Giovedì, 17 Luglio 2014 16:09

L'inutilità del Consiglio comunale, convocato per i giovani senza i giovani

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La richiesta è datata 6 febbraio 2014. A qualche mese dalle manifestazioni degli studenti che erano scesi in piazza - sotto un'unica bandiera - "per chiedere di essere presi in considerazione dal resto della cittadinanza aquilana e dalle istituzioni", a qualche mese dall'occupazione delle scuole "per creare quel luogo di aggregazione giovanile che a L'Aquila, a cinque anni dal sisma, continua a mancare", il gruppo consiliare de 'L'Aquila che vogliamo' e, con il capogruppo Vincenzo Vittorini, altri dieci consiglieri d'opposizione - Di Cesare, Ferella, Mancini, Properzi, Imprudente, Liris, Piccinini, D'Eramo, Tinari e Daniele - aveva chiesto la convocazione del Consiglio comunale in seduta straordinaria a norma dell'articolo 25 del Regolamento dell'assise.

All'ordine del giorno, "la trattazione ampia ed esaustiva delle richieste e delle proposte che i giovani aquilani, già coordinatisi spontaneamente in gruppi di discussione e di lavoro, potranno certamente presentare ed illustrare compiutamente all'assise e, quindi, alla cittadinanza tutta".

Oggi, il presidente del Consiglio comunale, Carlo Benedetti, ha finalmente convocato l'assise. Cinque mesi e qualche giorno dopo, a scuole chiuse da un pezzo, con molti ragazzi già in vacanza. Non c'era il sindaco Cialente, in ferie, e neppure l'assessora con delega alle politiche giovanili, Emanuela Di Giovambattista, per impegni improrogabili.

Una convocazione che non è piaciuta affatto ai consiglieri d'opposizione. "La nostra idea era di dar vita ad un Consiglio comunale innovativo, capace di portare a discussione le proposte che le ragazze e i ragazzi avevano già dibattuto con il Sindaco e con alcuni consiglieri comunali invitati in aula nei giorni delle occupazioni", ha sottolineato Vittorini. "La nostra idea era discutere la visione della città, guardando al futuro con gli occhi dei ragazzi e delle ragazze. Sull'onda dello straordinario movimentismo dell'autunno scorso, unito sotto la bandiera neroverde, avremmo voluto fossero protagonisti del Consiglio comunale. E i ragazzi e le ragazze si erano preparati. Invece, la convocazione è arrivata più di cinque mesi dopo. In pieno luglio, con le scuole chiuse. Si è svilita la nostra proposta. La città ha perso l'ennesima occasione".

E - ha aggiunto il consigliere Ettore Di Cesare - si è pure disatteso l'articolo 25 del Regolamento del Consiglio comunale che avrebbe dovuto impegnare l'ufficio di presidenza alla convocazione dell'assise in venti giorni. "Vorrei sapere perché non è stato rispettato il Regolamento", ha domandato Di Cesare.

La risposta del presidente Carlo Benedetti, non si è fatta attendere: "Di Cesare ha letto l'articolo 25 del Regolamento, non il 24 però che stabilisce come la richiesta di convocazione del Consiglio comunale debba essere accompagnata da una relazione illustrativa che non c'era. Inoltre, la proposta doveva essere valutata preventivamente dalla Commissione competente". Insomma, il Consiglio comunale non doveva essere affatto convocato. "L'abbiamo convocato quando abbiamo potuto farlo", ha aggiunto Benedetti. Che ha poi accusato Vittorini di avere una visione "un pò naif" dell'assise consiliare: "La proposta non contiene relazioni, né idee. Ci costringe a star qui a discutere del nulla. Mi auguro - ha sottolineato - che il dibattito introduca elementi di riflessione. Anzi, invito i consiglieri ad intervenire per discutere di proposte concrete: della costituzione di una Consulta Giovanile e, più in generale, dei modi e delle forme possibili di interazione dei giovani nel processo amministrativo".

Al di là dei tecnicismi, delle ragioni dei consiglieri d'opposizione e dei chiarimenti regolamentari del presidente Benedetti, resta l'immagine di un Consiglio comunale assolutamente incapace di offrire alcuna risposta alle richieste e alle proposte dei giovani. Resta l'immagine di una amministrazione - e, più in generale di una classe politica - scollata dalla realtà che le ragazze e i ragazzi dell'Aquila vivono quotidianamente.

La proposta di Vincenzo Vittorini - e con lui, dei consiglieri d'opposizione che avevano firmato la richiesta di convocazione del Consiglio comunale straordinario - era forse mancante dal punto di vista procedurale, andava però nell'unica direzione possibile, se si vuole ancora parlare di futuro: dar voce ad un attivismo giovanile - quello dell'autunno passato - maturo e consapevole, capace di portare in piazza centinaia di voci. All'indomani delle manifestazioni, si erano levati i soliti proclami, le solite promesse, i soliti falsi propositi. Il Consiglio comunale però, è stato convocato soltanto oggi, in piena estate. In questi mesi, mai si è discusso dei giovani e delle loro legittime aspirazioni. L'amministrazione avrebbe dovuto trovare forme e modi per aprire un dibattito sempre più necessario.

Ha ragione Vincenzo Vittorini, si è persa un'altra occasione. L'ennesima. A dimostrarlo, un Consiglio comunale annoiato, riunito senza alcuna idea, incapace di accogliere i giovani della città. Erano in sette, tra i banchi del pubblico. Sette tra ragazzi e ragazze. In piazza, erano migliaia. Una differenza che segna il senso del distacco.

Dopo aver discusso a lungo degli aspetti normativi, il presidente Carlo Benedetti ha inteso comunque - d'accordo con i consiglieri di maggioranza e di opposizione - dar voce ad alcuni rappresentanti dei sette ragazzi che hanno partecipato al Consiglio. Ascoltato un ricercatore tornato a L'Aquila dopo anni di lavoro all'estero, hanno preso la parola due giovani studenti attivi nel panorama politico studentesco. L'uno di centrodestra, 'giovane di Forza Italia', l'altro di centrosinistra, 'giovane democratico del Pd'.

La discussione insomma, l'apertura del Consiglio comunale alla voce delle ragazze e dei ragazzi della città, si è risolta con un breve intervento di due giovanissimi esponenti di partito. Che hanno detto cose giustissime, per carità. Che avevano il sacrosanto diritto di portare all'attenzione dell'assise spunti di riflessione, tra l'altro assai interessanti. E che però non rappresentano affatto la moltitudine di esperienze e di punti di vista che le manifestazioni dell'autunno scorso avevano raccontato. Di quella maggioranza di giovani oramai lontani anni luce da un modo di fare politica che non li rappresenta. Persino nel linguaggio.

Hanno chiesto la costituzione di una Consulta Giovanile, un centro di aggregazione. Al di là dei centri sociali, si è detto, "più o meno legali". Riferimento chiaro alle occupazioni che, nel post terremoto, hanno interessato la città dell'Aquila. Che poi sarebbe interessante interrogarsi sul significato profondo del concetto di legalità: se è vero, come si sente ripetere spesso, che la città soffre la mancanza di centri di aggregazione, come può dirsi illegale l'occupazione di uno spazio abbandonato per restituirlo a socialità, cultura, partecipazione? Anche su questo bisognerebbe confrontarsi.

In questi anni, L'Aquila ha vissuto una straordinaria vitalità culturale e politica, nel senso pieno del termine, proprio e soprattutto in quegli spazi che si definiscono "più o meno legali". E' cronaca di queste ore: iniziative di controinformazione - meglio, informazione - sulla Palestina, presentazione di libri - ieri l'altro, a CaseMatte, Wu Ming ha raccontato 'L'armata dei Sonnanbuli' e quanto ci sarebbe da imparare sulla Rivoluzione Francese, dunque su di noi, tra quelle pagine -, concerti, cineforum, iniziative culturali.

Dov'erano, stamane, i ragazzi che animano CaseMatte, l'Asilo Occupato, le tantissime realtà - più o meno 'giovani' - che hanno dato vita a Piazza d'Arti? E dov'erano le ragazze e i ragazzi che, al giovedì sera, affollano il centro storico ancora soffocato da cantieri e zone rosse? E i tanti che al sabato sono costretti a passeggiare tra i negozi di un centro commerciale? Dov'erano gli universitari, i fuori sede che, passata qualche ora in centro storico, sono costretti a tornare a casa a piedi, fino a Coppito? E chi si è interessato alla quotidianità degli studenti del Gssi, altra ricchezza di questo territorio?

Come intende, la classe politica aquilana e l'amministrazione in particolare, riallacciare con loro i nodi spezzati del dialogo, del dibattito, della partecipazione alla costruzione di un futuro reale, per la città?

Basta davvero dar vita ad una Consulta giovanile? Chissà. Intanto, anche su questo non mancano le polemiche: il consigliere d'opposizione Daniele Ferella ha attacco l'assessora Emanuela Di Giovambattista, chiedendo il ritiro della delega alle politiche giovanili perché "non era presente al Consiglio comunale di stamattina che trattava proprio di inclusione giovanile. Ho presentato all’assessora una proposta di istituzione della consulta giovanile nove mesi fa - ha sottolineato Ferella. La proposta è rimasta nel cassetto. L’unica cosa che l’assessora è stata capace di fare è stata portare gli studenti, in orario scolastico, all’auditorium del Parco e parlare male della mia proposta. Non c’è mai stato confronto tra me e lei - ha incalzato - e la reputo una mancanza di rispetto e interesse. Ribadisco la richiesta di rimozione dall’incarico delle politiche giovanili dell’assessora Emanuela Di Giovambattista. Lei è esterna al consiglio, ma ancor di più lontana dalla città!".

Immediata la replica, mezzo comunicato stampa, dell'assessora: "La mia assenza – ha spiegato – era dovuta a impegni improrogabili, come ho comunicato per tempo al presidente Benedetti. Quanto al merito della questione, ricordo a Ferella che quella dell’istituzione di una Consulta giovanile è una mia proposta, sulla quale lui si è inserito. Da parte mia, mi ero anche detta disponibile ad una proposta condivisa, cosa poi vanificata dall’ansia mediatica del consigliere che, senza coinvolgermi, convocò una conferenza stampa per presentare la sua proposta. La mia idea di Consulta, frutto di una concertazione e di un serrato confronto con i giovani, era, peraltro, molto diversa. Ho sempre ritenuto, infatti, che dovesse essere un organismo non politicizzato e non controllato dalla politica, laico e indipendente, per evitare di trasformarlo in un triste e inutile surrogato delle sezioni giovanili di partito".

Esattamente quello che è accaduto oggi, in Consiglio comunale. "Ritengo giusto - ha sottolineato Di Giovambattista - ascoltare i giovani, capire se quello della Consulta sia un bisogno reale e, se sì, quale sia la loro idea rispetto alla natura e alla composizione di questo organismo. Anche in questo caso la proposta ha incontrato il plauso delle associazioni e dei rappresentanti dei ragazzi e, pertanto, insieme con il collega di giunta Fabio Pelini, abbiamo stabilito di avviare, dal 1 settembre, un percorso partecipativo costituito da incontri e dibattiti".

 

Ultima modifica il Giovedì, 17 Luglio 2014 19:44

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