L'intensità del sindacato del Giudice nelle procedure concorsuali attiene soprattutto all'istituto della discrezionalità tecnica amministrativa, cioè quando la valutazione della P.A. avviene mediante il ricorso a cognizioni tecniche-scientifiche. Sino alla fine degli anni Novanta, era precluso al Giudice Amministrativo qualsiasi tipo di verifica che attenesse a valutazione tecnico-scientifiche.
Soltanto nel 1999, il Consiglio di Stato ha ritenuto dover distinguere tra merito amministrativo (e quindi insindacabile) e discrezionalità tecnica, che è comunque oggetto di tutela da parte del G.A., in quanto la norma tecnica può comportare valutazioni di fatti suscettibili di vario apprezzamento, quando la norma contenga dei concetti indeterminati. A tale ricostruzione si è aggiunto anche il fatto che in sede di giudizio amministrativo è sempre ammissibile la consulenza tecnica di ufficio quale mezzo istruttorio volto all'accertamento dei fatti suscettibili di cognizione tecnica.
Si è così superato l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale che riteneva che nei casi di discrezionalità tecnica il G.A. potesse esercitare un sindacato debole, al contrario si è affermata l’impostazione secondo cui il sindacato in capo al G.A. debba essere sempre pieno ed effettivo e volto alla verifica dell'attendibilità delle operazioni tecniche.
Il problema che la giurisprudenza recente si è posto riguarda il sindacato del G.A. in caso di valutazioni effettuate dalla Commissione esaminatrice in sede di procedura concorsuale. La giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva sempre ribadito il principio della sufficienza, sotto il profilo della motivazione, dell'attribuzione di un punteggio alfa numerico, in quanto questa si configura come formula eloquente e sintetica che esterna la valutazione della commissione di esame.
Successivamente, lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che, in linea con il principio di trasparenza, è necessario che la stessa Commissione d'esame debba esplicare l'iter logico che ha portato la stessa ad una valutazione anche negativa della prova di esame: cioè la Commissione oltre ad un punteggio numerico dovrà imporre ulteriori elementi, tali da poter ricostruire ab externo la motivazione della decisione (apposizione di note a margine, uso di segni grafici etc.).
Recentemente, però, sia il Consiglio di Stato che la Corte Costituzionale hanno di nuovo precisato l'indirizzo secondo cui è sufficiente che la Commissione giudicatrice attribuisca un punteggio alfanumerico, senza cioè ricostruire l'iter logico della motivazione, anche attraverso segni grafici all'interno del compito, purché la stessa Commissione si sia dotata di criteri valutati, predisposti prima della correzione degli elaborati.
Di certo, il Giudice Amministrativo potrà sindacare la valutazione dei compiti sotto il profilo del vizio riconducibile all'illogicità manifesta ovvero al travisamento dei fatti.
Così come, la stessa giurisprudenza amministrativa riconosce legittima la valutazione da parte della Commissione di gara di un appalto sulla base di criteri alfa numerici, purché i parametri delle singole voci siano talmente analitici da delimitare il giudizio della commissione.
L'orientamento della giurisprudenza amministrativa, però, è ancora in evoluzione, tanto è vero che il TAR della Puglia nel 2015 ha evidenziato che “il mero punteggio numerico non consente di esercitare neanche il sindacato estrinseco perché, salvo casi clamorosi, nemmeno è possibile determinare l'esistenza di quei profili sintomatici dell'eccesso di potere sulla base di un mero numero senza la possibilità di rivalutare la prova poiché ciò costituirebbe una indebita invasione nel merito amministrativo” e la mancata adozione di criteri valutativi a monte rischiano di far apparire la decisione della Commissione alquanto arbitraria. Secondo il TAR Puglia, quindi, oltre il punteggio alfanumerico, la Commissione dovrà adottare la c.d. correzione parlante.
Il Giudice di legittimità ha, pertanto, valorizzato la nuova norma, oltre la questione della sua immediata applicabilità, riconoscendo che la sopravvenienza di cui all’art. 46, L. 247/2012 permette di fondare un’interpretazione evolutiva costituzionalmente orientata della regola, al fine di non discriminare fattispecie del tutto identiche, salvo che per il dato cronologico (perché verificatesi prima o dopo l’entrata in vigore della norma). Il TAR Puglia ha accolto così il ricorso di una candidata all'esame abilitativo per l'esercizio della professione forense, ammettendola alla prova orale.