Venerdì, 13 Dicembre 2013 13:01

'L'Aquila del Futuro': intervista a Chris Kinyahjui, ActionAid International

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Sono passati quasi cinque anni dal terremoto. E' il momento, per la comunità nazionale e internazionale, di interrogarsi sullo stato dell'arte degli interventi pubblici messi in atto per l'emergenza e per la ricostruzione.

Per questo, ActionAid - in collaborazione con la redazione di NewsTown - ha organizzato un incontro al Ridotto del Teatro Comunale: "L’Aquila del Futuro. Quale prospettiva per le scuole dell’Aquila?".

Appuntamento domenica 15 dicembre, alle ore 11: parteciperanno Marco De Ponte, Segretario Generale ActionAid Italia, Alfredo Moroni, Assessore alle Opere Pubbliche Comune dell'Aquila, Antonio Del Corvo, Presidente Provincia dell'Aquila, Antonio Morgante, Segretariato Generale della Presidenza della Regione Abruzzo, Giovanni Legnini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Orietta Maria Varnelli, Presidente ActionAid Italia. Oltre ad insegnanti, studenti e cittadini dell'Aquila.

Ci sarà, inoltre, Chris Kinyahjui, Chief Executive ActionAid Internationale.

Perché ActionAid lavora nelle emergenze?

Ogni anno 300 milioni di persone vengono travolte da emergenze. Chiunque può esserne vittima ma i più poveri sono i più a rischio perché in genere vivono in territori più vulnerabili e in abitazioni meno resistenti all’impatto. E la nostra mission è quella di aiutare chi si trova in condizioni di estrema necessità.

Come e quando sceglie di intervenire?

ActionAid interviene quando l’emergenza è di dimensioni e gravità tali da richiedere una risposta umanitaria immediata e quando è in grado di investire fondi e impiegare risorse in maniera tempestiva e efficace.

Quali sono i criteri che guidano il vostro intervento?

Anche nelle emergenze ActionAid opera a lungo termine, con l’obiettivo di incoraggiare la ricostruzione sociale ed economica, non limitandosi all’intervento umanitario ma intervenendo sulle cause che hanno determinato la catastrofe o il conflitto. Cerca quindi di coinvolgere direttamente le vittime nella ricostruzione, definendo insieme a loro percorsi di sviluppo duraturi, a prescindere da identità, cultura o religione. Non ci limitiamo ad affrontare questioni concrete legate alla ricostruzione ma chiediamo anche alle istituzioni che garantiscano trasparenza e partecipazione civica nel processo di ricostruzione.

Quale è il vostro impegno nei confronti delle persone che ricevono gli aiuti? E nei confronti di quelle che donano?

Un concetto che guida tutto il nostro lavoro, non solo quello nelle emergenze, è quello dell’accountability, ovvero del rendere conto del nostro operato: in termini di trasparenza, in termini di efficacia e di rispetto dei diritti delle persone coinvolte. Per questo aderiamo a diversi comitati di regolamentazione sia a livello nazionale che internazionale. Il più autorevole è l’HAP (Humanitarian Accountability Partnership) i cui membri si impegnano ai più alti standard di accountability e di efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse. Ma c’è di più. Siccome sappiamo che nel momento dell’emergenza le persone sono estremamente vulnerabili, cerchiamo di preservare la loro dignità e aiutarli a riprendere il controllo delle proprie vite. Per esempio, dopo le alluvioni del 2010 in Pakistan abbiamo assicurato che le donne venissero curate solo da dottoresse e che si evitasse la promiscuità nei punti di accoglienza.

Cosa succede quando, passato il momento di stretta attualità, l’attenzione internazionale si sposta su altri accadimenti?

ActionAid ha una lunga esperienza di interventi, sia per quello che riguarda la prima emergenza che la ricostruzione delle attività economiche ma soprattutto del tessuto sociale. Ci tengo a ribadirlo: tanto nei paesi poveri quanto in quelli ricchi, la ricostruzione va organizzata con velocità e trasparenza, coinvolgendo i cittadini nelle decisioni che li riguardano. Ma ci vuole tempo prima che la situazione migliori in maniera stabile. A volte succede che, come a L’Aquila, la popolazione sia vittima due volte: prima del sisma e poi della cattiva politica che soffoca la speranza di una vera ricostruzione, e non offre uno spazio di ascolto alla cittadinanza. Noi ci impegniamo anche e soprattutto perché questo non accada più, al Sud come al Nord.

A cura di Stefania Doanera

 

 

 

Ultima modifica il Venerdì, 13 Dicembre 2013 13:29

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