Nell'ultima giornata del Sei Nazioni femminile l'Italia, allenata dall'aquilano Andrea Di Giandomenico e capeggiata in prima linea da Elisa Cucchiella delle Belve Neroverdi, ha stravinto 22-5 contro il Galles a Padova, entrando nella storia. Mai, negli ultimi quindici anni, una nazionale italiana di rugby aveva vinto così tanto e in una competizione così importante.
Le azzurre terminano la competizione al terzo posto, al pari merito con l'Irlanda, e dietro la Francia, comunque sconfitta dall'Italia a Badia Polesine (Rovigo) qualche settimana fa. Considerando che i colleghi dell'Italrugby nel Sei Nazioni maschile hanno mostrato tante ombre e pochissime luci, e che l'Italia è appena scivolata nel ranking mondiale 15esima (dietro la Georgia), si può affermare con tranquillità che le speranze della palla ovale italiana possono essere affidate anche e soprattutto al movimento femminile. Negli ultimi dieci anni, infatti, il numero delle tesserate è passato da mille a settemila.
Com'è altrettanto vero che il circuito mediatico nazionale mainstream non abbia ancora inteso le potenzialità del movimento rugbystico femminile del Bel Paese, rispetto ad altri movimenti che, in Europa, hanno una storia di ben altro spessore. Insomma, come sottolinea giustamente il collega Duccio Fumero sulle pagine di Rugby 1823, dopo anni di anonimato le azzurre del rugby avrebbero diritto a ritagliarsi uno spazio che garantisca una maggiore visibilità, più dello streaming web cui sono state relegate nel Sei Nazioni appena terminato.
Anche all'Aquila il movimento cresce. Nel capoluogo abruzzese c'è l'unica società tutta al femminile - cioè non legata a club di rugby maschile - presente in Italia. Oltre alla già citata Cucchiella, sono diverse le atlete che hanno vestito negli ultimi anni la maglia della nazionale, e attualmente sono una trentina le tesserate tra le file delle Belve Neroverdi, che negli ultimi tempi hanno intrapreso iniziative sul territorio e nelle scuole della città.