Giovanni Palumbo, proprietario di una nota macelleria che fu tra le prime attività commerciali a tornare in centro subito dopo il terremoto, è preoccupato. Si è da poco dovuto trasferire, affrontando l'ennesimo trasloco, da via Leosini, dove aveva riaperto nel 2010, a via Garibaldi. Rimanere nel vecchio negozio era impossibile, nel palazzo sono partiti i lavori.
Giovanni è preoccupato perché, tra pochi mesi, potrebbe essere costretto ad andarsene anche da qui. Entro la fine dell'anno, infatti, almeno stando al cronoprogramma presentato dalla Gsa, su via Garibaldi dovrebbero partire i lavori dei sottoservizi. Né Giovanni né gli altri commercianti della zona sanno se potranno rimanere aperti o se dovranno trovarsi, seppur in via temporanea, un'altra sistemazione, visto che l'area verrà completamente cantierizzata.
A pesare è soprattutto la scarsa comunicazione che c'è stata finora da parte della stessa Gran Sasso Acqua (la stazione appaltante dei lavori) e dell'amministrazione comunale. Tutti lamentano di non essere stati informati.
Qualche settimana fa si è costituito una sorta di tavolo tecnico-istituzionale permanente, che si riunirà una volta al mese, nel quale dovrebbero essere affrontate, discusse e risolte le varie criticità. I negozianti, però, la giudicano un'iniziativa tardiva: "Bisognava pensarci prima" è il pensiero di molti. Tanto che qualcuno arriva ad appoggiare la provocazione del presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti, che ha proposto di bloccare il progetto del tunnel intelligente nell'asse centrale per dare la priorità al rientro dei cittadini e delle attività commerciali.
La paura degli esercenti, che già sono costretti a convivere quotidianamente con mille difficoltà, è che possa succedere anche qui quanto è accaduto a via Sallustio, dove il ritrovamento di alcuni reperti archeologici nel sottosuolo e il conseguente intervento della Soprintendenza ha bloccato i lavori per mesi.
"Siamo molto preoccupati" dice a NewsTown Giovanni "Certo i lavori si devono fare ma bisognava programmarli per tempo. Se si ripetesse anche qui quello che è successo a via Sallustio per noi sarebbe la fine. Chiudere venti giorni sarebbe anche possibile ma se si trattasse di mesi non potremmo. La nostra sopravvivenza dipende da questo negozio. Ci vorrebbe più informazione".
E c'è anche chi minaccia di abbandonare la città qualora si prospettasse una chiusura prolungata. "Chiudere? Non se ne parla" dice il proprietario di un pub, che però preferisce rimanere anonimo. "La nostra sopravvivenza dipende da questo lavoro, se fossimo costretti a fermarci per troppo tempo ce ne andremmo dall'Aquila. Non possiamo permettercelo. Del resto, pensare di rimanere aperti con gli scavi, le ruspe e tutto il resto è assurdo".
"Brancoliamo nel buio" dice Tullio Manieri, titolare di una storica pasticceria su via Garibaldi: "Non c'è chiarezza né da parte del Comune né da parte della Gsa. La prospettiva è quella di chiudere se non ci daranno aiuti o indennizzi. Ho riaperto nel 2010 e con le associazioni di categoria e il Comune si era concordato che si sarebbe trovato un modo per regolamentare i cantieri ma tutto ciò non è mai stato fatto. Neanche loro hanno le idee chiare, la Soprintendenza li incalza. La proposta di Benedetti? Mi sembra giusta. Ci si poteva pensare prima, prima di far rientrare commercianti e residenti".
C'è anche chi, come Nino Cavallo, proprietario di una delle gioiellerie più importanti dell'Aquila, che ha da poco riaperto lungo il Corso, sarebbe disposto ad affrontare un sacrificio; a patto, però, che venga fatta chiarezza su tempi e durata dei lavori: "Finora non abbiamo avuto nessun tipo di comunicazione, procediamo a tentoni. Aspettiamo. Spero che i lavori inizino il prima possibile e che durino il meno possibile. La proposta di Benedetti mi sembra una provocazione perché se i lavori sono necessari occorre farli il prima possibile, inutile rimandare per poi farli tra cinque anni. Adesso qui in centro siamo ancora in pochi ma quando saremo in tanti i sottoservizi produrranno un danno enorme. Era previsto che dovessimo sacrificarci un po'. Il Comune, però, potrebbe venirci incontro abbassando le tasse o facendosi carico di parte dell'affitto".