La "sottovalutazione dell'emergenza" e "il mancato coordinamento delle operazioni di soccorso alla popolazione", oltre che i dubbi sui "criteri utilizzati per la distribuzione di idonei mezzi per liberare la strada dalla neve, che non paiono affatto correlati alle effettive emergenze". Sono questi gli assi sui quali ruota un'informativa dei Carabinieri (Nucleo operativo ecologico di Pescara) del 7 febbraio scorso, di cui siamo in grado di svelarvi i contenuti.
Il documento delle forze dell'ordine, redatto nell'ambito dell'inchiesta che vede numerosi indagati per i fatti dell'Hotel Rigopiano, ruota intorno alla figura di Claudio Ruffini, all'epoca capo della segreteria del governatore d'Abruzzo Luciano D'Alfonso, e già politico di lungo corso (è stato sindaco di Giulianova e consigliere regionale del Partito Democratico).
Ruffini non risulta indagato, al momento.
Il 17 gennaio, giorno delle abbondanti nevicate sull'Abruzzo, qualche ora prima delle quattro scosse di terremoto che sconvolsero l'Alta valle dell'Aterno aquilano e generarono la valanga di Rigopiano, D'Alfonso aveva delegato Ruffini alla gestione dei mezzi spazzaneve e delle cosiddette "turbine". Ancora "prima di aver convocato il Comitato operativo regionale di Protezione Civile", scrivono gli inquirenti.
E nelle numerosissime chiamate inoltrate e ricevute tra il 17 e il 19 gennaio il capo dello staff di D'Alfonso - poi dimessosi in seguito all'inchiesta sugli appalti di Regione Abruzzo - emergerebbe secondo i Carabinieri una gestione confusa e approssimativa di quella tragica emergenza, che causò oltre alle 29 vittime di Rigopiano altri 7 morti nelle province di Teramo, Pescara e L'Aquila. Uno "smistamento" dei mezzi di soccorso che non sarebbe stata correlato alle esigenze, ma che al contrario sarebbe avvenuto in balia di condizionamenti da parte di consiglieri regionali e politici referenti di determinate aree territoriali.
La lentezza delle informazioni. Secondo quanto emerge dall'informativa, una delle criticità rilevate di quei giorni sarebbe la lungaggine con la quale sono state condivise le informazioni sulle turbine presenti sul territorio e in arrivo da fuori regione per dar manforte ai soccorsi. In questo Ruffini "ha gestito la delicata distribuzione dei mezzi non presidiando il luogo deputato al coordinamento dell'emergenza, se non per due ore e mezza, cioè dalle 15:30 alle ore 18 del 18 gennaio". Il restante tempo "è stato a casa propria o negli uffici della Regione Abruzzo in Viale Bovio a Pescara". Il 17 gennaio, addirittura, Ruffini sarebbe "rimasto tutto il giorno a casa a Giulianova, comunicando in ufficio di essere impossibilitato a prendere la propria autovettura a causa di un allagamento davanti al proprio garage".
Per gli inquirenti ciò ha determinato un "incomprensibile allungamento della linea di veicolazione delle informazioni con contestuali inevitabili sovrapposizioni e fraintendimenti, quando non addirittura non ha generato disposizioni confliggenti". Anche a causa dall'assenza dal luogo deputato alla gestione dell'emergenza (il palazzo della Provincia di Pescara) Ruffini avrebbe dimostrato inoltre di non conoscere intere aree di intervento, esprimendosi in tal senso ed esplicitamente anche nei riguardi dell'area dell'entroterra pescarese, la zona vestina di Farindola (Pescara) che ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane.
Il "dirottamento" delle turbine. Un altro accento evidenziato dagli investigatori pescaresi riguarda le parziali verità che Ruffini avrebbe riferito allo stesso D'Alfonso nel corso delle concitate ore che hanno viste protagoniste la neve e le scosse di terremoto.
Dopo un'intera giornata a chiedere e concedere mezzi, reperire autisti idonei alla guida di turbine e nel tentativo di rispondere ai rappresentanti istituzionali territoriali alla ricerca di aiuto, alle 23:28 del 18 gennaio Ruffini riceve la chiamata del consigliere regionale del Pd Luciano Monticelli. Quest'ultimo si lamenta perché un mezzo proveniente da Campobasso, che avrebbe dovuto servire la zona del Val Fino teramano, è stato invece "dirottato" a Ortolano di Campotosto (L'Aquila), su ordine dell'Anas. Ruffini a quel punto chiama il dirigente Anas Sandro Sellecchia, affermando con decisione che "deve andare nel Valfino, lo decide D'Alfonso e nessun'altro".
"Abbiamo avuto un'emergenza, c'è gente sotto a una slavina", risponde Sellecchia, riferendo di disposizioni ricevute dal capo dell'Anas in Abruzzo, Antonio Marasco. "Non se ne frega niente D'Alfonso, queste sono le disposizioni. E' un problema di D'Alfonso, non è un problema vostro", risponde Ruffini, sottolineando l'eventualità secondo la quale il governatore il giorno successivo possa andare a Roma per far trasferire Marasco: "Credo che la situazione si farà difficile per Marasco", profetizzando inoltre che il governatore possa "dare di matto".
Qualche minuto dopo, il capo dello staff chiama D'Alfonso riferendogli dell'arrivo di una sola turbina da Campobasso e del fatto che "Marasco e company" abbiano deciso di portarla ad Ortolano, "perchè dice che c’è stata una slavina.. dice che c'è stata una slavina che ha coperto una casa ma credo che problemi di persone, di vite umane, non ce ne stanno... mi sembra... non lo so esattamente...". Nella piccola frazione montana si verificherà una delle sette vittime di quelle ore (esclusa Rigopiano), mentre un'altra persona verrà tratta in salvo.
Il mancato coordinamento. La mancanza di coordinamento è lampante già il 17 gennaio, quando - come evidenzia l'informativa del Nucleo operativo ecologico di Pescara - Ruffini riceve e inoltra numerose chiamate, alcune delle quali smentiscono le precedenti o le successive. Emblematico è il caso di Atri (Teramo), dove c'è paradossalmente un forte esubero di mezzi di soccorso in attività, evidenziato con tono critico al telefono anche dallo stesso presidente della Provincia di Teramo, Renzo Di Sabatino.
Dalle intercettazioni emerge inoltre che la società di gestione delle autostrade abruzzesi, Strada dei Parchi, il 18 gennaio aveva messo a disposizione, già dalla mattina, un mezzo destinato a soddisfare le esigenze della zona vestina (compreso il comune di Farindola, dov'era l'Hotel Rigopiano) ma nessuno sarebbe andato a prelevare il mezzo fino a sera, quando si è recato il personale dell'Anas: "Su tale circostanza le conversazioni intercettate sono di una chiarezza straordinaria", si legge nelle considerazioni degli inquirenti. Alle ore 15 del 18 agosto, inoltre, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, chiama Ruffini, "ben prima del verificarsi della terribile nota slavina", scrivono i carabinieri. Quest'ultimo non risponde, né mai lo richiamerà nelle ore successive.
"Conteremo i morti". E poi ci sono i commenti, che evocano più di ogni altra cosa i sentimenti di imbarazzo da parte di alcuni attori. Gabriele Minosse, sindaco di Cortino (Teramo), si lamenta di D'Alfonso e del fatto che Ruffini non gli risponde al telefono con il Consigliere regionale teramano Sandro Mariani. Imbarazzante, quanto drammatico, anche l'sms che Ruffini riceve alle 21:45 del 18 gennaio, da parte di Giuseppina Manente, dirigente della provincia di Teramo: "Qui conteremo i morti per carenza di soccorsi, forse non vi state rendendo conto", o la chiosa ad una telefonata da parte del consigliere regionale di Forza Italia Lorenzo Sospiri: "La gente sta morendo e voi non vi rendete conto".
E' chiaro, ma ci teniamo a sottolinearlo, che i 36 morti di quelle ore non siano stati causati direttamente dalla gestione dell'emergenza. Com'è chiaro e doveroso ribadire che non è umanamente possibile che una persona sola possa governare e coordinare una tale mole di informazioni in un momento di confusione e forte crisi.
Ma, appunto per questo, perché è stata affidato lo "smistamento" di tutte le turbine della Regione a un membro della segreteria del presidente D'Alfonso? Perché, come sottolineano i carabinieri, lo si è fatto persino prima del Comitato operativo regionale? Era davvero impossibile fare di meglio, considerando l'ampia previsione della neve da parte dei servizi meteo e la terra che nell'Alto Aterno aquilano tremava ormai dall'agosto precedente?
Forse il problema, allora, non sono gli errori umani o la mancanza di mezzi, ma il sistema che incrocia mezzi e uomini. E li governa.