Della vicenda ci eravamo occupati nel maggio di tre anni fa [qui].
Avevamo denunciato come la struttura in acciaio spuntata qualche tempo prima sul piazzale della stazione ferroviaria, laddove, per intenderci, aveva sede il Consorzio agrario, a pochi passi dalle 99 Cannelle e dal Munda, a ridosso delle mura urbiche recuperate, sembrasse assai più alto dell'edificio pre-sisma, di proprietà della Giuseppe Moro srl.
L'allora assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano, ai nostri microfoni, aveva chiarito come il cantiere fosse fermo proprio perché non aveva convinto gli uffici per le altezze rispetto al progetto: "stiamo facendo approfondimenti", ci aveva svelato.
Ebbene, sono passati più di tre anni e, da allora, si è avviato un braccio di ferro giudiziario che ha portato, nei giorni scorsi, ad una sentenza del Tar che, di fatto, ha respinto il ricorso del proprietario dell'edificio che aveva impugnato una ordinanza del Comune dell'Aquila, emessa nell'aprile 2018, che intimava la demolizione delle parti ritenute abusive.
A darne notizia è il quotidiano Il Centro.
Nel ricorso, il proprietario aveva chiesto l'annullamento del provvedimento per "violazione del principio ad una buona amministrazione specificato come diritto della persona di essere trattata con imparzialità ed equità ed essere ascoltata prima dell'adozione di un provvedimento pregiudiziale" oltre che per eccesso di potere. Tuttavia, il Tar ha ribadito come fosse stata adottata una modalità costruttiva difforme da quella indicata in sede di domanda di permesso a costruire - edificio in acciaio invece che in calcestruzzo armato - e cristallizzata nel conseguente permesso a costruire. Inoltre, i giudici hanno rilevato come la costruzione si discosti nettamente da quella pre-esistente, con una altezza di oltre 2 metri superiore. E se è vero che, in corso d'opera, il proprietario ha presentato due richieste di variante, è vero anche che lo strumento può essere utilizzato soltanto in relazioni a lievi difformità dal progetto che si rendano necessarie per ragioni tecniche non previste o non prevedibili al momento della redazione.
Dunque, l'edificio costruito in difformità va demolito a spese del proprietario. Ora, è lecito attendersi un ricorso in Consiglio di Stato.