Riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Stefano Frezza* - Ringrazio innanzitutto Nello Avellani per aver dato il via ad un dibattito [qui] di cui sentivo un estremo bisogno, e per ospitare sul “nostro” NewsTown un confronto aperto e schietto.
Per discutere serenamente e seriamente di un tema a molti di noi cosi caro, come quello della Sinistra, occorrerebbe, almeno per un attimo, posare a terra quella zavorra di pensieri, o retropensieri, che spesso ostacolano un dibattito serio e costruttivo. Dovremmo cercare tuttavia di mantenere la barra dritta verso quello che per lungo tempo abbiamo considerato il nostro obiettivo comune: come contribuire a cambiare lo stato reale delle cose.
Mi fa estremamente piacere leggere dal compagno Fulvio Angelini [qui] che siamo stati “subalterni al liberismo, al mercato, alle logiche della compatibilità, agli equilibri di bilancio…”. Io dico che è stato proprio questo, ma non certo solo questo, che negli ultimi decenni ha acuito sempre più il divario tra una sinistra che si batteva contro tutto ciò e chi invece tutto ciò sosteneva a spada tratta. Lo sosteneva nelle alleanze politiche che costruiva, lo sosteneva nelle votazioni in Parlamento, lo sosteneva in tutti gli ambiti e confronti politici.
È verissimo che “nei periodi di crisi solo il conflitto può generare cambiamento”, ed è esattamente quel conflitto che la sinistra radicale, anticapitalista, ha condotto contro chi quel capitale stava lì a sostenerlo e difenderlo a spada tratta. Proprio per combattere tutto ciò andammo a Genova a chiedere un Altro Mondo Possibile, ma tutto ciò ce lo siamo visto poi riproporre e concretizzare proprio da quegli stessi che avrebbero dovuto e potuto cambiare finalmente le carte in tavola.
Quanto tempo si è perso, quante occasioni sono state sprecate, e tutto sulla pelle di chi in questi decenni non ha trovato un impiego, o lo ha perduto, o ha un salario da fame, o è precario da trent’anni, o vive nell’illegalità, o è alla ricerca di un permesso di soggiorno.
E’ vero, lo possiamo dire, questa pandemia potrebbe averci insegnato qualcosa, io lo spero vivamente. Potrebbe averci insegnato, per esempio, che la sanità merita un approccio diverso da quello che le è stato riservato negli ultimi decenni da chi ha governato il paese e le nostre regioni, e che la sanità pubblica non può continuare ad essere umiliata e offesa a causa di scelte politiche mirate a tutelare, se non privilegiare, quella privata. Ecco, parliamo della sanità come paradigma da estendere al lavoro, all’istruzione, ai diritti. Ma nello stesso tempo in cui affermiamo questo principio dobbiamo essere onesti, con noi stessi e con tutti: sentire oggi Zingaretti parlare di un “Nuovo Modello di Sviluppo” da un lato fa sobbalzare dalla sedia, ma dall’altro deve indurci a tendere l’orecchio verso ciò che vuole significare.
In cosa dovrebbe sostanziarsi questo Nuovo Modello di Sviluppo? La finiremo finalmente con la politica del “rigore” o le logiche di “compatibilità” ? O i cacciabombardieri? O le pseudo grandi opere inutili e dannose? Si intende finalmente cancellare la Fornero o il Jobs Act? E mettere finalmente una pietra sui decreti Salvini ma anche Minniti?
Staremo a vedere.
Se guardo indietro, con gli occhi della mente, vedo tre giovani, anzi giovanissimi, darsela a gambe nelle campagne siciliane, dov’erano andati a contestare una base militare, inseguiti dai blindati e dagli idranti della polizia. Ne è trascorso di tempo, dopo tanto impegno e tanti percorsi comuni oggi sono su posizioni diverse; la solita vecchia storia della sinistra di lotta e di governo, ma che se non sapranno parlarsi, e capire quali e quanti errori sono stati fatti, non riusciranno a guardare avanti con fiducia ma continueranno solo a guardare indietro con rabbia.
*Stefano Frezza, Potere al Popolo L’Aquila