Mercoledì, 18 Dicembre 2013 15:58

Consiglio comunale, venerdì il voto sulle 'aree bianche': atmosfera incandescente

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“Un traguardo importante ai fini della normazione di aree che, da oltre trent’anni, aspettavano di essere ridefinite da un punto di vista urbanistico". A dirlo, l'assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano che, ad inizio settembre, commentava così la sospirata firma sul protocollo d’intesa tra il Comune e la Provincia dell’Aquila per la definizione della destinazione urbanistica delle cosiddette 'aree bianche', quasi 7 ettari di zone vincolate dal Piano regolatore generale del 1976 ad essere destinate a servizi, verde pubblico, parcheggi e attrezzature generali. Vincoli espropriativi decaduti e su cui il Comune dell'Aquila aveva colpevolmente tardato ad esprimersi nonostante le ripetute condanne del Tar Abruzzo per protratta 'lacuna' legislativa.

L'intesa conteneva anche la variante di salvaguardia per la cessione perequativa degli standard urbanistici per evitare, così, "la fine dei commissariamenti disposti dal Tar che, oltre a costituire una spesa per l’ente comunale, andavano a fissare disparati indici edificatori, rischiando di invalidare e compromettere ogni futura pianificazione urbanistica da parte del Comune, che è competente per legge”.

In effetti, i ritardi dell'amministrazione hanno consentito negli anni ai proprietari dei terreni di ricorrere al giudice amministrativo che non ha potuto far altro che nominare commissari ad acta per emanare provvedimenti che avrebbe dovuto emettere l'Amministrazione inadempiente. I commissari, in altre parole, hanno normato le aree al posto delle istituzioni, con indici di edificabilità slegati da una visione urbanistica complessiva.

Poco più di tre mesi dopo, venerdì 20 dicembre, il documento sarà discusso in Consiglio comunale per l'approvazione. E si preannuncia una vera e propria battaglia tra maggioranza e opposizioni. Con numeri non così certi visto che molti consiglieri, da proprietari di 'aree bianche', non potranno votare.

"Siamo soddisfatti di aver costretto il Comune a firmare l’intesa - dichiarò al momento dell'accordo l'allora assessore provinciale Roberto Tinari che, proprio stamane, ha rassegnato però le dimissioni - ora veglieremo affinché il sindaco Cialente porti all’attenzione del Consiglio comunale della città il nuovo Piano regolatore, prima di Natale. In caso contrario ci vedremo costretti a denunciare le omissioni”.

La posizione del centrodestra in Provincia era chiara e, presumibilmente, anche se i consiglieri comunali ed oramai ex assessori - Roberto Tinari e Guido Quintino Liris - sono usciti dalla maggioranza non è affatto cambiata: l'intesa non è politicamente condivisa. E il centrodestra darà battaglia.

La delibera, che sarà discussa venerdì, stabilisce che sulle zone normate si potrà costruire con un indice di 0.08 metri cubi per metro quadrato. Un indice ben più largo di quello indicato dalla rete "Stop al consumo del territorio" che, nel novembre del 2011, aveva proposto una bozza di delibera per il Consiglio che si richiamava, espressamente, all’articolo 49 della legge regionale 70 del 1995 e che, “in caso di vincoli scaduti, ammette esclusivamente le ristrutturazioni edilizie degli edifici residenziali, o, gli interventi di cui all’articolo 4 della legge 10 del 1977, previsione introdotta dal legislatore proprio per normare il territorio anche in assenza o di decadenza del Prg".

Il comitato aveva proposto, invano, l’adozione immediata di una 'variante di salvaguardia' che concedesse la realizzazione di interventi progettuali con un indice di utilizzazione fondiaria di 0.03 metri cubi per metro quadrato sul 50% dell’area, riservandosi la disponibilità del restante 50% nell’interesse della collettività per la realizzazione di aree verdi e servizi.

Proposte che non sono state accolte: si è posto comunque un freno all'attività dei commissari, arrivati fino allo 0.65. Gli interventi saranno in ‘comparti’ di minimo un ettaro, 10 mila metri quadrati e, soprattutto, attraverso una perequazione, in parole povere uno scambio tra il Comune e i proprietari. Insomma, si potrà costruire dentro un’area cedendone un pezzo al Comune nelle proporzioni di 70-30.

Staremo a vedere cosa succederà al momento della discussione. Incandescente perché, oltre al centrodestra e per diversi orientamenti politici, anche il gruppo consiliare di Appello per L'Aquila si è espresso in termini molto critici chiedendo, qualche giorno fa, il ritiro della delibera. "La cronaca degli ultimi trenta anni è fatta dell’abbandono di ogni governo urbano della città; segnata da continui sfregi 'in variante' al Piano Regolatore Generale, in un crescendo di strumenti parziali di intervento, utili solo a legittimare legislativamente la totale deregolamentazione e il piegarsi dell’Autorità Pubblica ad un grumo di interessi proprietari: delle terre, dell’edilizia, delle banche, la politica è stata subalterna o complice", si leggeva in una nota. 

"Gli interventi edilizi della fase dell’emergenza, lo stallo nella ricostruzione del cuore della Città, gli abusivismi predatori fanno da sfondo a scelte e strumenti che l’Amministrazione Comunale pone in campo: mai dotati di visione complessiva, mai democraticamente partecipati, ma sempre parziali; sempre attenti a mettere risorse pubbliche al servizio di interessi privati".

In particolare, Appello per L'Aquila criticava la scelta di procedere a 'perequzione urbanistica' per il complesso delle aree comunali, sottoposte a vincolo dal vecchio Piano Regolatore Generale, ma mai acquisite alla pubblica utilità: "la definitiva e drammatica sconfitta della possibilità di dare un senso civico e urbano alla città oggi trasformata in una sterminata e brutta periferia, popolata solo da file di automobili".

"Se il Consiglio approverà questa Delibera, sarà possibile raggruppare aree tra loro distanti per raggiungere la superficie necessaria ad edificare; basterà proporre un progetto e compito del Comune sarà soltanto accettare quanto proposto. Sarà il trionfo di una edilizia neanche più 'contrattata', ma 'libera': libera di servire interessi privati e mai pubblici. La quantità enorme di territorio, 730 ettari, che rientra in questa fattispecie, di fatto consegna qualunque possibilità di ripianificazione alla pura e semplice presa d’atto delle trasformazioni che l’emergenza e gli interessi privati hanno prodotto sul nostro Territorio".

Parole che hanno scatenato la reazione dell'assessore alla Ricostruzione, Pietro Di Stefano. "La richiesta del gruppo consiliare di Appello per L'Aquila di ritiro della delibera di prossima discussione in Consiglio Comunale sulle aree bianche, produce, paradossalmente, proprio quello che si dichiara di voler scongiurare: il perdurare del saccheggio urbanistico di questa città".

A sentire Di Stefano, la normazione delle aree bianche metterebbe fine al più libero far west edificatorio e, di conseguenza, a tutti i commissariamenti a cui ancora oggi si soccombe per legge. "E' l'atto pianificatorio anticipatorio del prossimo PrG. Una sorta di salvaguardia e anteprima normativa che inizia a riportare ordine nella totale assenza di questi ultimi trent'anni".

L'assessore ha spiegato che l'illegittima permanenza dei vincoli ha portato fino ad oggi al proliferare di sentenze a carico dell'Ente che certo non si uniformano alla delibera (già approvata dalla Giunta e concordata con la Provincia) e che hanno prodotto atti tra loro separati e disorganici che curano esclusivamente il diritto edificatorio del singolo con indici di gran lunga più alti rispetto a quelli della delibera e per giunta scevri di quelle cessioni che tutelerebbero la comunità con un disegno unitario e strategico.

"Il principio perequativo esistente nella delibera assegna infatti il 65% di cessione per opere di interesse pubblico (verde pubblico attrezzato, parcheggi, servizi) e impone ai proprietari confinanti di operare in proposte unitarie e organiche con lotti minimi di 1.500 mq. Invece per lotti superiori ai 5000 mq sono previsti anche Piani particolareggiati che in seguito dovranno essere sottoposti all'attenzione dell'amministrazione pubblica. La normazione inoltre facilita interventi diversi dall'edificatorio residenziale in senso stretto per aprire anche a strutture di servizio".

Poi, l'affondo: "Sembra quasi che APL, con la sua sortita, voglia cooperare con chi vuole sfregiare il territorio a vantaggio di interessi fondiari non sempre trasparenti".

Il gruppo consiliare, però, ha inteso ribadire la propria contrarietà alla delibera a qualche ora dal Consiglio comunale. "Non sono accettabili le sollecitazioni in nome dell’emergenza dovuta al proliferare dei commissariamenti, che rappresentano semmai il risultato di anni di colpevole inadempienza nella pianificazione del territorio da parte dell’amministrazione comunale stessa".

Pur condividendo il principio della cessione di aree al Comune in cambio del diritto all’edificabilità dell’area e - in questo senso - la percentuale di edificabilità proposta dalla Delibera di Giunta, Apl propone che il costruito raggiunga un'altissima qualità edilizia quanto a sostenibilità ambientale: classe energetica A e capacità di autoprodurre almeno il 50% del fabbisogno energetico.

Poi le altre indicazioni che - se approvate in forma di emendamenti - convincerebbero il consigliere Di Cesare a votare la delibera: "Al fine di limitare la speculazione, proponiamo che l’edificabilità a carattere residenziale riguardi singole aree, di superficie anche inferiore all’unità minima di intervento prevista, purché si tratti della prima casa che piccoli proprietari vogliano realizzare per sé o per i propri figli. Sì a destinazioni non residenziali che favoriscano lo sviluppo del territorio e la riqualificazione di quartieri o frazioni, attraverso investimenti di privati, in aree anche oggetto di accorpamento all’interno dello stesso quartiere o della stessa frazione, purché siano preventivamente determinate da parte del Consiglio Comunale, su proposta dell’Assessorato competente, in modo da tener conto delle dotazioni esistenti e da ampliare e diversificare l’offerta dei servizi soprattutto nelle zone finora dimenticate".

E ancora: "A tutti i proprietari di 'aree bianche' si dia un anno di tempo per esercitare l’opzione ad edificare presentando l’apposita progettazione; trascorso il periodo, l’area si considererà 'zona agricola di rispetto ambientale', in modo da chiudere velocemente questa vicenda e lavorare finalmente al nuovo PRG. Non è possibile, poi, rinunciare al principio della netta separazione tra territorio urbanizzato e rurale che è il cardine di qualsiasi efficace politica di contenimento del consumo di suolo. Deve, quindi, essere introdotta la perimetrazione dell’abitato quale argine all’espansione edilizia prevista, per porre un freno una volta per tutte al fenomeno della dispersione urbana e a tutto ciò che ne consegue in termini di qualità del paesaggio e vivibilità. Un limite invalicabile anche per il nuovo PRG. Se ci si rinuncia ora, quale sarà, se ci sarà, il nuovo confine entro il quale pianificare la trasformazione della città?".

Questo complesso di interventi sulla proposta di Delibera della Giunta Comunale, il 20 dicembre potrebbe essere approvato dal Consiglio Comunale dell’Aquila, in forma di emendamenti. "Appello per L’Aquila lo mette a servizio della città, dei suoi cittadini e delle sue forze produttive, perché ci sia, finalmente, il giusto equilibrio tra esigenze comuni e aspirazioni individuali; tra tutela del territorio e sviluppo sostenibile e qualificato. Affinché non si continui ad edificare in modo insensato devastando la bellezza dell’Aquila, ma anche deprezzando il valore di quanto già esiste e che è già sovradimensionato rispetto al necessario".

Ultima modifica il Mercoledì, 18 Dicembre 2013 16:45

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