Venerdì, 02 Dicembre 2016 19:46

Piccolo approfondimento sul "post-terziario sommerso" di cui parla il Censis

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Nelle ultime ore stiamo leggendo ed ascoltando notizie relative all'uscita del 50esimo rapporto del Censis, il Centro di ricerche socio-ecomimche italiane.

L'attenzione va in primis su qualcosa di già conosciuto (per esempio emerso nell'ultimo rapporto Caritas) , e cioè che i giovani sono più poveri degli anziani.

L'istituto in tal senso parla di "ko economico dei millennial" che hanno "un reddito inferiore del 15,1% rispetto alla media dei cittadini" e una ricchezza familiare che, per i nuclei under 35, è quasi la metà della media (-41,2%). Nel confronto con venticinque anni fa, rispetto ai loro coetanei di allora, i giovani d'oggi hanno un reddito inferiore del 26,5% (periodo 1991-2014), mentre per la popolazione totale il reddito si è ridotto solamente dell'8,3% e per gli over 65 anni è addirittura aumentato del 24,3%.

Ma su tutto, il rapporto Censis ha il pregio di lanciare nella narrazione dei mass media l'espressione di "post-terziario sommerso" , un sommerro dunque diverso da quello che l'situto aveva definito "produttivo" negli anni 70", perchè "molecolare", "senza un sistemico orientamento di sviluppo". Un sommerso non più di "lavoro" o di "impresa", ma di "redditi", che non vengono investiti.

Sembra questa la messa a fuoco, con parametri classici, delle conseguenze del nuovo paradigma economico ultra liberista già imperante nella vita quotidiana dei più o meno giovani, sempre più, volenti o nolenti, "free lance" (definiti da Roberto Ciccarelli in "Cartografia del Quinto stato" - "la nuova forma intermittente di precariato in una condizione permanente di disoccupazione" di cui fanno parte a pieno titolo possessori di partite Iva, autonomi fai da te, o soci di una cooperativa).

Passando per una "nuova propensione al risparmio", in particolare in "liquidità", il 50esimo rapporto del Censis arriva poi a prendere di fatto in considerazione ed analizzare, la cosiddetta share economy, attraverso cui, ad esempio, la casa passa da essere un "bene rifugio" - da "conservazione" - a, appunto, strumento del "post-terziario sommerso" attraverso una nuova attitudine che la vuole "messa a reddito" nell'ambito di una economia sempre a base "cash".

Si sta parlando, senza citarle, di multinazionali come Uber ed Air Bnb, colossi della nuova economia mondiale, il cui paradigma economico e lavorativo sembra affermarsi senza far prigionieri e che si scontra col vecchio paradigma economico, in questo caso rappresentato indirettamente dallo storico Istituto di ricerca socio-economica italiana, ancora resistente alle categorie e alle forme di economie proprie dello "share".

Ma cosa vuol dire share? E qual'è il nuovo paradigma economico ad esso legato?

Intanto bisogna specificare che - a proposito di vecchi e nuovi paradigmi - si è sempre all'interno di derivazioni del pensiero neo liberista di cui però la share economy è l'espressione più sfrenata sotto forma di totale liberalizzazione (degli affitti, della mobilità ecc.).

Partiamo dal fatto che la parola "share", nel caso in cui si parli NON di esperienza come wikipedia, ma di piattaforme come Uber o Air Bnb, è del tutto inappropriata. La parola giusta sarebbe "affitto" e dunque "rental economy", una forma economica tramite la quale si decide in pratica di mercificare e mettere sul mercato nostre proprietà che prima nel mercato non erano, attraverso delle piattaforme tecnologiche proprietarie, globali.

Come scrive Tiziano Bonini in ottimo contributo contenuto in doppiozero, ad Air bnb è bastata inventare un app e una società di logistica per poter ospitare 8,5 milioni di persone "senza costruire neanche un mattone".

Nel cercare di comprendere la filosofia sottostante la share economy continuiamo a farci guidare dall'articolo di Bonini: se da un lato, come già notato da attenti analisti, sembra che le nuove generazioni siano meno interessate alla proprietà e più alla condivisione e all'esperienza in sé, dall'altro, un servizio share che sembra un efficientamento per l'utente, diventa "un inferno per chi è costretto ad affittare sé stesso e tutto quello che ha, senza alcun diritto né garanzia. È il sogno realizzato del neoliberismo, finalmente capace di esternalizzare tutti i rischi d'impresa sul corpo dell'individuo, senza alcun dovere di compensazione".

Una sorta di giungla lavorativa non normata, in cui si è tutti contro tutti, alla deriva del conetto di self made man, in balia dei continui rating degli utenti, senza alcun diritto o garanzia.

Insomma dietro l'economia del "lavoretto" (detta anche "gig economy") si nasconde una vera e propria filosofia economica nuova ed un nuovo mondo del lavoro, le cui controversialità iniziano a comprendersi solo da poco a livello di massa.

Per adesso in televisione, grazie al Censis, chiamiamolo "post-terziario sommerso". E' un inizio. Il passo successivo potrebbe essere quello di ripensare totalmente - e qualcuno ci sta già provando - forme sindacali, di rappresentanza, organizzazione e di sciopero in termini più appropriati alle nuove forme di lavoro ed occupazione.

SPINGENDOSI OLTRE NELLE OCCUPAZIONI SU-REALI

Appena un gradino più in alto nella qualità dell'occupazione rispetto alla share economy, si trova l'occupazione nei call center (l'oubound la parte peggiore) o quella nei nuovi market 24/7.

Ma questa analisi sull'occupazione si può addirittura spingere oltre, sul gradino più in basso, scendendo ed esplorando fino agli apsetti più paradossali il "lavoro" d'oggi. Alzando gli occhi sulla vita quotidiana, prima della share, sarebbero addirittura da iniziare a considerarsi nuove forme di occupazione "su-reali" quelle molto diffuse di recarsi nelle sale scommesse, giocare a poker on line, a lotto o con dei gratta a vinci.

E perché non arrivare a pensare, nel sommerso, anche alle migliaia e migliaia di giovani e meno giovani che, anche in italia, come sostegno al reddito decidono di intraprendere l'attività di auto-produrre e vendere (per ora) illegalmente sostanze come la marijuana (oggi relativamente più tollerata che in passato, più sdoganata e con possibilità di essere legalizzata in futuro).

 

 

Ultima modifica il Sabato, 03 Dicembre 2016 04:23

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