Il sindaco Massimo Cialente, dopo settimane di proteste, è tornato a indossare la fascia tricolore e ha ordinato di ripristinare la bandiera su tutti gli edifici pubblici della città. Il motivo? L’approvazione degli emendamenti al decreto sulle emergenze, in discussione al Senato. Un risultato, ha sottolineato il primo cittadino al taglio del nastro inaugurale del Salone della Ricostruzione, che vista la sfortunata congiuntura economica che vive il paese non era affatto scontato.
Una dichiarazione che ha lasciato molti cittadini interdetti: Cialente, infatti, in un primo momento aveva parlato di fondi insufficienti e di importante passo indietro rispetto all’accordo con il presidente del Consiglio, Enrico Letta. "Se ci danno 200 milioni in sei anni, il cronoprogramma salta e i fondi sono insufficienti. Quest'anno rimarrà tutto bloccato. Continueremo quindi la mobilitazione", aveva promesso non più tardi di qualche giorno fa.
Non erano necessari almeno 1 miliardo l’anno fino al 2019? Non era per ottenere fondi certi nel tempo che il primo cittadino aveva ordinato di far rimuovere il tricolore dagli uffici pubblici? Evidentemente, a fare la differenza è stato l’anticipo di 150 milioni di euro ottenuto in Senato grazie ad un prelievo dai fondi Cipe: "per il momento abbiamo i soldi per stare nel cronoprogramma", ha annunciato il Sindaco.
L'abbiamo avvicinato con carta e penna a margine del Consiglio comunale per provare a fare due conti. A partire da un numero preciso: 1miliardo e 200milioni che l’amministrazione aveva chiesto per iniziare subito i lavori, come da cronoprogramma approvato in seno al Consiglio.
“In realtà”, spiega il sindaco, “per la ricostruzione dell’Aquila la richiesta era di 816 milioni per il 2013. Nel silenzio dei comuni del cratere, mi sono fatto carico anche dei loro problemi e ho preteso lo stanziamento di 1miliardo e 200 milioni. Il problema è che i piccoli comuni non hanno tutto questo bisogno di fondi, perché non sono ancora pronti, tanto è vero che non si sono fatti sentire. Al contrario, per il capoluogo gli 816 milioni erano fondamentali. Attenzione, non ho mai chiesto tutti i soldi subito, sarebbe stato inutile: un cantiere che parte oggi in centro storico ha come attesa di lavoro almeno 30 mesi. Il problema era ottenere subito il 46% dei fondi, poi il 43% per l’anno successivo fino all’ultimo Stato di avanzamento dei lavori. Quindi, nell’ambito della cassa possiamo tranquillamente diluire gli 816 milioni necessari in tre anni”.
“A me interessa avere la previsione per 36 mesi”, continua il primo cittadino, “al contrario l’abbiamo ottenuta in 6 anni, 200 milioni l’anno fino al 2019. Da qui la nostra richiesta di un anticipo da 300 milioni per quest’anno e 21 milioni l’anno nel 2014 e 2015 (quando abbiamo già in previsione 200 milioni) rispetto a questa competenza. In altre parole, avevamo un buco di 300 milioni per dare subito il via ai lavori nell’asse centrale. Nel pomeriggio di ieri è arrivata la notizia che il Cipe può anticipare subito 150 milioni. Il premier Letta, a sua volta, mi ha promesso che, ad ottobre, arriveranno i fondi che servono. Insomma, il buco che avevamo lo abbiamo colmato. In più, dovrebbero arrivare ulteriori 100 milioni. Saremo in grado, dunque, di rispettare il cronoprogramma per il 2013”.
Sperando che Letta mantenga la promessa, ad ottobre. Se è vero che a fatica si sono trovati i soldi necessari a far partire la ricostruzione, è altrettanto vero che rimane un preoccupante punto interrogativo su quanto accadrà da gennaio, quando non potremo utilizzare neanche i fondi anticipati in questi giorni.
"La battaglia, infatti, continua. Da stanotte stiamo pensando al periodo 2014-2018. Per il comune dell’Aquila, nel quinquennio, la ricostruzione costerà 1miliardo e 200 milioni nel 2014 e 1 miliardo l’anno nei restanti mesi. Stiamo parlando, dunque, di poco più di 6 miliardi. Come ottenere questi soldi? La tassa di scopo neanche a pensarci. Enrico Letta ha promesso di far arrivare parte dei fondi necessari grazie a quanto l’Italia recupererà dal rientro dal patto di stabilità e dalla pratica di infrazione Europea, con il conseguente abbassamento dello spread. Non credo si possa fare, però".
Quindi cosa avete in mente?
“La battaglia va combattuta con l’Europa. Il 26 giugno saremo a Bruxelles per chiedere i soldi attraverso il meccanismo della Cassa deposito e prestiti. In questo momento, sarebbe considerato debito pubblico: la sfida è convincere l’Europa che la ricostruzione a seguito di una calamità naturale non dovrebbe essere calcolata come debito. In altre parole, i 16 miliardi necessari al cratere aquilano e a quello emiliano dovrebbero essere spalmati negli anni. A fare di conto: l’Italia ha bisogno di 16 miliardi di euro, sono 960 milioni l’anno per 25 anni. Dunque, l’Europa dovrebbe calcolare un debito di soli 960 milioni l’anno. Se otteniamo il mutuo, L’Aquila si ricostruisce tranquillamente”.
Il problema, a sentire le parole di Gianni Chiodi, è la mancanza di credibilità dell’amministrazione locale. I soldi ci sono, ha detto il governatore, ma il Comune non è in grado di spenderli.
“Non è vero. I soldi li stiamo spendendo tutti. Il problema sono i fondi trasferiti dalla gestione stralcio di Mancurti: possiamo impegnarli solo adesso che si è ottenuta la copertura. Mi spiego: la Pubblica amministrazione può indire appalti e affidare progettazioni solo se ha già in bilancio la copertura totale dell’opera, solo se ha la competenza. Adesso che sono arrivati i soldi, siamo in condizione di poter partire con i lavori: per dire, è dalla fine del 2009 che ho 5 milioni e mezzo per ricostruire Palazzo Margherita ma non abbiamo ancora indetto l’appalto perché mancavano altri 5 milioni a copertura dell’opera”.
Per il 2013, dunque, i soldi di competenza ci sono. I lavori nell’asse centrale partiranno?
“Penso di riuscire a farli partire. Il problema è un altro: ora che ci sono i soldi, la palla passa agli amministratori di condominio e ai progettisti che devono redigere il progetto che poi viene trasferito all’Ufficio Speciale per la ricostruzione e, di lì, al Comune e al Genio Civile. Pur facendo parecchie storie, amministratori e progettisti dovrebbero aver presentato la scheda parametrica. Ora abbiamo 90 giorni di tempo per far partire i lavori: come vede, arriviamo ad ottobre quando avremo anche i soldi promessi da Letta. Poi, toccherà alle ditte”.
Quanti soldi ci sono in cassa, ad oggi?
“Con la battaglia della fascia tricolore, ho ottenuto che i 2miliardi e 200milioni del Cipe, che in principio erano spalmati in 525 milioni per il 2013 e i restanti 400 milioni negli anni a venire, saranno disponibili da subito. Come detto, avere tutti i contanti in cassa non vuol dire accelerare i lavori perché oltre i 900 milioni non possiamo comunque andare: se li spalmi in tre anni o li rendi subito disponibili cambia poco o nulla, l’importante è averli di competenza. Ridendo e scherzando, però, ora in cassa abbiamo 1 miliardo di liquidità. Con questi soldi, con i 150 milioni di anticipo ottenuti ieri, con gli altri 100 milioni in arrivo, possiamo dar avvio a lavori per 1miliardo e 250milioni. Partendo subito, in 18-24 mesi per la periferia e in 30-36 mesi per l’asse centrale riusciremo a far rientrare in casa 10mila persone in tre anni”.
Una previsione piuttosto ottimistica...
“A quel punto si libererebbe il progetto C.A.S.E. In parte, abbiamo intenzione di affittare gli alloggi. Con gli altri, daremo risposte alle tante famiglie in difficoltà: abbiamo le graduatorie, tutto molto pulito, l’unica cosa clientelare che facciamo è riaprirle costantemente perché arrivano sempre nuove richieste di persone in difficoltà e, così, siamo costretti a rinnovarle di volta in volta. Poi risolviamo un altro problema decisivo: riusciremo ad offrire alloggi agli studenti. Quando i ragazzi torneranno a pagare le tasse, se non saremo in grado di offrire loro delle soluzioni abitative, condanneremo l’università a morte. Dico di più: l’affitto agli studenti permetterà di calmierare i prezzi in città. Ho intenzione di far ricorso alle graduatorie dell’Adsu: i migliori studenti verranno sistemati dall’Azienda allo studio (stiamo parlando di 400 ragazzi), i restanti li sistemeremo nel progetto C.A.S.E. A quel punto, avremo il più grande campus universitario d’Italia. In più offriremo alloggi ai lavoratori e, sin da subito, alle giovani coppie”.
Così il sindaco Massimo Cialente. Che a qualche giorno dagli appelli sui giornali, dalle proteste contro il Governo che “sta condannando la città a morte”, ha disegnato oggi un quadro completamente diverso della situazione. Se è vero che il risultato ottenuto in Senato è importante, perché permetterà di dare un poco di respiro alla ricostruzione almeno per i prossimi mesi, è altrettanto vero che non c’è alcuna certezza per gli anni a venire. Anzi, la speranza del primo cittadino di ottenere un dall’Europa la possibilità di stipulare un mutuo con la Cassa deposito e prestiti pare priva di qualsiasi fondamento. Inoltre, anche per il 2013 siamo alla promessa di Letta che ha parlato di più o meno 200 milioni per L'Aquila ad ottobre. Se le cose, nei prossimi mesi, dovessero peggiorare e il Governo dovesse decidere di non stanziare i soldi?
Il sindaco aveva chiesto 1 miliardo l’anno: la verità è che abbiamo ottenuto 1 miliardo e 200 milioni sino al 2019, oltre all’anticipazione dei fondi Cipe già stanziati. Soldi assolutamente insufficienti. Siamo ancora agli annunci, alle promesse, alle vaghe possibilità. Alla speranza che qualcosa succeda nei mesi a venire. Altrimenti, la prossima primavera sarà di nuovo all’insegna delle proteste, delle minacce di dimissioni, delle bandiere strappate e delle fasce tricolori spedite al Presidente della Repubblica. Il governo sta sacrificando L'Aquila per finanziare la TAV, gli F35, l’abolizione dell’Imu. La ricostruzione non è una priorità: se ne discuterà di anno in anno, cercando di trovare dei fondi nelle pieghe del bilancio.
L'assessore Di Stefano risponde alle accuse di Gianni Chiodi: "E' inaccettabile che chi fino a un mese fa voleva essere al fianco di Cialente nella dura battaglia per fondi certi e costanti per L'Aquila, adesso riesca a sostenere che il Comune dell'Aquila non abbia speso i fondi già a disposizione", sottolinea in una nota.
"Quello che mi indigna maggiormente è che questa ultima, fragorosa e mendace esternazione a mezzo stampa possa ulteriormente impensierire cittadini già logori che legittimamente vogliono tornare nelle loro case. Esasperare per fini elettorali la disperazione di persone che hanno vissuto una catastrofe di queste proporzioni, con il palese intento di nascondere la sua certificata inettitudine, evidenziata nella fase commissariale, colloca il governatore Chiodi tra coloro che non comprendono nulla, perché nulla hanno subito e tuttora subiscono. Chiodi sa bene che la Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto del 3 dicembre 2012, a firma di Aldo Mancurti (responsabile di una gestione stralcio resasi indispensabile per le giacenze contabili dello stesso Chiodi!) abbia assegnato al Comune dell'Aquila 154.274.187,69 euro per il 2012 e 56.700.000 euro per il 2013 per un totale di 210.974.187,69. La Banca d'Italia, Tesoreria dello Stato, ha trasferito i fondi il 18 dicembre 2012, prontamente introitati dal Comune dell'Aquila solo due giorni dopo: fuori tempo massimo previsto per gli adempimenti amministrativo contabili legati alla chiusura dell'esercizio finanziario.
"I fondi di cui parla Chiodi e dei quali ha avuto la responsabilità di mancato trasferimento", ha concluso Di Stefano, "hanno avuto una giacenza di cassa di soli dieci giorni giacchè sono stati impegnati già dai primi giorni mese di gennaio. Sarebbe bastato guardare il sito del Comune dell'Aquila per rendersi conto che erano stati utilizzati. Tranquillizzo dunque tutti coloro che, come me, vogliono tornare a riabitare la città, consapevoli che l'unica battaglia da portare avanti è quella sui fondi presso Governo e Unione Europea".
A che punto sono le pratiche? Il sindaco Cialente e l'assessore Di Stefano hanno sottolineato che, da gennaio ad oggi, con la gestione tornata agli enti locali si è riusciti a impegnare 620 milioni di euro per nuovi cantieri. Nei quattro anni precedenti, con Cassa deposito e prestiti, la gestione commissariale di Chiodi era riuscita a impegnare 1miliardo e 600milioni.
Ad oggi ci sono:
- 1921 pratiche congrue e già pronte, per un impegno di 596 milioni
- 1183 pratiche ancora inevase, per un impegno di 423 milioni
- 1560 pratiche mai viste, per un impegno di 774 milioni
- 400 milioni di pratiche pronte in Sovrintendenza Beni culturali
- Schede parametriche presentate per 800 milioni
Qualora ci fossero fondi certi, insomma, l'amministrazione si dice pronta a far partire lavori per oltre due miliardi di euro.