E' il giorno della fiducia. Alle 14 - come previsto dall'articolo 94 della Costituzione - il governo Renzi affronterà il suo primo passaggio parlamentare, con il voto in Senato. Domani toccherà alla Camera. Il voto avverrà “per appello nominale” con una mozione discussa e motivata.
Ottenuta la fiducia di entrambe le Camere, il presidente del Consiglio e i suoi ministri potranno avviare l'attività di governo. Al Senato, il governo Renzi avrà bisogno di superare la maggioranza assoluta di 161 per avere un minimo di stabilità. Rientrate le preoccupazioni per la ventilata sfiducia dei senatori del Partito Democratico legati a Pippo Civati, i voti a favore dovrebbero oscillare tra i 175 e i 176. Salvo sorprese voteranno sì il Partito Democratico, il Nuovo Centrodestra, Scelta Civica, Per l’Italia, Autonomie, tre senatori fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle e cinque senatori a vita.
Renzi dovrebbe quindi avere un margine di circa 15 voti a favore al Senato per governare. La seduta di questo pomeriggio si aprirà con il discorso del premier. A braccio, probabilmente. Il segretario Pd elencherà i principali punti del proprio programma: stando alle voci delle ultime ore, affronterà soprattutto il tema del lavoro, della sburocratizzazione e di alcune modifiche alle rendite finanziarie. Poi, la riforma della legge elettorale, le modifiche al Titolo V della Costituzione e il superamento del bicameralismo perfetto. Seguiranno il dibattito dei senatori e successivamente la replica del primo ministro.
Ogni partito esprimerà poi la propria dichiarazione di voto e infine il presidente del Senato indirà la votazione. I senatori sfileranno sotto i banchi della presidenza annunciando il proprio voto a favore o contrario. La procedura richiede tempo: il governo riceverà probabilmente la fiducia nel tardo pomeriggio. Martedì mattina poi, come detto, il passaggio alla Camera dove il PD alle scorse elezioni ha ottenuto il cospicuo premio di maggioranza: i voti a favore saranno molti di più e la stabilità assolutamente garantita.
Nei minuti in cui il Senato voterà la fiducia a Renzi, a L'Aquila il candidato in pectore del centrosinistra alle prossime elezioni regionali, Luciano D'Alfonso, aprirerà la sua campagna elettorale in vista delle primarie del 9 marzo. Anche se, in realtà, la vittoria è scontata e lo sguardo è già rivolto al 25 maggio.
Appuntamento alle 17:30, nell'auditorium Sericchi della Bper-Carispaq. "L’Aquila va aiutata a essere sempre di più e sempre meglio la città capoluogo di regione, sapendo anche che può diventare il sedime del più grande cantiere d’Europa", ha sottolineato D'Alfonso presentando l'incontro. "Non solo per le imprese della ricostruzione ma anche per scuole e università che dovranno fare affidamento sull’Aquila pure per esperienze di introduzione al mondo del lavoro delle nostre giovani generazioni".
"L'Aquila - ha spiegato - deve essere aiutata a riprendere in mano il dossier della candidatura quale città capitale della Cultura. Il capoluogo, poi, è il punto di riferimento dell’alleanza, da cooperazione rafforzata, con Lazio e Umbria per quanto concerne l’Appenino italico. Noi costruiremo due sistemi di alleanze: uno sulla costa con Molise e Marche e uno sull’interno, sulla dorsale appenninica e L’Aquila sarà una città giacimento, una città snodo".
Accanto a lui ci sarà Giovanni Lolli, disegnato da molti come possibile vice presidente qualora D'Alfonso dovesse vincere le elezioni: "È arrivato il momento di riconnettere L'Aquila al resto della regione non tanto per chiedersi quello che La Regione può fare per L'Aquila e la ricostruzione ma per rendere L'Aquila e la ricostruzione leve per un Abruzzo diverso, innovativo, e attento alle aree interne, dove il capoluogo avrà un ruolo da protagonista", ha incalzato l'ex onorevole del Partito Democratico. Assoluto protagonista dell'operazione politica che ha convinto Massimo Cialente a ritirare le dimissioni presentate all'indomani dell'inchiesta 'Do ut Des', con l'ingresso in giunta dell'ex procuratore Nicola Trifuoggi, uomo molto vicino proprio a D'Alfonso.
Evidentemente, il Partito Democratico non poteva presentarsi alle elezioni regionali con l'amministrazione della città capoluogo travolta dalle polemiche. E affrontando una campagna elettorale che avrebbe - senza dubbio - tolto visibilità ed energia, almeno nel capoluogo, alla candidatura a governatore dell'ex sindaco di Pescara. Oggi pomeriggio, si parlerà anche di quale dovrà essere - in futuro - il rapporto con l'esecutivo guidato da Renzi. Come già sottolineato, guardando al nuovo governo salta all'occhio l'assenza del ministero per la Coesione territoriale, quello che, negli ultimi 2 anni (prima con Fabrizio Barca e poi con Carlo Trigilia), ha avuto una speciale delega per la ricostruzione della città.
Per il momento non si sa ancora in capo a chi - a quale ministero o dipartimento - andrà questa funzione: bisognerà aspettare il voto di fiducia e la conclusione della partita della nomina dei sottosegretari. A confermarlo è anche la senatrice Stefania Pezzopane, che, contattata da NewsTown al telefono, ha chiarito che "il ministero per la Coesione territoriale faceva capo al ministero dell'Economia, perché era quello il portafoglio. Con il nuovo Governo si sono riviste un po' di cose, sostanzialmente si sono eliminati quasi del tutto tutti i ministeri senza portafoglio: una decisione che mi sembra molto razionale". La Pezzopane vorrebbe che a prendere la delega sull'Aquila fosse Giovanni Legnini (anche lui abruzzese e anche lui del Pd), in odore di riconferma dopo essere stato, nel governo Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio (poltrona che Renzi ha dato a Del Rio): "Abbiamo chiesto al Pd nazionale" ha affermato la senatrice "e in questi giorni lo abbiamo ribadito, che, se Legnini venisse riconfermato, come speriamo, al Governo, sarebbe bene che la delega l'avesse lui. Vorremmo comunque che la delega andasse o al ministero dell'Economia o direttamente alla presidenza del Consiglio. Basta con i ministeri senza portafoglio".
Alla fine di questa lunga giornata politica - con ogni probabilità - avremo le idee un poco più chiare.