Lunedì, 21 Luglio 2014 07:00

San Massimo, lavori aggiudicati a società finita nell'inchiesta Anemone

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E' notizia di qualche ora fa. A più di cinque anni dal terremoto, si sono svolte le operazioni di apertura delle buste contenenti le offerte effettuate dagli operatori economici ammessi a seguito della prequalifica divulgata su scala nazionale per le opere di restauro e miglioramento sismico degli immobili facenti parte del 'Consorzio Sant'Emidio'. Per intenderci, il consorzio che comprende il palazzo sede dell'Arcivescovado e la cattedrale metropolitana dei Santi Massimo e Giorgio, in Piazza del Duomo. 

"L’Assemblea dei Consorziati, coordinata dal Presidente Augusto Ippoliti e validata in fatto di procedure anche da parte del Dott. Ing. Antonio Masci - si legge in un comunicato - ha determinato ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. d, Decreto n.12 del C.D.R., di affidare le opere descritte in oggetto al Raggruppamento Temporaneo di Imprese 'S.A.C. S.p.a. – Costruzioni Iannini S.r.l. – D.P. Restauri s.r.l.', avendo lo stesso operatore dimostrato di essere quello con le capacità più pertinenti alle esigenze del Consorzio, ovvero: 

  • capacità tecnico – economiche aderenti a quelle richieste;
  • aver effettuato un accurato ed approfondito studio sullo stato dei luoghi e degli immobili tale da giustificare, mediante un dettagliato crono-programma correlato da uno studio circa le modalità di esecuzione degli interventi progettati, la propria offerta di una riconsegna a stralcio degli immobili, tra cui la cattedrale dei SS Massimo e Giorgio, mediante agibilità parziali ed in tempi celeri".

Dunque, si chiude - almeno per ora - una vicenda assai spinosa che aveva creato frizioni tra la Curia, il Mibac e il Comune dell'Aquila. Anche se nell'associazione temporanea d'impresa che si è aggiudicata i lavori, figura la 'Sac-Società appalti costruzioni Spa' che è finita nelle indagini sulla 'cricca' Anemone-Balducci. Ma andiamo con ordine.

Il bando della discordia

Oramai più di un anno fa, il consorzio privato Sant’Emidio, con a capo il presidente Augusto Ippoliti, punto di riferimento della commissione consultiva che affianca l’ufficio ricostruzione della Curia, istruiva un avviso pubblico per la preselezione dell’azienda a cui affidare i lavori di ricostruzione del centralissimo aggregato di piazza Duomo. Valore: 45milioni di euro.

Il bando venne pubblicato solo sul quotidiano economico 'Il sole 24 ore'. E scatenò vibranti polemiche: escludeva, infatti, le imprese del territorio perché presentava criteri assai stringenti e, si vociferò, assolutamente anomali. Per dire, veniva richiesta una fidejussione bancaria di 4 milioni di euro. Impossibile da ottenere per la stragrande maggioranza delle imprese italiane.

Gianni Frattale, presidente Ance L’Aquila, prese carta e penna e, a fine maggio, inviò una lettera all’allora arcivescovo Giuseppe Molinari per chiedere la modifica dei termini di preselezione: "Illustrissimo monsignore - si leggeva nella missiva - è certamente nota la situazione di sofferenza di molte imprese edili locali che, oltre ad aver subìto i danni del sisma, non riescono ad accedere al mercato della ricostruzione, conteso da grandi marchi dell’edilizia, quasi sempre di fuori regione, che sempre più spesso finiscono sulle cronache per insolvenze e fallimenti ai danni dei terremotati. Ricordiamo che gli imprenditori locali creano lavoro e indotto sul territorio e sono da sempre uno dei principali motori dello sviluppo. Con tali motivazioni, l’Ance dell’Aquila chiede formalmente una modifica dell’avviso di prequalificazione del Consorzio Sant’Emidio. Il bando in questione, per le caratteristiche fortemente restrittive a cui fa richiamo, esclude di fatto le imprese dell’intera regione".

Poi la richiesta, esplicita, di maggiore trasparenza: "Chiediamo di conoscere quali siano i programmi edilizi della Curia per i prossimi mesi e quali le assegnazioni di lavori in corso. Se non verrà fatta chiarezza siamo pronti a investire della questione gli alti vertici ecclesiastici".
La Curia prese tempo, rispondendo con un comunicato ufficiale solo quando i termini della preselezione erano oramai scaduti: "Il testo del bando - recitava il comunicato stampa - è stato redatto considerando la particolare tipologia di lavori da eseguirsi, nonché le qualità tecniche e finanziarie che l’aggiudicatario deve possedere a garanzia dell’esatta esecuzione delle opere".

La Curia prese tempo, rispondendo con un comunicato ufficiale solo quando i termini della preselezione erano oramai scaduti: "Il testo del bando - recitava il comunicato stampa - è stato redatto considerando la particolare tipologia di lavori da eseguirsi, nonché le qualità tecniche e finanziarie che l’aggiudicatario deve possedere a garanzia dell’esatta esecuzione delle opere".

Il documento sottolineava poi che la gara era stata bandita "per permettere, nella massima trasparenza, a imprese sia italiane che europee di parteciparvi: la selezione diretta senza prequalifica, pur consentita dalla legge e modus operandi normale dei vari consorzi obbligatori, non è stata reputata garanzia sufficiente in ragione degli importi in gioco, nonché della provenienza dei fondi pubblici. La peculiare importanza, non solo da un punto di vista artistico, ma religioso e sociale, che la ricostruzione degli immobili ricadenti nell’aggregato edilizio di piazza Duomo rappresenta, richiede, infatti, una più che mai attenta scelta dell’operatore economico aggiudicatario: le procedure d’individuazione devono, quindi, essere trasparenti e rigorose".

Petrocchi congela l'appalto: la Curia tratta con il Governo per un 'decreto' che la promuova soggetto attuatore

Questione chiusa, dunque. O almeno, così pareva. Invece, a seguito delle polemiche tra Curia e costruttori e degli inattesi sviluppi dell'inchiesta giudiziaria sul recupero dei beni culturali e religiosi, che avrebbe poi portato - nel giugno scorso - ai clamorosi arresti dell'inchiesta 'Betrayal', il nuovo arcivescovo Giuseppe Petrocchi, nel luglio 2013, decise di congelare l'appalto.

Era in corso una trattativa ben più sottile, tra Curia e presidenza del Consiglio dei ministri. Una trattativa svelata dal sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, che in gennaio - nei giorni delle dimissioni, poi ritirate, per gli effetti dell'altra inchiesta 'Do ut Des' - rese pubblica la oramai 'celebre' lettera inviata a Giorgio Napolitano per denunciare il tentativo della Curia di ottenere un 'decreto' che la promuovesse a soggetto attuatore della ricostruzione. La Curia avrebbe così assunto la responsabilità di appaltare finanziamenti pubblici per il recupero dell'immenso patrimonio ecclesiastico. E avrebbe dunque controllato la ricostruzione privata, caratterizzata da strutture non vincolate dalla Sovrintendenza, e anche la ricostruzione pubblica. Con un giro di affari milionario. Al contrario di quanto previsto dall'art. 4 del DL.39, poi convertito in L.77/2009, che disciplina la ricostruzione degli edifici e dei servizi pubblici, chiarendo che sono di competenza dello Stato gli immobili di proprietà di enti ecclesiastici formalmente dichiarati di interesse storico-artistico e paesaggistico, poichè vincolati ai sensi del codice dei Beni Culturali. Come il Duomo.

 

La Curia: "Vogliamo intervenire nelle decisioni". Magani: "Trovare una soluzione in fretta"

Ancora in aprile, con l'appalto per il restauro del Duomo ancora congelato e le polemiche per il cattivo stato in cui versava uno dei luoghi simbolo della città, monsignor Petrocchi ribadiva che la Curia non era interessata a gestire fondi e appalti, piuttosto avrebbe voluto intervenire nelle scelte che insistevano su proprie strutture. "Un diritto riconosciuto alle Curie di Marche, Umbria e Emilia". 

Sulla vicenda, era intervenuto anche Fabrizio Magani che chiarì come fosse compito del Mibact "invitare la proprietà ad intervenire laddove c'è bisogno. Se la proprietà non è in grado di intervenire, ci possiamo sostituire. Su tutto il patrimonio culturale che non sia nella disponibilità della nostra amministrazione, dunque di cui non siamo proprietari - spiegò - chiediamo sempre all'ente proprietario, così come impongono le norme - di dichiarare se è in grado di provvedere al restauro perché in capo alla proprietà c'è, appunto, l'obbligo di provvedere alla conservazione del bene culturale. L'abbiamo fatto anche per il Duomo e per altre importanti chiese della città".

Magani svelò poi di aver scritto "lettere molto precise sulla necessità di intervenire perché il tempo corre assai velocemente. E' nostra responsabilità sorvegliare sulla condizione del patrimonio culturale, nel segno della tutela. Ho sollecitato, dunque, una decisione concreta e definitiva sul alcuni monumenti fondamentali tra cui il Duomo". 

Sono passati tre mesi. L'inchiesta 'Betrayal' ha ipotizzato un vero e proprio sistema di mazzette nell'ambito della ricostruzione dei beni culturali ed ecclesiastici e ha portato alle ordinanze di custodia cautelare per l'imprenditore Nunzio Massimo Vinci, la funzionaria del Mibac Abruzzo Alessandra Mancinelli, l'ex vicecommissario alla ricostruzione dei Beni culturali Luciano Marchetti, all'epoca braccio destro di Guido Bertolaso, gli imprenditori Patrizio Cricchi e Graziano Rosone. Pesantissime le accuse: corruzione, falso, turbativa d’asta, millantato credito ed emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Ci sono altri 17 indagati: tra gli altri, anche il direttore dei Beni culturali Fabrizio Magani. Che era stato da poco confermato - seppur informalmente - dal ministro Dario Franceschini. Ad oggi, la conferma non è stata ancora formalizzata e la direzione resta vacante.

Intanto, sono stati affidati i lavori di restauro del Duomo. 

 

'Sac-Società appalti costruzioni Spa' nell'inchiesta su Anemone e Balducci

Sabato 19 luglio, come detto, è stato formalizzato l'affidamento dei lavori di restauro dell'aggregato che comprende il Duomo e la sede dell'Arcivescovado all'ati 'Sac S.p.a. – Costruzioni Iannini S.r.l. – D.P. Restauri s.r.l.'.

La 'Sac-Società appalti costruzioni Spa' e la 'Costruzione Iannini Srl' lavorano da tempo in associazione d'impresa. Hanno ottenuto lavori di puntellamento nel post-sisma e, inoltre, hanno svolto opere di manutenzione e adeguamento della caserma della Guardia di Finanza nelle settimane del G8, per oltre 3milioni e mezzo di euro.

La 'Sac-Società appalti costruzioni Spa' è da tempo sotto i riflettori: infatti, è comparsa - già a fine 2010 - nell’informativa del Ros dei Carabinieri di Firenze che ipotizzava di rapporti tra l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, e il sistema Anemone-Balducci. Le 15 pagine del rapporto – contenute nei sessanta faldoni di atti istruttori depositati dalla Procura di Perugia a conclusione delle indagini preliminari sui Grandi Appalti (G8 della Maddalena, Grandi Eventi, Celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia) – documentavano, attraverso l’analisi degli estratti conto bancari di Gloria Piermarini, moglie di Bertolaso, e di suo fratello Francesco Piermarini, il "ritorno" economico di cui entrambi, nel tempo, avrebbero goduto nei loro rapporti con società riconducibili al cartello di Anemone.

La 'Sac' finisce nell'informativa per i lavori di restauro del teatro Petruzzelli di Bari - importo pari a 24 milioni e 303mila euro - svolti in ati con il 'Conscoop Consorzio Cooperative Forlì', cui aderisce la cooperativa 'L’Internazionale Coop' di Altamura (Bari) riferibile all’imprenditore Vito Matteo Barozzi, che sarebbe stato in stretti rapporti con le imprese del gruppo Anenome.

"In quell’appalto - scrivono i Ros - Angelo Balducci, su proposta dell’allora Capo del dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso, è stato nominato Commissario delegato alla ricostruzione del Teatro di Bari". La 'Sac' viene citata anche per i lavori di realizzazione del Nuovo Teatro di Firenze (parte del programma di Celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia), per un importo di 69 milioni e 820 mila euro. In quell'occasione, è in ati con la 'Igit spa' altra delle società che sarebbe stata nella lista di Diego Anemone. 

L'ultimo guio, nel gennaio scorso:i finanzieri del comando provinciale di Roma e i carabinieri del Ros hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo per quattro milioni di euro - tra immobili, conti correnti e titoli - emesso dal Tribunale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica della Capitale, nei confronti degli imprenditori Claudio ed Emiliano Cerasi, ad e presidente della 'Sac- Società appalti e costruzioni', oltre che di Francesco ed Alfredo Lungarini, responsabili dell’omonimo gruppo di imprese. Tutti indagati per corruzione e frode fiscale. 

In una nota, Emiliano e Claudio Cerasi si sono dichiarati "completamente estranei ai fatti" e hanno sottolineato: "Le accuse che ci vengono mosse sono prive di ogni fondamento. Abbiamo sempre operato con correttezza, rispetto del mercato ma soprattutto rispetto delle leggi. Attendiamo serenamente il prosieguo dell’inchiesta, mettendoci a disposizione dei magistrati e riservando di tutelarci nelle sedi opportune".

 

Ultima modifica il Lunedì, 21 Luglio 2014 13:39

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