alla lista che raggiungerà la soglia del 40%.
E' il verdetto della Consulta che si è espressa nel pomeriggio.
Una bocciatura a metà per l'Italicum, la legge elettorale in vigore alla Camera, trasformata in una sorta di proporzionale corretto da un ampio premio di maggioranza, che non prevede coalizioni, con i capilista bloccati, la doppia preferenza di genere e una soglia di accesso al 3%.
Legge immediatamente applicabile, scrive la Corte, a dire che, volendo, si potrebbe tornare alle urne già domani e questa, per Renzi, è invece una mezza vittoria.
I sistemi elettorali di Camera e Senato restano, tuttavia, piuttosto diversi; in Senato, infatti, vige il cosìdetto Consultellum, figlio della modifica del 2014 alla legge elettorale voluta dal governo Berlusconi nel 2006 (il famigerato Porcellum), un proporzionale senza premio, con ripartizione dei seggi su base regionale, preferenza unica non di genere e soglie diverse: 8% per i partiti che corrono da soli, 3% per quelli coalizzati (al Senato sono previste le coalizioni) che uniti superino il 20%.
Stante le cose, si tornerebbe alle larghe alleanze di governo che hanno tanto il sapore della Prima Repubblica; al momento, infatti, è difficile ipotizzare che una lista possa arrivare al 40% alla Camera e, dunque, sarebbero necessarie larghe intese tra le forze politiche per avere una maggioranza di Governo; al Senato, invece, il premio di maggioranza proprio non c'è: per questo, anche a Palazzo Madama si dovrebbe lavorare di inciuci.
Si votasse con le leggi in vigore, scenario plausibile sarebbe - insomma - un governo di coalizione con Pd, Forza Italia e forze centriste; altrimenti, un esecutivo a Cinque Stelle, con Lega Nord e Fratelli d'Italia (seppure Grillo e Salvini continuino a smentire). A meno che non si riesca a ri-costruire un orizzonte di centrosinistra, magari col campo progressista di Giuliano Pisapia.
È probabile che nelle prossime settimane ci saranno tentativi per 'armonizzare' i sistemi di Camera e Senato, uniformando almeno le soglie di sbarramento e modificando il metodo d'assegnazione del premio di maggioranza, dalla singola lista alla coalizione. Ma è difficile dire se si realizzeranno. Ancor più difficile immaginare che le forze politiche trovino il modo di scrivere una nuova legge elettorale.
Si potrebbe anche aggiornare il Mattarellum, la legge in vigore tra il 1993 e il 2006, un maggioritario con alcuni correttivi proporzionali che incentiverebbe le coalizioni pre-elettorali, come vorrebbe il Partito Democratico di Renzi: Berlusconi, però, non vuol neanche sentire una proposta del genere. Si decidesse di riscrivere la legge elettorale, comunque, si arriverebbe a fine legislatura, al febbraio 2018 dunque, e, al momento, nessuno sembra volere aspettare