E' senza alcun dubbio il più lucido. In queste drammatiche ore, Massimo Cialente sta dimostrando un grande acume.
Ha presentato le dimissioni accogliendo su di sè - come giusto - la responsabilità politica della bufera che ha travolto l'amministrazione. Una scelta di buon senso, a latitudini più civili. Inedita, in Italia. E per questo assolutamente rispettabile. Ha strappato l'alibi delle inchieste della Magistratura al Governo - che deve delle risposte precise alla città - scatenando una vera e propria guerra nelle pieghe del Partito Democratico. Ha svelato, tra l'altro, i tentativi della Curia di avere mani libere nell'affidamento dei lavori di ricostruzione dell'imponente patrimonio ecclesiastico.
Ha capito che il suo tempo politico stava per finire e ha trasformato le dimissioni in una sorta di 'personale battaglia per la città': "Le mie dimissioni sono un 'sacrificio umano' per spiegare agli italiani cosa stia succedendo veramente all'Aquila", ha sottolineato. "Lo ha detto il pm aquilano Cardella: all'Aquila non c'é un 'sistema aquilano', ma un sistema 'sopra L'Aquila'".
Tutti colpevoli, dunque, perché in fondo nessuno lo sia veramente. Così, nel putiferio mediatico di questi giorni, sta passando in secondo piano quanto realmente accaduto in città, dopo il sisma: gli arresti e gli avvisi di garanzia, così come le intercettazioni pubblicate da NewsTown alla metà di dicembre, con l'insostenibile tentativo di minimizzare del sindaco Cialente, raccontano di un sistema di relazioni poco chiare - e di nessuna moralità - tra dirigenti del Comune dell'Aquila con le mani in appalti milionari già prima del terremoto, ex consiglieri e assessori comunali, tecnici, procacciatori d'affari e imprese.
"Ho fatto degli errori", ha confessato il primo cittadino al momento delle dimissioni. "Credo di aver sbagliato - probabilmente - a scegliere alcuni collaboratori e penso che potrebbe emergere che ho sbagliato ancora di più a fidarmi di alcune persone". Eccolo, il punto. Cialente è convinto che potrebbe emergere dell'altro. E voci vicine alla Procura della Repubblica dell'Aquila lasciano intendere che, in effetti, ben altro emergerà.
Dunque, ha deciso di dimettersi. Prima che fosse troppo tardi. E ha trasformato la sua decisione in un caso politico e mediatico. Ora, la città si domanda: recederà dalla sua decisione? E cosa ne sarà della ricostruzione se si dovesse andare a nuove elezioni? Chi sbatterà i pugni sui tavoli del Governo per ottenere fondi certi? "Per noi non ci sarà nessuna stasi, a prescindere dal contesto generale. Continuiamo a lavorare come abbiamo fatto in questi ultimi mesi", la risposta del titolare dell'Ufficio speciale, Paolo Aielli. Poco importa.
La città è smarrita. Schiacciata dalle polemiche tra l'amministrazione e il Governo, confusa nel balletto di cifre sulla ricostruzione, spaventata dagli scenari futuri paventati ad arte, immersa a specchiarsi negli articoli scandalistici dei quotidiani nazionali. Con la sensazione, opprimente, dell'abbandono. Cosa farà Massimo Cialente?
Bisognerebbe porsi anche altre domande, però: se nei prossimi mesi - come ha lasciato intendere Maurilio Grasso, come si evince da voci vicine alla Procura, come sussurra il primo cittadino dimissionario - le inchieste lasciassero emergere altro, costringendo il sindaco a rassegnare di nuovo le dimissioni qualora venisse convinto a recedere, cosa ne sarebbe della città? E poi: cosa è successo - davvero - nel post terremoto? Di chi sono le responsabilità? Quando decideremo - finalmente - di fare i conti con quanto stanno raccontando le indagini della magistratura, senza nasconderci dietro sterili polemiche?
Nel marasma di queste settimane, resta l'evidenza dei fatti. Gravissimi.
Tancredi, il broker. E' il 22 ottobre 2009. Viene creata la società DA.MA Consulting Srl con amministratore di diritto Antonino Macera, prestanome e figlio di Pasqualino Macera. Di fatto, stando all'ipotesi investigativa, l'amministratore è Pierluigi Tancredi, all'epoca dei fatti consigliere comunale di opposizione. Qualche mese prima, il 19 giugno, il sindaco Cialente gli aveva affidato un incarico importantissimo: “l'attività di supporto e raccordo nell'ambito delle azioni dirette alla salvaguardia del patrimonio artistico”. Nomina revocata qualche giorno dopo sull'onda dell'indignazione cittadina. Il 18 dicembre 2009, la DA.MA Consulting Srl firma un vero e proprio contratto da procacciatore d'affari con la società veneta Steda Spa. All'Aquila per ottenere lavori di puntellamento. Le condizioni: 7200euro al mese per 12 mesi, oltre alle percentuali su ogni singolo lavoro procurato. Inoltre, a saldo della pattuizione originaria, l'amministratore della società di Bassano del Grappa, Daniele Lago, consegna a Tancredi 5 Map del valore di 40mila euro ciascuno. In cambio, stando all'indagine, Tancredi avrebbe garantito alla Steda Spa lavori di puntellamento e messa in sicurezza di edifici danneggiati. Pierluigi Tancredi era ancora consigliere comunale. Si dimetterà tempo dopo, nell'agosto 2010. Per svolgere tranquillamente la sua attività.
I puntellamenti. Come sapete, nell'estate 2009, il Comune dell'Aquila aveva deciso di mettere in sicurezza il centro storico conferendo i lavori di puntellamento - per motivi contingenti, evidentemente - in deroga alla normativa sugli appalti. Senza gare, per intenderci. Un affare da 260milioni di euro. Fu firmato un verbale d'intesa, numero 2026, con le linee guida alle quali 'l'Ufficio sisma e ricostruzione' doveva attenersi. In particolare Ance, Api, Confartigianato e Confesercenti, stilarono un elenco delle imprese 'di seria competenza' cui attingere necessariamente per il conferimento dei lavori. La Steda Spa non figurava nella lista. Come fare, dunque? Con l'aiutino della politica, evidentemente. Non solo di Tancredi. E' successo a Palazzo Carli, sostengono gli inquirenti.
Palazzo Carli. Il Comune dell'Aquila, con firma del funzionario responsabile dell'Ufficio ricostruzione del Comune dell'Aquila, ingegner Mario Di Gregorio, aveva affidato alla Silva Costruzioni Srl i lavori di puntellamento di Palazzo Carli in data 28 agosto 2009. Un lavoro da oltre un milione e mezzo di euro. Se non fosse che la società - all'epoca - era in possesso di SOA cat. OG2 cat.II: era dunque abilitata ad effettuare lavorazioni che non superassero i 620mila euro. Poco importa. La Silva Costruzioni Srl iniziò le opere di puntellamento. Tra l'altro, sub-appaltando alla 2P Costruzioni lavori per 250mila euro. Venne formata la contabilità di due Sal (Stati Avanzamento dei Lavori) per un totale di 662mila euro. Era stata già superata, insomma, la quota massima per le lavorazioni. Così, alla metà del novembre 2009, l'ingegner Di Gregorio informò la società della necessità di costituire una Associazione temporanea di Imprese con la Steda Spa. Con la motivazione che la Silva Costruzioni Srl non poteva, per l'appunto, svolgere quel lavoro.
Di qui, i dubbi degli inquirenti sul comportamento dell'ingegner Di Gregorio e sulla intera contabilità dei lavori. Di Gregorio, infatti, non avrebbe potuto affidare alla Silva Costruzioni Srl il lavoro di puntellamento di Palazzo Carli. E se si fosse accorto solo in seguito di aver compiuto un errore, avrebbe dovuto, in virtù dell’obbligo di vigilanza, interrompere i lavori e procedere ad un appalto tradizionale. Ed invece. Il 19 novembre 2009 la Silva Costruzioni Srl venne indotta - scrivono gli inquirenti - a costituirsi in Ati con la Steda Spa. Che - come detto - non era nelle liste predisposte dall'Ance, dalla Confartigianato, dall'Api e dalla Confesercenti. Con l'intermediazione del broker sotto contratto, Pierluigi Tancredi, e con il benestare di Vladimiro Placidi - all'epoca Direttore del Consorzio dei Beni Culturali della Provincia dell'Aquila, molto 'amico' - la tesi degli inquirenti - di Mario Di Gregorio.
Alla Steda Srl, al momento di subentrare in Ati, venne assicurato il 15% dell'appalto. Per un servizio di avvalimento (avrebbe eseguito solo gli aspetti amministrativi) per il quale, normalmente, vengono riconosciute percentuali del 2 o 3%. Bastò un altro esborso di denaro: a Placidi vennero assicurati 73mila euro + Iva (totale: 87mila e 600euro) mediante la stipula di un contratto con la Pro.ges Srl datato 23 novembre 2009. Un contratto che, scrivono gli inquirenti, aveva per oggetto fittizie prestazioni di consulenza e servizi. Nell'ambito dell'accordo, il 15 febbraio 2010, la Steda versò a Placidi - che nel frattempo era stato nominato da Cialente assessore comunale - 24mila euro come compenso, con la fittizia giustificazione del pagamento di un progetto di ingegneria apparentemente realizzato dalla Pro.ges Srl e, in realtà, realizzato da dipendenti della Steda. I restanti 53mila euro + Iva costituivano la promessa di pagamento per ulteriori acquisizioni di lavori che Placidi aveva accettato di procurare.
Intanto, la Silva concluse i lavori di puntellamento di Palazzo Carli. Con la Steda Spa che si occupava del servizio di avvalimento. Se non fosse che al momento del pagamento del terzo Sal, la società di Daniele Lago si impadronì della somma di 1.268.714,00. Mario Di Gregorio infatti, scrivono gli inquirenti, avrebbe contraffatto gli atti relativi alla contabilità della direzione lavori, modificando le date relative alle singole opere realizzate e facendo figurare falsamente che quanto rientrante nella contabilità del terzo Sal era stato eseguito in un tempo successivo alla stipula dell'atto di associazione temporanea di imprese tra Steda e Silva. Se non fosse che Di Gregorio ha dimostrato di non aver firmato la determina oggetto di indagine. La firma è dell'ingegner Vittorio Fabrizi.
Sta di fatto che la vicenda di Palazzo Carli dimostra chiaramente l'esistenza di un 'sistema'. Che ha coinvolto un consigliere comunale di opposizione poi dimissionario, a cui il sindaco Cialente aveva affidato "l'attività di supporto e raccordo nell'ambito delle azioni dirette alla salvaguardia del patrimonio artistico". E ancora il direttore del Consorzio dei Beni Culturali della Provincia dell'Aquila, poi nominato assessore comunale. Alcuni dirigenti del Comune dell'Aquila, faccendieri e imprenditori. E nessuno che si sia accorto di nulla.
Un paio di domande: se la Steda Spa accettò di pagare mazzette per ottenere i lavori, chi assicura che non l'abbiano fatto anche altre imprese interessate alla ricostruzione dell'Aquila? Come mai fu necessario pagare mazzette anche a Vladimiro Placidi per ottenere l'appalto a Palazzo Carli? C'era forse una tacita spartizione degli aggregati tra i politici cittadini? Alcune risposte, nella vicenda legata all'aggregato Alto.Ma.C.
Alto.Ma.C. Nell'aggregato del centro storico era compreso un immobile di proprietà di Sabrina Cicogna, vice direttore sanitario della Asl, direttore di dipartimento e direttore della Uoc di Cardiologia dell'Ospedale San Salvatore. Per ottenere i lavori, la Steda Spa pagò una mazzetta da 5mila euro al partito de 'La Destra' (di cui la Cicogna - scrivono gli inquirenti - era esponente). E 30mila euro in contanti - invece - erano destinati a Roberto Riga. Vice sindaco del Comune dell'Aquila. Racconta Daniele Lago, amministratore della Steda: "Conosco Roberto Riga nell'autunno del 2009 quando me lo presenta Tancredi come vice sindaco ed assessore all'urbanistica, nonché capo di Mario Di Gregorio. Ci siamo visti tre o quattro volte in un mese. Io ho avviato i soliti discorsi di presentazione della mia azienda e Riga mi dava per certo l'affidamento di lavori di puntellamento. Con Riga non ci furono direttamente discorsi di dazioni di pagamento perché Tancredi mi aveva detto che ci avrebbe pensato lui perché il Riga non voleva assolutamente esporsi. In particolare, preciso che Tancredi mi spiegò che in Comune a L'Aquila i lavori venivano affidati previo accordo con singoli politici o funzionari, in relazione alle loro aree di influenza. Riga era referente per l'aggregato che mi si propose". Per questo, al vice sindaco bisognava versare una mazzetta da 30mila euro.
Così - a leggere il lavoro degli inquirenti - funzionavano le cose, a L'Aquila, a qualche mese dal terremoto. Gli affidamenti dei lavori di puntellamente a chiamata diretta, nell'emergenza del momento, venivano gestiti da alcuni politici che si erano spartiti gli aggregati del centro storico. Dunque, per ottenere i lavori - affidati dall'ingegner Mario Di Gregorio - bisognava entrare in contatto con loro e sborsare delle mazzette. Pierluigi Tancredi era uno dei broker che gestivano i rapporti tra imprenditori e politici. Non mancava di conoscenze, in effetti.
Nonostante l'esborso di denaro (5mila euro a La Destra e 10mila euro a Tancredi, in contanti, come anticipo della somma dovuta a Roberto Riga), la Steda Spa non ottenne i lavori. Poco dopo le feste pasquali del 2010, racconta un dirigente della società, Agostino Marcon, ci fu un incontro con il vice sindaco: "Tornando al giorno dell'incontro con Riga, posso ricordare che in quell'occasione io lamentavo la mancata assegnazione di nuovi appalti, malgrado il pagamento di somme di denaro richieste e date attraverso Tancredi. Lo stesso, confermando che i soldi erano arrivati tramite il Tancredi, si disse disponibile a restituirli, in quanto materialmente non avevano determinato nessuna aggiudicazione di appalto".
La Procura della Repubblica dell'Aquila considera Agostino Marcon assolutamente attendibile.