L’impressione è essere tornati indietro nel tempo, di qualche mese. Nessuna certezza, nessuna risposta. Siamo di nuovo alla fiducia evocata da Fabrizio Barca ancor prima del 21 marzo, nel giorno della presentazione dello studio Ocse che indicava nel turismo e nell’università gli assetti strategici per la ricostruzione. In effetti, il neo ministro alla Coesione territoriale con delega per L’Aquila, Carlo Trigilia, ha voluto ricordare il lavoro svolto dal suo predecessore nei mesi del governo Monti per poi assicurare che la sua presenza in città “testimonia che L’Aquila è una delle priorità dell’Italia e del governo Letta. Si continuerà a fare il possibile per risolvere la questione in maniera efficiente ed efficace”.
“Ci sono dei tempi che vengono stimati per risolvere problematiche di questa rilevanza”, ha continuato il Ministro, “e voglio dire, francamente, che otto anni mi sembrano persino troppi per completare la ricostruzione. Speriamo di poter ridurre i tempi”.
Non è chiaro, però, come si riuscirà a farlo: “ho acquisito la delega da pochi giorni e ho pensato che bisognasse venire sul posto per rendersi conto della situazione. Mi è stato molto utile -ha continuato Trigilia- perché ho capito meglio alcune cose”.
E quanto esplicita il Ministro non è affatto banale: “molto si è insistito sulla necessità di finanziamenti certi, è fondamentale ma non certo sufficiente. Ci sono altri aspetti che, se opportunamente discussi, potrebbero accelerare la ricostruzione della città. Non occupatevi solo del finanziamento: vorrei aprire un confronto con voi su come migliorare le procedure che rallentano i processi in questo momento. Vorrei studiare meccanismi organizzativi e istruttori. Spero si aprirà una discussione tra il ministero e le amministrazioni locali attraverso gli Uffici speciali”.
A questo punto, Trigilia rende ancor più chiare le riflessioni stimolate dalla visita all’Aquila e in alcuni comuni del cratere: “credo che bisogna fare uno sforzo per collegare la ricostruzione con lo sviluppo economico della città. Il futuro si giocherà, e molto, sulla capacità di stabilire questi nessi: se L’Aquila vuole investire sulla cultura e sulla scienza, su insediamenti produttivi di qualità e sulla università, bisogna fare uno sforzo maggiore per integrare questi obiettivi con la ricostruzione. Vuol dire non tenere tutto in modo sacrale, così com’era e dov’era. Si perderebbero delle occasioni importanti. Insomma, vanno fatte delle scelte e vanno previste, nei centri storici, delle funzioni che richiedono scelte urbanistiche e ricostruttive coraggiose”.
Insomma, il discorso del ministro è chiaro: va bene porsi il problema della tutela di parti del centro storico delle città e delle frazioni del cratere, ma ci sono zone che si prestano ad operazioni di modernizzazione, per ancorare alla ricostruzione alcune scelte di sviluppo economico. Università e turismo, in particolare. Niente di nuovo, rispetto a quanto già studiato e raccomandato nel rapporto Ocse. Non si capisce come mai sia stata necessaria un’ulteriore visita in città per capire come si potrebbe intervenire. A più di quattro anni dal terremoto, sarebbe stato auspicabile che alcune situazioni fossero già chiare al Ministro. Sarebbe bastata anche una semplice chiacchierata con Fabrizio Barca.
Resta inevasa la domanda più importante: quanti e quali fondi saranno stanziati per L’Aquila nei prossimi anni? Come saranno resi disponibili? Se è vero che non è l’unica questione, non si può non tenerne conto. A partire dal miliardo e duecento milioni, frutto dell’aumento delle imposte sulle marche da bollo, spalmati sino al 2019: sarà possibile utilizzare questi soldi sin da subito, impegnarli per il 2013, o dovremo accontentarci di 200milioni l’anno, più o meno?
“Se ne sta discutendo in questi minuti”, chiarisce il ministro. “Quello che posso dire è che sicuramente questo emendamento, o altri interventi in caso di parere negativo della Ragioneria dello Stato, garantiranno i soldi necessari alla ricostruzione per il 2013. I fondi che saranno impegnati, speriamo sin da stasera, non esauriscono però quanto il Governo intende fare per L’Aquila. Ci sarà la legge di stabilità".
Poi l'ammonimento: "dovete rendervi conto che la situazione del paese è estremamente difficile. Non lo dico per cercare delle scuse: l’obiettivo è assicurare un flusso costante e certo di risorse, capaci di permettere il rispetto del cronoprogramma, ma non si può immaginare di aver da subito i soldi nelle casse anche perché non sarebbero comunque spendibili”.
Cosa voglia dire, non è dato sapere. E non è stato chiesto al Ministro. Non è stato chiesto dal sindaco Cialente che, da settimane, parla di guerra con il Governo per la sopravvivenza della città inscenando proteste anche clamorose. “In questo momento si sta combattendo una battaglia importante a Roma”, chiarisce il sindaco a NewsTown, “da un lato il Governo che preme per sbloccare il miliardo e 200 milioni, dall’altro la Ragioneria di Stato che sottolinea che se questi soldi venissero resi immediatamente spendibili si sforerebbe il debito pubblico con l’immediato intervento dell’Europa. La copertura, infatti, è spalmata su sei anni. A me non interessa che questi soldi mi vengano dati subito, a me interessa avere i soldi come competenza. La differenza tra cassa e competenza è che con la cassa avremmo subito i soldi in tasca: allora la richiesta è di avere i soldi che ci servono in cassa per il 2013, con la competenza pergli anni successivi. Un meccanismo di finanza pubblica rispetto al procedere dei progetti. Detto questo, non confido molto nella Legge di stabilità. Non credo sarà facile trovare ogni anno un miliardo per la ricostruzione. L’unico meccanismo è la Cassa deposito e prestiti. Dobbiamo porre la questione in Europa: non è possibile che dinanzi a gravi calamità naturali, che andrebbero definite con una legge europea, non si possa sfondare il patto di stabilità. Il tabù dell’Europa e del debito pubblico è inconcepibile”.
“I soldi - continua il Sindaco - devono arrivare secondo il procedere del cronoprogramma”.
E’ quello che propone Trigilia. “Sono d’accordo con lui: troviamo il modo di fare arrivare i soldi di pari passo con l’avanzamento dei lavori”.
La guerra pare rientrata: “la protesta è servita a rimettere al centro dell’agenda politica la questione della ricostruzione. Stamattina ero molto arrabbiato: guarda caso, si sono sbloccati i 300 milioni del Cipe previsti per il 2015. Adesso in cassa abbiamo 985 milioni”. Il nuovo nemico è l'Europa. Chissà se il sindaco Cialente deciderà di rimuovere anche la bandiera dell’Unione: “non scherziamo”, sorride il primo cittadino. “Non capire che queste problematiche sono figlie delle scelte della signora Merkel, di politiche di destra che hanno portato al collasso la Grecia, Cipro, la Spagna e l’Italia vuol dire non capire il nocciolo del problema. Se non solleviamo la questione non usciremo dalla crisi: L’Aquila è un piccolo pezzetto della crisi”.
Sarà anche vero, non vogliamo mettere in dubbio le riflessioni del Sindaco. Resta la sensazione di profondo sconforto: dopo settimane di polemiche, proteste, annunci roboanti a mezzo stampa, dinanzi ad un Ministro che, a quattro anni dal terremoto e con la ricostruzione bloccata, arriva in città per rendersi conto della situazione senza offrire alcuna risposta, senza offrire alcuna certezza, ci saremmo aspettati un atteggiamento meno conciliante e più deciso dall’amministrazione. La colpa, evidentemente, è solo dell’Europa.