"E' un fallimento imprenditoriale, altro che responsabilità dell'amministrazione".
L'assessora alle politiche giovanili, Emanuela Di Giovambattista, risponde così all'intervista rilasciata a NewsTown da Stefano Paponetti, presidente di Live Different, associazione che ha ideato 'Live App', l'applicazione co-finanziata dal Comune dell'Aquila con 20 mila euro, su proposta proprio dell'assessora, oltre che dall'Adsu, per altri 20 mila euro, da Asm e Afm con un migliaio di euro ciascuna, e da 250 attività commerciali che avevano creduto nel progetto. E già 'spenta', a neanche due anni dal lancio.
"Già mi sembra bizzarro, e poco rispettoso, venire a sapere dalla stampa che l'applicazione non è più disponibile per il download. Nessuno ci ha avvertito della volontà di spegnere i server", sottolinea Di Giovambattista. "Per dire: il Comune dell'Aquila ha sul sito istituzionale il link a Live App, avremmo almeno potuto toglierlo se ci avessero avvertiti. Dare la colpa all'amministrazione, poi...".
Di Giovambattista non nega possano esserci stati dei problemi, "ci sono state sicuramente delle lungaggini, capita spesso quando si lavora con la pubblica amministrazione: i tempi si allungano, è chiaro. Ma ogni volta che c'è stato da sbloccare un processo, l'abbiamo fatto. Non so a chi abbiano chiesto i dati, e come: per dire, alle Politiche sociali non hanno mai chiesto informazioni per aggiornare l'applicazione".
E' un fallimento imprenditoriale, ribadisce l'assessora. "Ci è stato presentato un progetto sviluppato da alcuni giovani imprenditori: abbiamo riconosciuto una valenza sociale e, per questo, il Comune ha deciso di contribuire alla realizzazione. Punto. Non si è trattato di un affidamento di servizio: in questo caso, ci sarebbe voluto un bando pubblico. Live Different aveva un progetto, una start-up, che parlava ai giovani universitari in particolare: per questo, il mio assessorato ha proposto di co-finanziarlo; poi, il progetto avrebbe dovuto camminare da solo, però, trovare una sua sostenibilità, come ogni altra start-up. Insomma, parliamo di un progetto con budget previsto di 100 mila euro: hanno ottenuto un co-finanziamento dal Comune di 20 mila euro, una cifra sostanziosa, oltre ad altre risorse pubbliche e private. Dire che non ce l'hanno fatta perché è mancato il contributo di Enti e amministrazioni, mi pare assurdo".
"Non sono io che devo realizzare il progetto, sei tu", il senso del ragionamento.
In realtà, si è anche parlato della possibilità di rifinanziare la App, svela Di Giovambattista. "Ho chiesto un progetto di sviluppo, un upgrade dell'applicazione, che si potesse anche valutare sulla base dei risultati ottenuti. Si poteva rendere il progetto più aderente al mondo universitario, si poteva lavorare all'implementazione di alcune sezioni: sto ancora aspettando che il progetto mi venga presentato".
L'assessora nega, poi, che i rapporti siano stati interrotti d'improvviso, a seguito dell'Adunata degli Alpini, come sostenuto da Paponetti nell'intervista a NewsTown. "L'adunata se la sono gestita per conto loro, non so con chi si siano interfacciati, probabilmente con il comitato promotore, non certo con il mio assessorato. Ed è giusto così: trattandosi di un progetto imprenditoriale privato, infatti, non potevo chiedere il copyright. Il Comune dell'Aquila ha co-finanziato per i settori di attività che riteneva di pubblica utilità per i giovani. Come detto, però, è stato un contributo per la fase di avviamento del progetto, non c'è stato alcun affidamento di servizi da svolgere, dunque Live App avrebbe dovuto camminare da sola. Non credo che i progetti dei giovani americani, penso a Facebook per esempio, siano andate avanti grazie al contributo pubblico".
"Adesso sono io che chiederò conto dei 20 mila euro di contributo pubblico andati in fumo", l'affondo di Emanuela Di Giovambattista. "Mi sembra ovvio abbiano avuto una scarsa lungimiranza imprenditoriale".
D'altra parte, però, è chiaro che anche il Comune dell'Aquila dovrebbe interrogarsi sull'investimento sostenuto, che si è rilevato, senza dubbio, avventato. A dire che l'amministrazione avrebbe dovuto valutare se l'applicazione potesse sostenersi nel tempo, se ci fossero le condizioni per un reale sviluppo della app.
"Certo, l'interrogativo me lo pongo", risponde l'assessora. "Avevamo immaginato, però, che sostenute le spese iniziali, per la strutturazione e l'avviamento della app, i costi, con il tempo, sarebbero scesi e, d'altra parte, se avvii un progetto imprenditoriale così ambizioso dovresti averne valutato il sostentamento nel tempo".