Di Roberto Ciuffini e Alessandro Tettamanti - "Lo vedi quel pilastro? Si era inclinato con il terremoto del 6 aprile ma la scossa di domenica scorsa lo ha piegato ancora di più. La stessa cosa è avvenuta in altri punti. Un'altra botta come quella di tre giorni fa e viene giù tutto".
Franco Marulli abita a pochi metri da questo corpaccione edilizio tutto distrutto, disabitato dal 2009. Segretario provinciale di Assocasa Ugl, associazione che difende i diritti dei piccoli proprietari immobiliari, Marulli non nasconde la propria preoccupazione: "Questa palazzina è enorme, non oso immaginare quello che potrebbe succedere se crollasse".
Siamo nelle case popolari di S. Gregorio, dove, da sette anni, una sessantina di famiglie è costretta a vivere in appartamenti in parte o del tutto inagibili e con l'incubo che la palazzina prospiciente la piazza, quella che si trova al centro del complesso, possa collassare alla prossima scossa, come è successo domenica scorsa al palazzo in via Cola dell'Amatrice.
In quel caso, almeno, l'edificio si trovava in zona rossa, in una strada disabitata e chiusa alla circolazione. Qui a S. Gregorio, invece, il blocco a rischio crollo non è stato nemmeno transennato e sulla strada che lo costeggia passano quotidinamanete decine di macchine e autobus e anche molti pedoni. Non solo: capita spesso che nella piazzola antistante vengano a giocare i bambini. In più, l'intera area si è trasformata in una discarica a cielo aperto, dove vengono a buttare di tutto.
In questo quartiere-non-quartiere, sorto accanto al borgo ma mai veramente integratosi con esso - gli abitanti di S. Gregorio hanno sempre considerato "quelli delle case popolari" come degli estranei, tanto da escluderli anche dall'assegnazione dei map - abitano i "sommersi" della ricostruzione. Per un'assurda storia di perizie e controperizie, in base alle quali queste case sono state dichiarate prima inagibili, poi agibili, poi di nuovo inagibili (la vicenda è ricostruita nel paragrafo in basso), gli inquilini si ritrovano ad abitare in appartamenti lesionati e pieni di crepe. Il loro terrore è che, in caso di una nuova forte scossa, possano venire giù muri, travi e solai.
Una paura con cui convivono ormai da oltre sette anni e che il terremoto del 30 ottobre ha acuito ulteriormente, rendendo colma la misura.
Gli abitanti sostengono che la colpa è del Comune, che, pur essendo il proprietario delle case, non è mai intervenuto per ripararle. Il Comune, da parte sua, risponde che più volte è stata proposta ai residenti una sistemazione alternativa - nel Progetto Case, nei map o (finché si poteva chiederlo) con il contributo di autonoma sistemazione - ma che sono stati sempre loro a rifiutare. E' un dialogo tra sordi: gli inquilini vogliono che vengano riparati i danni con la garanzia che, una volta fatti i lavori di ristrutturazione, potranno tornare qui. Il Comune, invece, ha approvato un progetto di riqualificazione di tutto il quartiere ma chissà quando partiranno i lavori e soprattutto quanto tempo ci vorrà per portarli a termine.
Per il Comune non sembra esistere un problema sicurezza: "Dai controlli che abbiamo fatto nelle case abitate" dice a NewsTown il sindaco Massimo Cialente "non sono emersi danni strutturali". E il blocco a rischio crollo? "E' lontano dalle altre abitazioni, non rappresenta un pericolo".
Nei giorni scorsi, sembrava che il primo cittadino fosse sul punto di firmare un'ordinanza di sgombero ed evacuare, per ragioni di sicurezza, l'intero complesso. Ieri gli abitanti sono riusciti ad avere un colloquio con Capri ma l'ordinanza non è ancora arrivata.
In realtà le cose stanno diversamente: "Vorremmo evitare di arrivare a un'ordinanza" spiega Cialente "Nei prossimi giorni convocheremo gli inquilini e concorderemo con loro una soluzione. In ogni caso l'ordinanza, se si farà, non sarà motivata da ragioni di sicurezza ma igienico-sanitarie".
A essere frustrante, per i residenti, è proprio questa assenza di certezze: "L'amministrazione deve dire come e quando intende intervenire" dice Marulli "Se ci fosse chiarezza, i cittadini sarebbero anche disposti ad andare via".
Quando si elogia il modello L'Aquila, si dimenticano troppo spesso le centinaia di famiglie residenti nelle case popolari di proprietà del Comune e della Regione che attendono, da sette anni e mezzo, di sapere perché le loro abitazioni sono ridotte ancora a un cumulo di macerie. La mancata ricostruzione dell'edilizia popolare è solo un tassello della stasi in cui versa tutta la ricostruzione pubblica. E' questo, forse, il vero scandalo del modello aquilano: una ricostruzione a due velocità, che lascia indietro gli ultimi, i più bisognosi. Una ricostruzione dall'impronta fortemente classista.
"Si è preferito puntare tutto sulla ricostruzione dei palazzi vincolati della nobiltà abbandonando l'edilizia residenziale pubblica" conclude Marulli "Eppure siamo cittadini anche noi. Ciò che desta meraviglia è che tutto questo viene fatto da una giunta di sinistra, che invece dovrebbe garantire proprio i diritti dei più poveri".
Perché gli inquilini delle case comunali di S. Gregorio sono ancora lì nonostante le abitazioni in cui vivono non siano agibili?
Di seguito, un riassunto dell'intera vicenda.
In principio, come già scritto da questo giornale, la Protezione civile, nell'agosto del 2009, tramite le famose schede AeDES, dichiarò due dei tre plessi agibili tranne che "per locali (stanze) sopra il 'ponte', per la presenza di tamponature che potrebbero presentare pericoli di crollo".
Gli inquilini, dalle tende, tornarono direttamente nelle proprie abitazioni nonostante queste fossero lesionate. Almeno fino al 13 ottobre 2009, quando alcune case inizialmente valutate "agibili" furono valutate "C" dal Comune.
Molti abitanti, però, a quel punto avevano già autonomamente eseguito lavori per la propria casa, fino, in alcuni casi - come ci hanno testimoniato - a 5mila euro (spese di manovalanza escluse perché i lavori sono stati eseguiti personalmente) e non sono rientrati, almeno in "automatico" per così dire, nell'assistenza alla popolazione.
Cosa successe a quel punto?
Pressoché nulla. I cittadini della case popolari di San Gregorio vennero inghiottiti dall'oblio in una sorta di voragine spazio temporale sulla statale 17, tanto da guadagnarsi da parte nostra la definizione di "Lost", in riferimento alla famosa serie Tv (da cui la foto sotto)
Per anni la situazione rimane immutata. Tutto tace, fino al marzo 2014, quando l'allora assessore al Bilancio Lelio De Santis chiese agli assegnatari di pagare l'affitto, compresi, ovviamente, quelli arretrati, non versati come forma di protesta contro l'immobilismo del Comune. Una richiesta che fece insorgere gli inquilini, che tornarono a denunciare la mancata ricostruzione.
"Come posso pagare l'affitto di una casa dichiarata inagibile e per la quale ho già eseguito a mie spese dei lavori di ristrutturazione?" si chiesero i residenti.
Contestualmente in quel mese, interpellato da noi, l'assessore con delega all'assistenza alla popolazione Fabio Pelini dichiarava: "Le case comunali di S. Gregorio sono classificate A, B e C e sì, alcuni stanno abitando in abitazioni B e C. Questo è stato possibile per il fatto che nessun inquilino, ad eccezione di due nuclei, ha fatto richiesta per avere il Contributo di autonoma sistemazione (Cas), che pure gli sarebbe spettato. Con le nuove ordinanze, sarebbero potuti entrare anche nei Progetti case e Map, ma non avendo fatto richiesta d'assistenza possono stare in qualsiasi posto, sono invisibili. La possibilità di farli entrare in maniera scaglionata nei Progetti case e Map" disse Pelini "c'è, mentre sarebbe quasi impossibile assegnare loro i map di S. Gregorio in quanto fatti su base territoriale per la frazione. Per questi alloggi non c'è sufficiente ricambio".
Piero Di Stefano, assessore alla Ricostruzione, disse che i soldi per l'edilizia residenziale pubblica, 37 milioni, c'erano, stanziati dalla delibera CIPE 135 del 2012.
La vicenda approdò anche in terza commissione. Ci fu chi, come il consigliere d'opposizone, Emanule Imprudente protestò dicendo che "i soldi sono pochi e non è opportuno rifare case sbagliate sotto un profilo edilizio e urbanistico come quello di S. Gregorio. Per questo deve essere utilizzato il patrimonio del Progetto Case".
La commissione si recò in pullman a S. Gregorio per constatare i danni appurando, come disse anche il presidente Durante, che le palazzine potevano essere dichiarate B e C.
Anche grazie alla battaglia di sensibilizzazione condotta dagli abitanti, la giunta comunale, anziché abbattere, scelse, ad agosto 2015, di approvare un atto di indirizzo sulla base di uno studio di fattibilità proposto dall'assessore alle Opere Pubbliche, Maurizio Capri "segnando il via - scriveva ottimisticamente lo stesso assessore - alla ricostruzione del patrimonio pubblico". Con questo intervento" disse Capri "prevediamo di demolire, senza ricostruirlo, l'edificio centrale del complesso, fortemente danneggiato dal sisma, andando ad adeguare in termini strutturali ed impiantistici gli altri corpi, con possibilità di sostituire anche altre porzioni. E' prevista, inoltre, la costruzione di un nuovo edificio, di superficie coperta lorda di 600mq, che possa fungere da nuova centralità e possa inglobare gran parte dei servizi di quartiere. Abbiamo stimato che, per la realizzazione dei suddetti interventi, i costi ammontino a circa 9 milioni di euro, cui si aggiungono le somme a disposizione pari a 4 milioni 256 mila euro, per un totale di oltre 13 milioni di euro, importo nettamente inferiore alle altre due ipotesi analizzate. Si tratta, insomma, di un importante intervento di riqualificazione urbana, che ricomprende il rifacimento anche dei sottoservizi, in primis del sistema fognario".
"Solo chiacchiere" gli rispondeva, un anno fa, Franco Marulli: "Stanno passando mesi e non c'è un minimo di riscontro alla nostra istanza".
Sempre un anno fa, il Comune approvò il Masterplan da 16 milioni per la riqualificazione del quartiere. Ma da allora non è successo nulla. Fino agli ultimi due terremoti, quelli del 25 e del 30 ottobre, dopo i quali il Comune ha rilanciato l'idea dello sgombero.