Martedì, 17 Giugno 2014 13:10

Tangenti nella ricostruzione dei beni culturali. Indagato anche Magani

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Tre nuovi indagati spuntano fuori dall’inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila denominata “Betrayal” su presunte tangenti nella ricostruzione di beni culturali ed ecclesiastici del capoluogo abruzzese che ha portato all’arresto di 5 persone e all’iscrizione sul registro di altri 12.

Si tratterebbe di tre delle persone che ieri mattina sono state oggetto di perquisizione domiciliare. Tra questi Fabrizio Magani, che fino al 16 aprile scorso è stato il direttore regionale dei Beni culturali.

Magani, che ha ereditato la responsabilità del recupero di beni culturali ed ecclesiastici dopo la fine della gestione commissariale di Luciano Marchetti, finito ai domiciliari nella stessa inchiesta, è stato confermato in Abruzzo dal ministro competente Dario Franceschini con una dichiarazione ai giornalisti del 17 aprile scorso, ma è ancora in attesa della nomina ufficiale che dovrebbe arrivare alla fine del percorso amministrativo attivato nelle scorse settimane. Non a caso, nei giorni passati un gruppo di imprese ha denunciato ritardi nei pagamenti da parte della direzione regionale, addebitabile al fatto che l’erogazione delle spettanze non rientra nell’ordinaria amministrazione, ma deve essere firmata dal direttore in carica. Magani nei mesi scorsi era stato nominato dall’ex ministro Massimo Bray vice commissario del Grande progetto Pompei.

Un altro indagato sarebbe un rappresentante dell'impresa Italiana Costruzioni Spa del gruppo Navarra, la cui sede a Roma è stata perquisita ieri mattina. Italiana Costruzioni si è aggiudicata l’appalto pubblico per il restauro della chiesa delle Anime Sante, al centro dell’inchiesta, al termine di un lungo e sofferto iter, in associazione con la Fratelli Navarra Srl.

 

La vicenda Corruzione, falso, turbativa d’asta, millantato credito ed emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Un vero e proprio sistema di mazzette nell’ambito della ricostruzione per accaparrarsi appalti per il recupero di beni culturali ed ecclesiastici.

Con questi pesantissimi atti d'accusa, all'alba, la Polizia e la Guardia di Finanza hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare: sono finiti in carcere l'imprenditore Nunzio Massimo Vinci e la funzionaria del Mibac Abruzzo Alessandra Mancinelli. Ai domiciliari, invece, l'ex vicecommissario alla ricostruzione dei Beni culturali Luciano Marchetti, all'epoca braccio destro di Guido Bertolaso, e gli imprenditori Patrizio Cricchi e Graziano Rosone. In totale, gli indagati sono 17. 

L’operazione, denominata "Betrayal", è scattata su disposizione della Procura della Repubblica dell’Aquila. Le ordinanze sono state emesse dal giudice delle indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella 

I provvedimenti costituiscono l’esito di una complessa e lunga indagine sulle procedure della ricostruzione e il consolidamento di alcuni edifici ecclesiastici e di altri beni culturali, di particolare rilievo storico-artistico, che si trovano nel centro storico del capoluogo abruzzese, gravemente danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009. Si tratta, in particolare, della Chiesa delle Anime Sante, in piazza Duomo, e della chiesa di Santa Maria Paganica

L’attività investigativa, coordinata dal procuratore della Repubblica Fausto Cardella e dai sostituti Antonietta Picardi e David Mancini, è stata svolta, congiuntamente, dal nucleo di polizia Tributaria delle Fiamme Gialle e dalla squadra Mobile della Questura del capoluogo.

"Sono venute a maturazione ben tre indagini collegate tra loro e che attengono alla ricostruzione", ha spiegato Cardella. "Sono ancora in corso delle perquisizioni in diverse città d'Italia, da Roma a Bologna fino a Rieti, dunque non possiamo dire molto di più. Certo è che chi cerca di arricchirsi approfittando della tragedia che ha sconvolto L'Aquila tradisce il Paese e la città, di qui il nome dell'indagine 'Betrayal', tradimento in inglese".

Cardella ha poi sottolineato la proficua collaborazione tra inquirenti e squadre di investigazione: "Non c'è indagine che possa essere condotta senza la capacità e l'attitudine alla collaborazione tra forze di polizia. E non c'è Pubblico ministero che possa dire di saper dirigere una indagine se non è capace di coordinare le forze di polizia. In questi due anni di investigazione, c'è stata la massima collaborazione. Siamo pochissimi, qui a L'Aquila: come magistrati e forze di polizia, siamo in difficoltà. Dunque, per portare a compimento le tre indagini è stata determinante la partecipazione del personale amministrativo".

Anche il questore dell'Aquila, Vittorio Rizzi, ha elogiato "la perfetta sintonia tra inquirenti e forze di polizia che ha consentito di mettere in luce illecite condotte poste in essere da imprenditori, liberi professionisti e pubblici funzionari nella ricostruzione del patrimonio della Curia Aquilana".

"L’eccellente lavoro della Magistratura e delle Forze di Polizia - ha spiegato - dimostra l’attenzione degli inquirenti al delicato tema della ricostruzione e l’efficacia dell’azione di contrasto indispensabile per assicurare il corretto rispetto delle regole".

Non esiste un 'sistema L'Aquila' del malaffare, ha concluso Rizzi: "Esiste piuttosto una squadra L'Aquila, di prevenzione ed indagine, che funziona e che è capace di smascherare le condotte illecite di alcuni". D'accordo il comandante della Guardia di Finanza, Francesco Attardi: "La città aveva bisogno di un segnale. Non c'è un 'sistema L'Aquila' e, ove ci fosse qualcosa di particolare, siamo pronti a tirare fuori l'eventuale marcio del sistema della ricostruzione".

Un po' fuori dal coro Maurilio Grasso, capo della squadra mobile: "Non ci sarà un sistema L'Aquila, ma nelle due indagini che abbiamo condotto dal mio arrivo in città emerge un quadro ben delineato di soggetti interessati ad aggiudicarsi appalti mediante il pagamento di tangenti. Imprenditori, faccendieri, architetti, ingegneri che, a diverso titolo, sono interessati ai lavori di ricostruzione. Poi, ci sono i mediatori che tentano di far ottenere gli appalti a chi è interessato. E in alcuni casi, si tratta di funzionari pubblici. Dalle intercettazioni, emerge il concetto che si debba pagare per lavorare a L'Aquila. Non sarà certo una costante, ma il dato emerge abbastanza chiaramente".

A disegnare almeno i contorni della vicenda, la sostituta Antonietta Picardi che ha coordinato l'inchiesta con il collega David Mancini: "E' vero che è stata condotta una indagine, è vero che sono stati commessi dei reati abbastanza gravi, ed è vero anche che non esiste un 'sistema L'Aquila'. Ed è la cosa più importante. L'indagine è incentrata su alcuni imprenditori che avevano degli interessi specifici: riuscire ad ottenere i soldi impegnati per la ricostruzione dei beni culturali ecclesiastici e dei beni pubblici tramite dei metodi non corretti. Ad esempio: ci sono delle Chiese che hanno canoniche accorpate, e la canonica viene considerata casa privata. Dunque, si sono affidati incarichi specifici a progettisti e ditte secondo le regole della ricostruzione privata, e si è tentato poi - con una modifica del Dpcm - di considerare la chiesa pertinenza della casa privata. La legge lo impedisce e il Comune dell'Aquila, tengo a sottolinearlo, si è battuto in varie riunioni per dire che non avrebbe mai apposto la firma per la modifica del Dpcm, evidenziandone l'irregolarità".

Non solo tangenti per vedersi assegnati dei lavori di ricostruzione, dunque. 

 

E' questo, il nodo della vicenda. Negli ultimi mesi dell'anno passato, la Curia ha tentato di ottenere dalla presidenza del Consiglio dei ministri un 'decreto' che la promuovesse soggetto attuatore della ricostruzione al posto della Direzione Regionale modificando il Dpcm Abruzzo del 4 febbraio 2013. Contava, così, di assumere la responsabilità di appaltare finanziamenti pubblici per il recupero dell'immenso patrimonio ecclesiastico. Come si trattasse di semplici aggregati e non di beni pubblici della città. La Chiesa avrebbe controllato la ricostruzione privata, caratterizzata da strutture non vincolate dalla Soprintendenza, e anche la ricostruzione pubblica.

Per evitarlo, il sindaco Massimo Cialente - nel dicembre 2013 - prese carta e penna e scrisse al Presidente della Repubblica: "Alcuni mesi fa - denunciò - a mio avviso inspiegabilmente, è stato rimosso il Provveditore alle Opere pubbliche, Ing. Donato Carlea, oggi viene rimosso Fabrizio Magani (con il Ministro Franceschini, Magani è stato poi confermato nel suo ruolo qui a L'Aquila ndr). Parlo di rimozione perché, come Ella saprà, il dott. Magani viene retrocesso a vice direttore vicario per Pompei (anche con netta riduzione di stipendio). Il ministro Bray si è giustificato affermando che ha bisogno di una persona di valore [...]. Non riesco a capire il motivo per il quale, a parità di capacità, debba andar via colui che sta coordinando alcuni dei più complessi interventi nella storia del Paese".

Poi la denuncia, decisa: "Qui a L'Aquila siamo convinti che il dott. Magani venga rimosso in quanto ostacolo di un disegno che si è tentato e si sta tentando di inserire come norma di legge che vedrebbe la Curia, la più grande immobiliarista della città, diventare soggetto attuatore per la ricostruzione di tutti i suoi edifici. [...] Noi abbiamo fondati sospetti che la rimozione del dott. Magani sia un tassello di un disegno, non considerato pienamente nelle conseguenze, che potrebbe comportare, addirittura, che i fondi per la ricostruzione delle case andranno a ricostruire le Chiese".

Un vero e proprio atto d'accusa. Senza mezzi termini. Firmato dal sindaco dell'Aquila, destinatario il Presidente della Repubblica. Cialente decise di rendere pubblica la lettera al momento di presentare le dimissioni per lo scandalo 'Do ut Des' che aveva travolto la sua Giunta. Lasciò intendere di essere stato abbandonato, di aver pagato alcune scelte. Sappiamo tutti come è andata a finire: qualche giorno dopo, il primo cittadino ritirò le dimissioni.

La lettera resta, però. Così come la reazione della Curia, che non mancò di rispondere all'affondo di Cialente: "Spiace dover riconoscere che nella lettera del Sindaco dimissionario al Presidente Napolitano, in relazione alla cosiddetta richiesta della Curia Aquilana, non ci siano corrette informazioni", scrisse in una nota l'Arcidiocesi cittadina. "Si preferisce in questo momento di grande confusione non entrare in polemiche inutili e sterili. Si tratta di una richiesta fatta da tutti i Vescovi della Conferenza di Abruzzo e Molise (CEAM), che quindi non interessa solo l’Aquila, perché anche in Abruzzo si possa seguire la stessa procedura adottata - per le chiese e gli edifici ecclesiastici - nei terremoti avvenuti in Umbria, nelle Marche e recentemente in Emilia e Lombardia". Il riserbo mantenuto sinora sull’iter della richiesta - spiegò l'Arcidiocesi - "è dovuto al rispetto delle procedure e per evitare la diffusione di informazioni incomplete sino a quando non si giunga a un accordo conclusivo. [...] Il Mons. Petrocchi si è premurato, negli incontri avuti nelle competenti sedi istituzionali, di far inserire nella proposta di norma cui si fa riferimento, la possibilità di fare convenzioni con altri Enti (Comune, Provveditorato Opere Pubbliche e Direzione Regionale dei Beni Artistici e Ambientali) per affidare ad essi la gestione dei finanziamenti e degli appalti riguadanti le Chiese. Infine, va detto con tutta franchezza, che l’unico intento della Curia aquilana è poter disporre di regole meglio articolate e certe, in grado di determinare con chiarezza modalità, entità e tempi dei finanziamenti per la ricostruzione del patrimonio ecclesiastico, con la motivata volontà di contribuire così alla rinascita spirituale, culturale e sociale della nostra Città".

L'accordo non verrà mai raggiunto. Ci furono, però, pressioni ad altissimi livelli. In particolare, una lettera firmata da monsignor D'Ercole e inviata - a nome dei Vescovi della Conferenza di Abruzzo e Molise - a Gianni Letta. "Colpisce il tentativo di variazione della normativa finalizzato a modificare il soggetto attuatore portato in essere da personaggi di piccolo spessore", si è lasciato andare il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Giovanni Castrignanò. Ha poi aggiunto il sostituto David Mancini: "Il tentativo di arrivare ad una modifica legislativa, di per sé attività di lobbying non illecita, se messa in relazione con altre attività poste in essere per condizionare l'affidamento degli appalti, diventa la ciliegina sulla torta".

Il procuratore Fausto Cardella ha inteso chiarire come la Curia sia comunque assolutamente estranea alle indagini: "Le persone che hanno cura di anime sono tendenzialmente portate - lo dico con molta benevolenza - ad essere ingenue e possono essere, così, preda di qualche facile speculatore".

Il ruolo chiave di Marchetti. L'inchiesta che ha portato ai cinque provvedimenti di custodia cautelare ruota intorno alla figura di Luciano Marchetti, ex vicecommissario ai Beni culturali alla ricostruzione e a Alessandra Mancinelli, funzionaria del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibac) Abruzzo.

Marchetti si sarebbe firmato degli incarichi da progettista mentre era ancora in carica come vicecommissario.

All'epoca, era uomo molto vicino a Guido Bertolaso: nominato vice commissario, è stato poi confermato dopo l'uscita del capo della Protezione civile e la nomina dell'allora presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, come commissario per la ricostruzione. È andato via dall'Aquila nel dicembre 2011. In passato era stato alto dirigente del ministero dei Beni culturali e commissario per la Domus Aurea. Mentre lavorava all'Aquila era spuntato il suo nome tra i 450 di clienti della cosiddetta «lista Anemone» che avrebbero beneficiato a vario titolo dei lavori dell'imprenditore indagato nella maxi inchiesta dei grandi appalti. Ha ricoperto incarichi anche nella gestione del post-terremoto di Marche e Umbria. È stato anche direttore regionale dei Beni culturali nel Lazio.

Lo scambio di tangenti ripreso in un video. Al centro dell'inchiesta la ricostruzione di due importanti chiese distrutte dal terremoto: le Anime Sante in Piazza Duomo e Santa Maria Paganica. Esiste anche un filmato che testimonia il pagamento di una tangente dell'1% sui 19 milioni necessari per la ricostruzione proprio di Santa Maria Paganica: quattro dei cinque arrestati, si incontrarono in un ristorante di Carsoli per il pagamento della mazzetta. Si tratta di 10mila euro che sarebbero l'anticipo di una tangente pari a 190mila euro che, come si legge nell'ordinanza del Gip, Giuseppe Romano Gargarella, equivale appunto all'uno per cento dei 19milioni dell'appalto. Lo scambio del denaro sarebbe avvenuto il 7 giugno del 2013 in un ristorante di Carsoli dove Massimo Vinci avrebbe consegnato, per conto di Patrizio Cricchi, una busta con 10mila euro in contanti a Luciano Marchetti, ex vice commissario dei beni culturali, in quel momento progettista alla ricerca di incarichi e appalti e intermediario della Direzione dei Beni culturali anche attraverso lo stretto rapporto con la funzionaria della direzione del Mibac, Alessandra Mancinelli, finita in carcere, e l'architetto Giuseppe Di Girolamo, indagato. 


Gli altri indagati. Gli altri indagati nell'ambito dell'operazione Betrayal sono: Carlo Cricchi, 71 anni, nato ad Antorodoco (Rieti) e residente; Giuseppe Di Girolamo, 60 anni, nato a Rapino (Chieti) e residente a Chieti; Antonio Ciucci, 45 anni, nato a Roma e residente; Cristiano Incontro, 35 anni, nato a Lentini, residente a Carlentini (Siracusa) e domiciliato all'Aquila; Vincenzo Altorio, 59 anni, nato in Canada e residente a Avezzano; Francesco Girasante, 65 anni, nato a Pescara e residente; Carmine Falasca, 67 anni, nato a Chieti e residente a Pescara; Mario Proietti, 42 anni, nato a Viterbo e residente; Carlo Lufrano, 47 anni, nato a Chieti e residente; Marco Calderoni, 40 anni, nato a Roma e residente; Fausto Anzellotti, 64 anni, nato a Roma e residente; Ilona Busova, 45 anni, nata a Uhrske Hradiste (Repubblica Ceca) e residente a Chieti. Tutti gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d'ufficio; falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; distruzione e occultamento di atti veri; uso di atto falso; turbativa d'asta; millantato credito; emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.


Le reazioni: Cialente, Trifuoggi, Leone, Pezzopane, Pietrucci, M5S L'Aquila

"A nome mio personale, dell’intera municipalità, di tutte le aquilane e gli aquilani, ancora una volta voglio ringraziare, per il loro prezioso e continuo lavoro, la magistratura e tutte le forze dell’ordine".

Il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente commenta così, in un comunicato stampa, l'inchiesta della Procura dell'Aquila.

"Fermo restando" scrive il primo cittadino "che spetterà ai magistrati stabilire le responsabilità o l’estraneità di coloro che, di volta in volta, vengono indagati, è fondamentale che, a fronte dell’improbo compito di ricostruire una città capoluogo di regione, tra le più ricche di monumenti, chiese ed edifici storici d’Europa, vigilare, prevenire, ma, soprattutto, individuare ogni tentativo di corruzione, malaffare o spreco di risorse, è deciso e d’importanza fondamentale. Direi che è, anche e soprattutto, un dovere etico e morale".

"L’Amministrazione comunale riconferma la più totale fiducia dei tutori della legalità e ribadisce la massima collaborazione nell’espletamento del loro lavoro".
"Tutti insieme" conclude Cialente "lo dobbiamo non solo agli aquilani, ancora sofferenti, ma soprattutto all’Italia.

“Un plauso all’encomiabile lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che, ancora una volta, hanno dimostrato quanto sia elevato il livello di controllo sul processo di ricostruzione. Concordo con gli inquirenti circa il fatto che non vi sia un “sistema L’Aquila” ma, indubbiamente, dobbiamo tenere alta l’attenzione”.

Commenta così le vicende odierne il vice sindaco con delega alla Trasparenza Nicola Trifuoggi, già procuratore capo all’Aquila e a Pescara.

“Non si può parlare di sistema – ha proseguito Trifuoggi - dal momento che emerge con chiarezza, da quanto reso noto circa gli atti di indagine, che non solo non vi è alcun coinvolgimento delle istituzioni ma, al contrario, il Comune dell’Aquila e il Governo hanno anzi costituito un argine e un ostacolo rispetto alle condotte illecite dei soggetti convolti. Tuttavia emergono aspetti di notevole rilevanza penale, dal momento che si tratta di fenomeni corruttivi, ancorché frammentari e non organizzati in un sistema. Per questa ragione occorre continuare a vigilare – ha aggiunto il vice sindaco – ed è necessario che istituzioni, magistratura e forze dell’ordine collaborino strettamente per perseguire e prevenire eventuali condotte illecite, così da garantire al processo di ricostruzione la giusta continuità, al riparo da qualsiasi ombra o sospetto, sia agli occhi dei cittadini aquilani che della nazione”.

“Neanche i beni culturali, patrimonio della nostra identità, sono esenti da una speculazione senza scrupoli. L’aspetto che colpisce e rammarica di più, nella vicenda degli arresti dell’operazione Betrayal, è proprio l’assenza di controllo sociale, l’impossibilità della comunità di vigilare sul nostro patrimonio artistico”.

Lo dichiara l’assessora alla cultura del Comune dell’Aquila, Elisabetta Leone.

"Alla luce di quello che è emerso nel corso delle indagini, c’è anche un altro elemento su cui riflettere. Sebbene non ci sia un sistema L’Aquila, esiste tuttavia un nesso inscindibile tra il sistema di sviluppo economico e il malaffare. Legame che purtroppo è diventato strutturale nell’intero paese e investe trasversalmente diversi settori, l’edilizia, i grandi appalti, così come le commesse del settore farmaceutico sanitario. In sostanza dove circolano grandi capitali c’è il rischio di tangenti e di speculazione affaristica. Questo è un fenomeno inquietante, su cui la politica dovrebbe interrogarsi e riflettere, per rivedere se il commissariamento, come sistema di velocizzazione delle procedure burocratiche, sia il più adatto per azioni di governo trasparenti e nel rispetto della legalità”.

"Dovremo potenziare i controlli per impedire che si ripetano ancora episodi di malaffare sulla ricostruzione dell’Aquila". Anche la senatrice aquilana del Pd Stefania Pezzopane ha voluto commentare l'inchiesta "Betrayal".

"Nel testo legislativo per la ricostruzione, che sto predisponendo, ci saranno norme più stringenti per assicurare controlli severi. Come hanno ribadito gli inquirenti - prosegue Pezzopane - non esiste un sistema L’Aquila. Ci sono tuttavia forti interessi che cercano di speculare e di trarre illeciti vantaggi dove circola denaro. Mi auguro che le indagini, ancora in corso, facciano luce su tutti gli aspetti di questa delicata vicenda. È chiaro che bisogna spezzare le catene del malaffare e prevedere norme più rigide per prevenire fenomeni di corruzione, ma nel contempo bisogna rafforzare il sistema normativo per impedire che vadano in porto azioni di lobby per bypassare le regole della ricostruzione. Un ringraziamento particolare - conclude Pezzopane - va agli inquirenti e alle forze dell’ordine, che hanno condotto un ottimo lavoro di squadra, indispensabile per l’esito finale delle indagini".

"Le cronache odierne" afferma il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci "dimostrano come, all'Aquila, se da una parte vi sono evidenti tentativi di inquinare la ricostruzione con il perseguimento di interessi e vantaggi personali, dall'altra vi è una Procura che, affiancata dalle forze dell'ordine, è in grado di vigilare sulla legalità".

"Per questa ragione esprimo agli inquirenti, che hanno portato alla luce un'altra triste vicenda del post terremoto, la mia gratitudine e il mio apprezzamento. Tanto più in un momento in cui, come dice il giurista Zagrebelsky, le Procure lavorano tra mille difficoltà".

"Concordo con quanto dichiarato dal sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e dal vice sindaco Nicola Trifuoggi circa la necessità di una stretta e continua collaborazione non solo tra magistratura e istituzioni ma anche tra magistratura e cittadini, ai fini di contrastare ogni tentativo di corruzione e di malaffare".

"Una sinergia che è fondamentale ai fini della tutela del processo di ricostruzione e dell'immagine stessa della città dell'Aquila agli occhi del Paese che, in questa fase, non può avere dubbi circa il corretto impiego di fondi pubblici" .

"Un impegno, quella della legalità e della trasparenza, che costituisce un obiettivo prioritario e alla base di qualsiasi azioni programmatica per il nostro futuro".

Si dice indignato il Movimento 5 Stelle dell'Aquila: "Quanto sta, nuovamente, accadendo a L'Aquila con l'ennesima inchiesta sulle presunte tangenti, mirate ad accaparrarsi appalti per il recupero di beni culturali ed ecclesiastici vincolati nel centro storico, è di estrema gravità e non può lasciarci indifferenti. Proprio a distanza di pochi mesi dallo scandalo, caduto nel dimenticatoio, che vide coinvolti alcuni imprenditori rei, secondo l'accusa, di aver ottenuto numerosi appalti corrompendo funzionari pubblici, per il quale lo stesso sindaco Cialente rinunciò volontariamente al suo mandato salvo poi goliardicamente riprenderselo qualche giorno dopo, siamo costretti a registrare l'ennesimo episodio di corruzione che testimonia quanto sia difficile isolare il processo di ricostruzione dalla minaccia di corruttela e immoralità. La conseguenza inevitabile di questa deriva etica, determina un costante diminuzione della credibilità da parte dei cittadini aquilani verso le istituzioni e della politica nonché la speranza di vedere ricostruita la città".

"A ciò si legge nella nota del partito di Grillo - si aggiunge lo sconforto e l’umiliazione che i cittadini aquilani devono subire nel vedere nuovamente su tutti i tg e quotidiani nazionali balzare alla cronaca in maniera negativa la questione aquilana che, inevitabilmente, fa ripiombare nel baratro una già compromessa immagine del problema della ricostruzione aquilana. Quest’ultima non potrà mai essere portata a termine senza un'inversione di quella che sembra una "rotta tracciata"; se possiamo considerare valida la tesi che non esiste un "sistema L'Aquila" dall'altra parte non possiamo non osservare che sembra piuttosto esistere un "sistema Italia" (vedi Mose ed Expo)".

"Il Movimento 5 Stelle di L'Aquila è vicino al duro lavoro degli investigatori e della magistratura e ribadisce che il rinnovamento deve partire dal basso, ovvero che ogni cittadino deve, in primis, partecipare con il proprio comportamento e con il proprio manifesto dissenso ad uscire da tale becera "consuetudine" all'illecito. In siffatta situazione il movimento continuerà ancor di più a denunciare qualsiasi situazione di illegalità vigilando attentamente anche sull’operato della nuova giunta affinché 'l’Assessorato alla ricostruzione' di prossima nuova istituzione, tanto sbandierato dal presidente D’Alfonso, non sia un ulteriore elemento di logiche spartitorie o di nuove forme di clientelismo".

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 13 Gennaio 2022 15:56

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