1860. Garibaldi è già sbarcato in Sicilia e sta conquistando l’isola. Tancredi, ardente e scaltro, ha deciso di unirsi ai Mille, convinto dell’inevitabilità della caduta dei Borboni e dei sicuri vantaggi che le nuove classi emergenti trarranno dall’appoggiare i nuovi venuti. "Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi", spiega allo scettico zio. Don Fabrizio, però, non può credere nel trasformismo, indispensabile per conservarsi.
Così come il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente. Che più di centocinquant'anni dopo, a undici giorni dal commosso annuncio di dimissioni irrevocabili, recede dalla sua decisione senza che nulla sia cambiato. Evidentemente, "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto resti com'è".
Altro che azzeramento di Giunta, altro che rimpasto: il primo cittadino è tornato in carica come nulla fosse accaduto. Con una sola novità, già annunciata ieri: l'ex Procuratore della Repubblica di Pescara e L'Aquila, Nicola Trifuoggi. Sarà vicesindaco. Si occuperà di trasparenza, avrà la responsabilità del Centro Unico di Committenza e la delega alla Polizia Municipale con l'ispettorato all'Urbanistica. Nel video, l'intervista di NewsTown.
Una operazione concertata da Giovanni Lolli e Luciano D'Alfonso, che ha il sapore di elezioni regionali. "Si apre così una fase nuova", annuncia Cialente. "Migliaia di persone mi hanno chiesto di tornare. Lo facciamo con orgoglio, per difendere l'immagine della città". Da qui, la scelta di Trifuoggi: "Un servitore della Patria che chiamiamo a testimone della onestà dell'Aquila. Dovrà raccontare quanto di buono abbiamo fatto e vigiliare che nessuno commetta più errori. Errare è umano, e se ci sono stati errori sono stati commessi in buona fede".
Che poi, sottolinea Cialente, qualche pecora nera è fisiologica in tutte le comunità. Non era anche per gli errori commessi nella scelta di alcuni collaboratori che aveva rassegnato le dimissioni? "Ho fatto degli errori, ho perso", aveva annunciato con gli occhi lucidi undici giorni fa.
Poco male. "Trifuoggi saprà darci delle regole", dichiara. Verrebbe da chiedergli come si è lavorato fino ad oggi. Certo è che la scelta di un ex Procuratore della Repubblica come vicesindaco pare quantomeno in contraddizione con l'idea di città onesta e trasparente che si vuol trasmettere. Anzi, pare quasi una richiesta di aiuto per far chiarezza negli ingranaggi della macchina amministrativa.
Si tenta di archiviare, così, l'inchiesta 'Do ut Des' che aveva scatenato una vera e propria bufera sull'amministrazione cittadina. Una vicenda gravissima, riconosce il primo cittadino: "In questi mesi, sono emerse indagini ben più pesanti. Con gli arresti in Regione, con l'inchiesta sui lavori di ricostruzione delle scuole fuori cratere che coinvolge altissimi esponenti della Provincia. Mi sono chiesto come mai questa vicenda abbia ferito così a fondo la mia città. E la risposta che mi sono dato è che gli aquilani hanno capito che siamo stati gli unici difensori della città e, per questo, da noi non possono accettare alcun errore. Come se ti tradisse un padre".
E' questo il senso di quanto accaduto in città, a sentire il sindaco dell'Aquila. Che regala a giornalisti, assessori, consiglieri comunali di maggioranza e ad un pugno di cittadini plaudenti, un discorso colmo di retorica e di sentimentalismi. Stiamo tornando per voi, sussurra. Abbiamo capito che era in corso un attacco feroce alla città, abbiamo capito che con le dimissioni l'immagine dell'Aquila come centro del malaffare si ingigantiva piuttosto che sfuocarsi. Dunque, con grande sacrificio, abbiamo deciso di tornare. Eccolo il messaggio profondo - e di sicura presa - che il sindaco ha inteso spedire ai suoi concittadini. Rispolverando, poi, la teoria del complotto su cui - in questi giorni di silenzio stampa e di mille interviste - ha costruito nuova legittimità.
Verrebbe da ringraziarlo. Se non fosse che sono stati i 'piccoli errori' delle poche 'pecore nere' scelte personalmente dal primo cittadino ad aver esposto L'Aquila ad una gogna mediatica senza precedenti. Che ha raccontato anche enormi baggianate, senza dubbio, lasciandosi andare a facili (e utili?) generalizzazioni. A partire, però, da questioni cruciali che meriterebbero ben altre risposte. Sono state le scelte e le azioni dei collaboratori del sindaco, ancora tutte da dimostrare per carità, ad aver permesso che la città fosse dipinta come una specie di 'gomorra'. Ne ha piena responsabilità politica, il primo cittadino. Una responsabilità che non si può cancellare affidandosi - cinque anni dopo il terremoto - ad un ex Procuratore della Repubblica. Che non si può cancellare parlando di trasparenza senza averla mai realmente praticata.
Per fortuna, l'affetto di migliaia di cittadini ha convinto Cialente ad un gesto di grande sacrificio. Forse aveva ragione Don Fabrizio, "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto resti com'è". E a L'Aquila, sono in molti a volere che nulla cambi davvero.
Se vi state chiedendo dei rapporti tra Cialente e il Governo, avrete ben poche risposte. Il sindaco dell'Aquila, che aveva annunciato le dimissioni alla lettura dell'intervista rilasciata da Trigilia a 'La Stampa', non nomina mai il ministro alla Coesione territoriale. "Sono stato dimesso dal Governo", aveva ripetuto nelle tante apparizioni televisive. Cosa è cambiato, da allora? Il Ministro è ancora al suo posto, ben salda la delega alla ricostruzione del cratere. Del miliardo che serve per il 2014, non c'è traccia. Il silenzio del Governo - nei giorni di crisi - ha fatto davvero molto rumore. Cosa è cambiato? Niente, ovviamente.
Anzi. E' già iniziata una nuova, vecchissima partita: "Serve il miliardo che ci è stato riconosciuto da Barca prima e da Trigilia poi, nella Relazione sullo stato della ricostruzione inviata al Parlamento. Serve a permetterci di rispettare il cronoprogramma della ricostruzione. Nei prossimi giorni incontreremo il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. Vedremo".
Come intendete ricucire il rapporto con Trigilia, oramai drammaticamente logoro? "Sono convinto che i rapporti istituzionali non passino attraverso rapporti di amicizia. Se qualcuno ha mancato nei rapporti istituzionali, se ne assumerà la responsabilità. Il ministro Trigilia, evidentemente, ha un problema con la città dell'Aquila. D'altra parte, la decisione di partecipare alla riunione con Saccomanni e il Rapporto sulla ricostruzione che conferma in pieno quanto andiamo chiedendo da tempo, sono di certo un buon segno". Punto. Le parole che non più tardi di qualche giorno fa avevano spinto il primo cittadino alle clamorose dimissioni, oggi vengono relegate a semplici problemi di relazione personale.
Si torna a discutere con Roma, insomma. Almeno sino alla prossima bandiera strappata dalle porte del Comune dell'Aquila.