Dopo le primarie del centrosinistra vinte da Americo Di Benedetto, il quadro politico aquilano è leggermente più delineato ma comunque ancora un po' confuso, considerando che alle elezioni amministrative di giugno mancano giusto due mesi.
La sorprendente affluenza alle primarie racconta innanzitutto di un elettorato variegato, non ascrivibile tout court a quanto di solito sono riusciti a mobilitare negli ultimi anni il Partito Democratico, i suoi dirigenti e i partiti minori della coalizione, ossia circa 5mila persone.
Non bisogna scandalizzarsi dell'arrivo alle urne di elettori non afferenti al mondo del centrosinistra. E' in larga parte frutto del capillare lavoro aggregativo che Di Benedetto ha iniziato a tessere già a metà legislatura. E d'altronde aveva vinto la sua prima battaglia già nello scorso febbraio, imponendo il confronto delle primarie, che non scaldava i cuori né del Pd, né dello stesso Pierpaolo Pietrucci.
In fondo, seppur con incidenze minori, le primarie aperte a tutti - come anche le stesse elezioni amministrative, a maggior ragione di città non metropolitane - hanno sempre attratto interessi particolari e corporativi. Ne abbiamo numerose dimostrazioni anche nell'attuale Consiglio comunale aquilano, dove sono presenti consiglieri titolari di ricchi "pacchetti di voto", che ad ogni tornata ricevono un consenso altissimo, seppur rimangano in alcuni casi del tutto silenti presso l'opinione pubblica per l'intera durata della successiva consiliatura.
Queste dinamiche all'Aquila sono ancora più rafforzate dalla presenza degli interessi legati alla ricostruzione. Se in altri luoghi, dopo la crisi e il conseguente impoverimento generale del sistema economico, è avanzato il voto di protesta - anche a causa di una diminuzione delle possibilità di poter promettere qualcosa in cambio del voto - L'Aquila è ancora roccaforte di dinamiche definibili "tradizionali". Complici appunto anche i flussi e le risorse, umane ed economiche, legate ad un territorio in ricostruzione.
Come old.news-town.it scriveva stamane, è evidente anche nel capoluogo abruzzese lo spostamento del Pd al centro. Di questa situazione, pur avendo sostenuto Pietrucci, ne potranno paradossalmente giovare all'interno degli equilibri della coalizione i neonati scissionisti di Articolo Uno, capeggiati all'Aquila da Giustino Masciocco e Fabio Ranieri. Con un Pd e una coalizione chiaramente centristi, il partito di Pier Luigi Bersani potrebbe raccogliere i voti dei dem delusi dalla candidatura di Di Benedetto.
Sulla stessa onda, a sinistra la coalizione civica L'Aquila Chiama si potrebbe allargare a Rifondazione comunista, rimasta a guardare alle primarie in attesa del suo esito, e che già oggi attraverso il consigliere Enrico Perilli ha strizzato l'occhio alla coalizione sociale, oltre che all'ex vice sindaco Nicola Trifuoggi. In caso di ampia coalizione (uguale almeno 4 liste), i "civici di sinistra" potrebbero rappresentare un outsider qualificato in vista di giugno, considerando pure le profonde divisioni del Movimento 5 Stelle aquilano, che altrove raccoglie con successo il su citato voto di protesta.
In fondo, le percentuali alle elezioni amministrative le determinano principalmente ed innanzitutto il numero di liste e i candidati messi in campo dalle coalizioni. Ed in questo senso, eccezion fatta per il centrosinistra, il quadro è del tutto aperto e mette di fatto, almeno ad oggi, sullo stesso piano pressoché tutti i contendenti: la candidata sindaca Carla Cimoroni di L'Aquila Chiama, l'ex vice di Cialente Nicola Trifuoggi - che gode del supporto del consigliere Antonello Bernardi - Fabrizio Righetti con il Movimento 5 Stelle (ma non è scontato che venga concesso l'utilizzo del simbolo), Pierluigi Biondi, finora sostenuto ufficialmente solo da Fratelli d'Italia, Giancarlo Silveri con Riscatto popolare, Luigi D'Eramo con Noi con Salvini e Claudia Pagliariccio con Casapound.
In tutto questo, è sempre più lontana l'unità nel centrodestra, con Forza Italia che dopo il pastrocchio su Luca Bergamotto - che ieri si è tirato indietro - potrebbe rilanciare nuovamente Guido Liris o piegarsi alla fine, e controvoglia, sul nome di Biondi. Il quale, in tal caso, si ritroverebbe senza troppo sforzo né artifizi strategici, candidato sindaco anche del partito di Berlusconi.