"Nonostante tutto, sono contento si sia riaccesa una luce su LiveApp".
Stefano Paponetti ci riceve nel suo ufficio, affacciato su Viale Corrado IV. E' tornato ad occuparsi del settore immobiliare, a tempo pieno. Ha persino aperto un ufficio a Miami, in Florida, per staccarsi un poco dall'Aquila e dalla delusione per il triste epilogo di Live App - così racconta - l'applicazione per smartphone che si è spenta a neanche due anni dalla serata di lancio che, agli Stati Uniti, aveva guardato e parecchio.
"I server di gestione sono stati spenti qualche settimana fa", spiega il presidente di Live Different, l'associazione che ha ideato il progetto. "Fino all'ultimo, ho sperato si muovesse qualcosa, che l'applicazione potesse tornare ad essere funzionante, così come era stata dopo il lancio e fino all'adunata degli alpini. Quando mi sono reso conto che non sarebbe andata così, ho deciso di dire basta, essendo l'unico soggetto di riferimento dell'associazione che ha avuto un ruolo di rilevanza innanzi a qualsiasi urgenza che coprivo con lavoro e risparmi miei. Non potevo continuare a coprire i costi di un progetto costantemente in perdita".
Eppure, LiveApp aveva generato attenzione e curiosità, al momento del lancio. E aveva beneficiato di un cospicuo co-finanziamento pubblico: 20 mila euro dal Comune dell'Aquila, 20 mila euro da Adsu, un migliaio di euro da Asm e Ama, oltre al contributo di "250 attività commerciali della città - sottolinea Paponetti - che avevano creduto nel progetto, finanziando la app con finanziamenti che, in media, andavano dai 200 ai 300 euro ad attività, anche se c'è chi ha potuto dare di più, ovviamente. E ci hanno creduto fino alla fine, in LiveApp: non hanno mai chiesto un euro indietro".
Come a dire che il progetto era valido, e avrebbe davvero potuto offrire un servizio importante alla città, stando almeno al presidente di Live Different. E dunque, cosa non ha funzionato? Il rapporto con l'amministrazione e, in particolare, con le aziende municipalizzate, la risposta.
Paponetti ringrazia, e lo farà più volte, nel corso dell'intervista, il capo di gabinetto del sindaco, Mauro Marchetti - "senza di lui, alcuni progetti giovani e innovativi che hanno animato la città non si sarebbero mai realizzati" - per il resto, tuttavia, non manca di togliersi più di un sassolino dalla scarpa.
"Ho dovuto affacciarmi agli enti perché il progetto, nelle intenzioni, aveva un fine sociale e, dunque, i servizi di pubblica utilità che la App aveva l'intenzione di offrire dovevano interfacciarsi necessariamente con il Comune", ricorda Paponetti. E con i vari assessorati che, però, "non comunicano tra loro: la mia struttura, aveva la presunzione di metterli in connection sotto un unico sistema, Live App appunto, ma a L'Aquila, se l'assessorato alla Cultura organizza una iniziativa, le Politiche sociali non ne sanno nulla. Allo stesso modo, la gestione delle informazioni e delle indicazioni procede in maniera autonoma e, molto spesso, in modo inefficace e inefficiente, e parlo in particolare delle ex partecipate che, per noi, sono state il vero e proprio problema".
Live App voleva porsi come strumento di informazione al servizio della città, dei cittadini certo, come dei turisti e degli studenti, offrendo notizie sui turni delle farmacie, sulle linee e sugli orari degli autobus, sui bandi istruiti dai vari assessorati, sugli spettacoli degli Enti culturali e così via. "Per questo, il progetto è stato co-finanziato: immagino che l'amministrazione comunale abbia deciso di investire su Live App perché credeva nell'utilità sociale dell'applicazione". E invece... "Se avessero fornito le informazioni che servivano all'aggioramento della App, il progetto avrebbe avuto una effettiva utilità. A noi serviva la certezza della fonte, che poteva arrivare soltanto dalle istituzioni che erogavano i servizi: purtroppo, non siamo riusciti a mettere in connessione i vari uffici, tra loro e con la nostra struttura".
Per dire: Ama non aveva gli orari dei bus in formato elettronico "e i nostri collaboratori, per strutturare la sezione della App, hanno dovuto camminare di fermata in fermata, e a L'Aquila ce ne sono quasi 1000, per prendere la geolocalizzazione e inviarla ai nostri uffici. Non avevamo una geolocalizzazione precisa, infatti: immagina quanto lavoro, soltanto per istruire una mappa del genere. E poi, come faccio a rendere una app dinamica se ci sono soltanto 3 GPS per la totalità degli autobus che circolano in città? Una app dinamica avrebbe potuto informare i cittadini, in tempo reale, sul percorso dell'autobus, sull'arrivo o la partenza da una specifica fermata. Non abbiamo potuto farlo".
E il dinamismo, l'aggiornamento continuo era l'obiettivo dell'applicazione, "Live App significa proprio questo: la possibilità di vivere L'Aquila in tempo reale".
Paponetti ci tiene a ribadirlo: i soldi pubblici non sono stati mal gestiti e Live Different non ci ha guadagnato, anzi. "In molti, pensano che abbiamo preso i soldi e che siamo fuggiti chissà dove. Non è andata così. Quando si sviluppa un'applicazione come la nostra, va istruito un budget per la strutturazione del sistema base; poi, è necessario raccogliere e sistematizzare le informazioni, e ci vogliono altri soldi; fatto questo, serve un sistema di gestione duraturo e costante che consenta di aggiornare i dati per tempo, così da rendere la App dinamica, appunto. Ebbene: nel corso dei 10 mesi di strutturazione, dal gennaio all'ottobre 2014, le Istituzioni pubbliche ci hanno chiesto di modificare l'applicazione almeno 10 volte. Significava tornare indietro, ripensare il sistema, ripresentarlo e così via. Chiaro che i costi si sono moltiplicati: strutturare una App così complessa costa circa 10mila euro, lavorarci sopra una decina di volte significa ripensare anche l'investimento iniziale".
Dieci mesi di lavoro, aggiunge Paponetti, segnati da incontri, confronti e riunioni. "Abbiamo avuto almeno 100 incontri con l'amministrazione comunale, più o meno 30 con Ama, almeno 5 con Asm, altrettanti con il Tsa, 10 con la fondazione Carispaq se non ricordo male, più o meno 30 con Bper, altri 30 con l'Adsu, di cui ho conosciuto l'intero Cda, e a cui ho spiegato da capo il progetto almeno una decina di volte. Per non parlare, poi, degli incontri con le attività commerciali per convincerle a sposare il progetto, almeno 3, per ciascuna delle 250 imprese che hanno investito. Immagina il tempo che ho dovuto dedicare alla gestione delle problematiche che emergevano: il lavoro e l'elaborazione per lanciare la App sono stati immensi".
E se non fosse stato per le attività commerciali, l'applicazione non avrebbe visto neanche la 'luce': Live Different ha saldato tutti i debiti per la strutturazione della App grazie alle imprese. D'altra parte, il bilancio di previsione del Comune dell'Aquila - per il 2014 - è stato istruito tra settembre e ottobre: in quei mesi d'attesa, siamo stati costretti ad anticipare i soldi che servivano ad avviare il progetto. Dove li prendevamo, altrimenti, i 60-70 mila euro che sono serviti per la strutturazione, la programmazione delle attività, la promozione del progetto?".
"Almeno, siamo partiti", sospira Paponetti. "E la App è funzionata, almeno fino all'Adunata degli Alpini". E chiarisce: "L'evento di lancio non è stato finanziato con fondi pubblici, ma dal sottoscritto e dagli imprenditori che ci hanno creduto: le bollicine, i prodotti tipici - cita l'articolo di NewsTown, ndr - sono stati messi a disposizione dalle aziende che hanno investito nel progetto. Basta leggere la rendicontazione che abbiamo presentato agli Enti, come si fa per qualsiasi evento che beneficia di co-finanziamenti pubblici".
E' l'ottobre 2014, quando la App viene lanciata con l'evento stile Cupertino organizzato all'Auditorium del Parco. Arriviamo al maggio 2015, sette mesi dopo. "LiveApp era stato identificata come strumento utile alla cittadinanza", svela Paponetti. "Avendo ricevuto un co-finanziamento, ci è stato chiesto di collaborare alla buona riuscita dell'adunata e l'abbiamo fatto, ovviamente, perché ci sembrava un'occasione importante anche per sviluppare ulteriormente l'applicazione. Abbiamo lavorato 4 mesi per rendere Live App al servizio della città in occasione dell'adunata: ho persino messo 15mila euro di tasca mia, per offrire un servizio il più possibile capillare. Con le tensioni che puoi immaginare: per noi, è stata una grande responsabilità, anche perché, intorno all'evento, regnava il caos più assoluto".
A seguito dell'adunata, stando alle parole del presidente di Live Different, l'intenzione era di fornire i dati, puntuali, del numero di download e dei flussi d'utilizzo, in particolare, "che due mesi dopo il lancio, quando organizzammo la prima conferenza stampa, sarebbe stato troppo presto. C'era un ufficio che monitorava l'utilizzo della App 6 giorni a settimana, dalle 8 del mattino alle 11 di sera, per controllare l'utilizzo di ogni singola sessione. Lavoravamo sui social, per 'spingere' le sessioni meno frequentate, e l'Adunata era un'occasione unica per un lavoro concreto sulle reali esigenze d'utilizzo della App. Per questo, speravamo di produrre una pubblicazione con tutti i dati".
Non è andata così, come detto. Anzi, è stato proprio a seguito dell'adunata che la App ha iniziato a 'spegnersi'. "D'improvviso, non abbiamo più ricevuto comunicazioni, informazioni, aggiornamenti, senza alcuna spiegazione. Era un continuo richiedere, senza che arrivassero risposte. Chiaro che, in questo modo, non abbiamo potuto più lavorare. Avremmo avuto bisogno di sostegno 'informativo', ed anche economico: se ci pensi, 50 mila euro non sono una cifra enorme per un sistema di supporto aggiornato, al servizio delle Istituzioni, che sarebbe stato utile all'amministrazione anche per risolvere alcuni problemi della macchina comunale, disorganizzata e farraginosa. Avevano visto un potenziale nel progetto che hanno deciso di co-finanziare, poi non so cosa sia accaduto".
Come a dire che il Comune dell'Aquila ha investito fondi pubblici in un progetto, per poi 'mollarlo' giusto qualche mese dopo il lancio. Eppure, l'assessora alle Politiche sociali, Emanuela Di Giovambattista, aveva assicurato che Live App non sarebbe stato il solito progetto che parte e poi finisce: "il mio impegno - disse il giorno della presentazione - sarà di mantenerlo nel tempo e contribuire al suo arricchimento".
"Non ho più ricevuto una chiamata invece, zero, niente: siamo stati abbandonati", ribadisce Paponetti. "Ho provato a ristabilire un dialogo, ricevendo, però, risposte sempre vaghe".
Colpa dell'amministrazione, insomma, che ha finanziato un progetto con soldi pubblici senza assicurarsi, poi, che gli ideatori fossero messi nelle condizioni di svilupparlo e arricchirlo. E sarebbe il caso che la politica cominciasse a rendere conto dei progetti finanziati e dei risultati ottenuti, rispetto alle attese. Non si può presenziare alle conferenza stampa e agli eventi di lancio e poi dimenticarsi di che fine fanno le risorse impegnate.
Colpa anche di chi ha ideato il progetto, però, che si è lanciato in un proposito imprenditoriale puntando, per lo più, sul sostegno pubblico, in termini economici e d'informazioni da veicolare. Evidentemente, non è così che si sviluppa un progetto che, comunque, è in capo a privati.
Sta di fatto che i server dell'applicazione, come detto, si sono spenti. Che l'investimento pubblico, per un motivo o per l'altro, non ha prodotto i risultati attesi e che alcune informazioni, per cittadini, turisti e studenti, restano una vera e propria chimera. Chiedere a chi tenta, ogni giorno, di prendere un autobus.