Sabato, 16 Gennaio 2016 18:34

"Senza destinazione": viaggio tra gli spazi abbandonati dell'Aquila / 7 - La Pineta di Roio

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Secondo Howard Gardner, docente dell'Università di Harvard, non esisterebbe un solo di tipo di intelligenza, come siamo canonicamente portati a pensare, ma ben nove. Nella sua Teoria delle intelligenze multiple accanto a quella linguistico-verbale o logico-matematica, lo studioso individua un particolare tipo di intelligenza, quella naturalistica. Si tratta, in pratica, della capacità di riconoscere, classificare ed entrare in relazione con gli organismi viventi e gli oggetti naturali, e si manifesta nelle persone che hanno cura e agiscono a livello sottile con gli questi organismi.

Stimolare questo tipo di intelligenza non significa solo abbracciare una spiritualità perduta ma rappresenta, probabilmente, l'unico modo che abbiamo per porre rimedio alla crisi ambientale in corso. E' infatti evidente quanto sia difficile per alcuni provare empatia nei confronti dell'ambiente. Manca senso comune nei confronti della natura e le conseguenze sono tangibili: non solo per quanto riguarda i crimini ambientali che vengono perpetuati tutti i giorni, ma anche nelle linee strategiche internazionali in materia di ambiente.

Del rispetto per la natura di cui l'Italia godeva, non appena una cinquantina di anni fa, restano distese di verde di cui, salvo rari casi, non importa più a nessuno. L'urbanizzazione e il progressivo l'abbandono delle campagne ha segnato la fine di un rapporto puro con la natura e, benché oggi si senta sempre più spesso parlare di giovani che decidono di impiantare nuovi vigneti e trasferirsi in campagna, la sensazione è che il legame uomo-natura continui ad essere artefatto, quasi forzato da una cultura, a volte anche ambientalista, che non fa che tracciarne dei contorni sfocati.

Se da una parte, in Italia, i movimenti ambientalisti sono fondamentali per la tutela del territorio, dall'altra, la comunicazione ambientale non è sufficiente alla sua reale comprensione. Nelle scuole l'educazione ambientale viene somministrata ai bambini sotto forma di nozioni farcite di buonismo che disegnano una natura "indifesa" e "delicata", che va protetta da noi stessi. Crescendo con queste convinzioni, il bambino rischia di diventare un adulto che rispetta questa vacua entità che tutti chiamano "natura", senza sapere perché lo sta facendo. E come ogni sistema che si basa unicamente su delle proibizioni, nel momento in cui viene meno il controllo da parte della autorità di turno, il cittadino si sente libero di infrangere quelle regole.

Nonostante L'Aquila e il suo territorio conservi una vicinanza con la natura maggiore rispetto ad altre città italiane, si può osservare come questa peculiarità morfologica non sia apprezzata come dovrebbe. La bellezza naturalistica che ci circonda sembra appartenere a tutti e a nessuno: come ogni bene che abbiamo da sempre posseduto, non ci rendiamo conto del suo reale valore.

Per questa nuova puntata di Senza Destinazione - il viaggio tra i luoghi abbandonati o sottoutilizzati del territorio dell'Aquila - parliamo di un bosco caro agli aquilani: la Pineta di Roio. [Qui tutte le puntate]

Pineta di Roio (Monteluco di Roio, L'Aquila)

Situata sul versante settentrionale del Monte Luco, il bosco di conifere fu impiantato, come è noto, solo nel XIX secolo probabilmente in modo da trattenere il terreno ed evitare frane nella strada sottostante e nel neonato tratto ferroviario. Prima della piantumazione, lo spazio risultava completamente privo di piante ed adibito al pascolo.

Negli anni del fascismo venne inaugurata una colonia montana a Monteluco di Roio, costruita dal regime di Mussolini. La struttura serviva come colonia estiva per i figli dei marittimi e, successivamente, fu utilizzata per ospitare una parte della facoltà di Ingegneria, trasferita dall'Aquila nel 1969. Dopo il sisma del 2009, l'edificio fu gravemente danneggiato ma, ad oggi, non sono ancora stati avviati i lavori. Anche gli altri moduli del complesso universitario di Roio, costruiti successivamente ma meno lesionati, furono chiusi per anni: solo nell'ottobre 2013 una parte degli studenti, quelli del DICEAA (Dipartimento di Ingegneria civile, edile - architettura, ambientale) è potuta tornare a frequentare la loro vecchia università. Nel febbraio dello scorso anno è stata poi la volta del Dipartimento di ingegneria industriale, dell'informazione e dell'economia (DIIIE), che ha lasciato l'area dell'ex-Optimes per tornare tra le montagne.

Vista la vicinanza dell'università con la Pineta, verrebbe spontaneo ri-pensarla come un luogo dedicato anche agli studenti: dove poter passare le proprie pause pranzo o recarsi tra una seduta di studio e l'altra. Una caratteristica che renderebbe più attrattivo il nostro ateneo, soprattutto in questo periodo in cui c'è la necessità di invogliare gli studenti a iscriversi all'Università dell'Aquila o a non andarsene. Inoltre, lo spazio potrebbe essere sfruttato dai residenti dei due Progetti Case (Roio 1 e Roio 2) della zona di Roio Poggio e dei Map presenti a Santa Rufina e Colle di Roio, per poter ricreare una qualche forma di aggregazione, magari mettendo a disposizione le strutture ricettive della Pineta.

La sensazione è che invece il bosco sia poco frequentato. Qualche decennio fa, il luogo era meta di famiglie che salivano dall'Aquila in cerca di aria salubre e tranquillità ma certamente la scelta di installare grandi antenne in cima alla montagna ha scoraggiato anche il visitatore più fedele. Come accade ad ogni spazio verde dell'Aquila, spesso sono i cittadini ad occuparsi della cura e della pulizia dell'area, attraverso giornate ecologiche che vengono organizzate annualmente. Lo storico chalet è chiuso, così come la costruzione circolare che un tempo ospitava un bar e che versa nel degrado e nell'abbandono da anni. Unico "segno di vita" è una casetta nascosta tra i pini, la cosiddetta "Casina delle volpi", sede degli Alpini della zona, ristrutturata nel 2001. Inoltrandosi tra i pini si arriva poi alla gabbia del lupo ma non c'è nessuna indicazione che spieghi, magari ad un turista, di cosa si tratti.

Restano ancora tracce del terribile incendio di origine dolosa che interessò la Pineta nell'agosto del 2012. Mentre, nulla non si è saputo del "Bosco della Memoria" che avrebbe dovuto essere realizzato su Colle Roio, lì dove era stato registrato l'epicentro del sisma del 2009. Il progetto - presentato lo stesso anno dall'allora assessore all'Ambiente Alfredo Moroni, coinvolgeva Forestale, Vigili del Fuoco, Esercito, Università, Circoscrizione di Roio, Asm, Regione e l'associazione Marevivo - vedeva la piantumazione di 309 alberi in ricordo delle vittime del terremoto. Il bosco avrebbe interessato una zona di diecimila metri quadrati su cui avrebbero dovuto essere impiantate specie forestali autoctone, disposte in sei gruppi intervallati da radure e vialetti, realizzati con materiali provenienti dalle macerie.

La fotogallery

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Ultima modifica il Domenica, 17 Gennaio 2016 01:10

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