Si è parlato molto in questo periodo della causa di giustificazione della legittima difesa domiciliare e dei suoi limiti.
Secondo l'art. 52 c.p. "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa”.
Il fondamento di tale causa di giustificazione è stato dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza: secondo una tesi, la legittima difesa troverebbe cittadinanza nel principio dell'interesse prevalente tra il bene aggredito e quello dell'aggressore, secondo un'altra tesi essa si baserebbe sul principio del bilanciamento degli interessi, infine per un'altra teoria ancora, essa si ravviserebbe in un "residuo di autotutela" delegato dallo Stato (impossibilitato ad intervenire) al privato.
Gli elementi della legittima difesa sono l'aggressione e la reazione, ma l'aggressione deve presentare i seguenti caratteri: oggetto dell'offesa deve essere solamente un diritto (comprensiva anche di interessi legittimi e della difesa di un diritto altrui), l'offesa deve essere ingiusta (contraria ai precetti dell'ordinamento) ed il pericolo deve essere attuale, cioè la probabilità di un danno deve essere incombente o anche perdurante, ed infine il pericolo non deve essere stato determinato volontariamente dall'agente, pertanto l'esimente della legittima difesa non sarà applicabile a favore di colui che si sia messo volontariamente nella situazione di pericolo.
La reazione, invece, deve possedere tre elementi: in primis, deve essere presente l'elemento della costrizione, cioè un conflitto di interessi nell'aggredito, che si deve trovare nell'alternativa di reagire o essere bloccato, in secondo luogo la reazione importa la necessità di difendersi, quale unica soluzione inevitabile ed idonea, ed, infine, la proporzione tra difesa ed offesa, che sussiste nell'ipotesi in cui il sacrificio del bene dell'aggressore non risulti arbitrario o eccessivo rispetto all'offesa.
I problemi maggiori, però, dipendono dall'interpretazione del secondo comma dell'art. 52, secondo cui nei casi di violazione di domicilio “sussiste il rapporto di proporzione se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere a) la propria o altrui incolumità b) i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione. La disposizione si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
Il legislatore, quindi, presuppone una proporzionalità tra reazione ed aggressione quando l'utilizzo di un'arma sia posta in essere al fine di difendere l'incolumità propria o altrui ovvero beni , posti in pericolo da colui che si è introdotto abusivamente nel domicilio privato o nel luogo dove venga esercitata un'attività. In tali casi, si riconoscerebbe in capo al soggetto un vero e proprio "diritto all'autotutela", assimilabile all'esercizio di un diritto; ma la dottrina e la giurisprudenza si sono divise sulla natura di questa nuova ipotesi di legittima difesa.
Secondo una prima tesi, il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi speciale di legittima difesa, pertanto il contenuto ed i limiti sarebbero quelli previsti dal comma 1 dell'art. 52 , mentre l'elemento speciale deriverebbe dalla nuova formulazione dell'elemento della proporzionalità. Secondo un'altra teoria, la fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 52 integrerebbe una vera e propria ipotesi di scriminante autonoma, ponendosi su di un piano di eterogeneità rispetto all'esimente di cui al comma 1.
Proprio il requisito della proporzionalità previsto dall'art. 52 comma 2 del codice penale ha posto numerose problematiche. In ossequio ad un orientamento giurisprudenziale, la presunzione di proporzionalità ha valore assoluto e cioè il giudice dovrà limitarsi a verificare la sussistenza dei presupposti legali prescritti dalla norma e non dovrà effettuare alcun tipo di valutazione sul rapporto di proporzionalità tra aggressione e reazione. La teoria opposta ritiene, invece, che il giudice, caso per caso, dovrà effettuare ed accertare il pericolo attuale, l'offesa ingiusta, l'inevitabilità della lesione e soprattutto la proporzionalità tra reazione ed aggressione. Quindi, il Giudice ben potrebbe ritenere sussistente l'istituto dell'eccesso di legittima difesa nell'ipotesi in cui l'agente reagisca ad un soggetto che è entrato in casa del primo commettendo il reato di violazione di domicilio.
Secondo la Cassazione del 10 gennaio 2014 n.691, per invocare la legittima difesa (anche quella domiciliare) deve sempre sussistere un'aggressione o il pericolo di un'aggressione in atto, perché secondo i Supremi Giudici "neppure il novum legislativo legittima sempre una reazione implicante l'uso indiscriminato e senza limiti delle armi, finalizzato a ledere l'incolumità dell'aggressore, bensì impone una comparazione degli interessi. Il che significa che la difesa con armi dei beni è legittima solo se vi è un rischio concreto di un pregiudizio attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri”.
Con sentenza del 2015 n.31001, i Giudici della Cassazione, confermando l'orientamento già espresso nel 2014, hanno ritenuto l'insussistenza della legittima difesa nella condotta dell'imputato che “al termine di una colluttazione con un rapinatore che si era introdotto nel negozio della sorella si era impossessato dell'arma del ladro e l'aveva ferito mortalmente mentre quest'ultimo, avvedutosi della condizione di pericolo, aveva desistito dall'aggressione, guadagnandosi una scappatoia a distanza dall'imputato”.