Più di 11mila firme raccolte, 5582 per la prima petizione e 5583 per la seconda (ne sono state considerate ammissibili 5577 e 5578), "correttamente inoltrate al Sindaco dell'Aquila ai sensi degli articoli 9 e 10 del Regolamento comunale sugli Istituti di certificazione", ha certificato il Segretario comunale Carlo Pirozzolo, e dunque accoglibili considerato che "il Comune dell'Aquila ha funzioni che interagiscono con quelle del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, se non altro a livello di richieste e sollecitazioni, a tutela degli interessi della propria collettività".
A dire che l'amministrazione comunale non potrà far finta di niente, sebbene le decisioni sui limiti delle aree protette, delle Zps e dei Sic, non spettino al Comune ma allo Stato. Una vittoria per l'associazione 'Progetto Montagna' che, stamane, ha incontrato la stampa. "Ricorderete, siamo partiti nel 2015 con l'azione referendaria [leggi qui] - ha spiegato Luigi Faccia - che, molto furbescamente, si è tentato di affossare", visti i ritardi dovuti alla nomina del Comitato dei Garanti [ne abbiamo parlato qui] che avrebbe dovuto esaminare l'ammissibilità dei quesiti stessi; un ritardo che, nella migliore delle ipotesi, non avrebbe permesso di fissare il referendum prima dell'autunno 2018. "Per questo, abbiamo indetto due petizioni ai sensi dello Statuto del Comune, che ricalcano, per grandi linee, i temi portanti dei quesiti referendari", ha proseguito Faccia.
In sostanza, il primo quesito riguardano il riposizionamento del confine esterno del parco e della zona di protezione speciale: i firmatari chiedono che ciò sia fatto tenendo conto di elementi cartografici certi (strade, fiumi, valli ecc.); il secondo, invece, impegna a rimodulare e rivedere i Sic escludendo le zone antropizzate e le zone di interesse economico così come previsto dalla direttiva Habitat.
"La questione referendum è ancora aperta - ha chiarito Faccia - a dicembre abbiamo comunicato la modifica dei quesiti, come ci era stato richiesto dai Garanti, e siamo in attesa del pronunciamento sulla loro ammissibilità; intanto, abbiamo lavorato alla petizione come si trattasse di un referendum: dunque, sono state raccolte più delle 5mila firme necessarie per l'accoglimento delle prpoposte, col rispetto di tempi e modi stabiliti dallo Statuto del Comune e, così, abbiamo dimostrato di essere in grado di far parlare la città sul futuro del Gran Sasso. Ora, chiediamo formalmente che i quesiti vengano discussi, nel merito, in seno al Consiglio comunale; i termini che l'amministrazione comunale avrebbe dovuto rispettare, infatti, sono scaduti: a dicembre, abbiamo consegnato le firme vidimate, trascorsi i 90 giorni previsti è stata inviata una diffida formale all'Ente (il 9 di marzo), e soltanto 12 giorni dopo il segretario comunale ha avviato l'iter amministrativo: attendiamo risposte".
Le attività dell'associazione, però, non si fermano alla petizione popolare: "stiamo lavorando ad una Carta del Gran Sasso - ha svelato Luigi Faccia - sul modello di quella di Cortina e chiederemo ai candidati sindaco della città di condividerla; il senso ultimo, è già in nuce nei quesiti sottoscritti da più di 11mila cittadini aquilani: vogliamo che la montagna possa essere vissuta 12 mesi l'anno, e si smetta di definirci 'cementificatori'. Piuttosto, stiamo lavorando affinché il Gran Sasso diventi volano per il rilancio economico del territorio".
'Progetto Montagna' è tornata anche nel merito della contestata delibera 87, approvata dalla Giunta regionale il 27 dicembre scorso, che ha adottato le misure di conservazione della Rete Natura 2000 per Sic e Zps. "Il legislatore ha previsto misure di conservazione con l'idea che si potessero stabilire criteri generali, appunto, ma non particolari, rispondenti cioé alle diverse esigenze dei territori", ha spiegato Fausto Tatone; "dunque, sono stati istruiti i criteri minimi, nel 2007, che stabiliscono cosa non si può assolutamente fare all'interno delle aree protette demandando, però, l'applicazione particolare alle Regioni che meglio di chiunque altro dovrebbero conoscere il territorio. Ecco il senso delle misure di conservazione. Non fossero sufficienti - ha proseguito - il legislatore ha previsto pure l'adozione di Piani di gestione, ancor più particolari. E' chiaro, però, che non si possono istruire Piani di gestione senza rispettare i criteri minimi e, quindi, le misure di conservazione. Invece, in Abruzzo abbiamo fatto il contrario: dai criteri minimi siamo passati direttamente ai Piani di gestione, tra l'altro uguali l'uno con l'altro, sebbene le zone oggetto degli stessi fossero assai diverse tra loro, fino a quando - almeno - gli uffici regionali si sono accorti dell'errore, portando all'approvazione la contestata delibera 87".
In questi mesi, in molti - e a vari livelli - si sono mossi chiedendo alla Regione di ritirare, in autotutela, il Dgr. Non è stato sufficiente: ieri, infatti, la delibera è stata pubblicata sul Bura e, dunque, è vigente. "Come 'Progetto Montagna' faremo opposizione", ha confermato Tatone; "siamo convinti che non si possano adottare le misure di conservazione dopo aver istruito i Piani di gestione e, tra l'altro, non si possono calare dall'alto su territori diversi tra loro. Purtroppo, si sta perseguendo una strada pericolosissima che impone vincoli sempre più esagerati".
Tra l'altro, "abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti chiedendo copia del documento che certifichi l'effettivo coinvolgimento della popolazione - previsto dalle norme - al momento dell'inserimento delle aree Sic nel progetto Rete Natura, avvenuto nel 2001. Considerate che Regione Abruzzo è l'unica che si presentò al Ministero con una nota, al contrario degli altri Enti che istruirono una delibera di Giunta regionale; ebbene, la nota è scomparsa".
'Progetto Montagna' chiede vengano stralciati i Piani di gestione, con il ritiro della delibera 87 e la rimodulazione delle misure di conservazione con il coinvolgimento dei cittadini, anche perché - ha aggiunto Luigi Faccia - gli stessi uffici regionali che risposero all'associazione sulle pagine di NewsTown nel merito della delibera, hanno chiarito che "i confini Sic sono rivedibili". E d'altra parte, le misure sono state assunte sulla base di una vecchia cartina degli anni '90 - ha sottolineato Tatone - ignorando completamente la 'Carta della Natura' adottata dalla Regione nel 2014". Un paradosso, in effetti.
Infine, un accenno al Piano del Parco in fase di valutazione ambientale strategica: "Abbiamo presentato alcune osservazioni ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta nei termini stabiliti: immaginiamo che il Piano - sebbene più volte annunciato - sia fermo, inchiodato, col risultato che siamo ancora in regime di salvaguardia" che - aggiungiamo noi - di fatto impedisce di muovere persino un sasso. Altro che impianti.